Con la cerimonia, presentata da Geppi Cucciari, al Museo Etrusco di Villa Giulia, a Roma, e la giuria presieduta dallo scrittore Mario Desiati, vincitore l’anno scorso con Spatriati (Einaudi, 2021), si è conclusa la settantasettesima edizione del Premio Strega, andato all’autrice Ada D’Adamo per il suo Come d’aria (Elliot, 2023).

Per la prima volta la cinquina dei finalisti ha visto quattro autrici in gara e con 185 voti, pari all’85% dei votanti, il riconoscimento è andato al memoir dell’autrice scomparsa lo scorso aprile. A ritirare il premio il marito Alfredo Favi, autore della copertina del libro. Un premio postumo, come già avvenuto con Mariateresa Di Lascia nel 1995, con Maria Bellonci nel 1986 e con Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel 1959.

Da una lettera ad Augias allo Strega

Un testo che parla di malattia, disabilità, corpi, maternità e dipendenza in una lingua che non fa sconti, eppure sa farsi dolce e toccare le corde più profonde dei sentimenti. Il  libro è nato in seguito a una lettera di D’Adamo a Corrado Augias (Repubblica, febbraio 2008) per esprimere lo smarrimento seguito alla scoperta della diagnosi di oloprosencefalia, una grave malformazione cerebrale che causa l’invalidità totale.

Un ‘bravissimo’ medico non è stato in grado di leggere un’ecografia […] La chiesa, la politica, la medicina smettano di guardare alle donne come a puttane che non vedono l’ora di uccidere i propri figli. L’aborto è una scelta dolorosa per chi la compie, ma è una scelta e va garantita. Anche se mi ha stravolto la vita, io adoro la mia figlia imperfetta. Ma se avessi potuto scegliere, quel giorno, avrei scelto l’aborto terapeutico”.

Così scriveva l’autrice, che in Come d’aria racconta la solitudine dei genitori di fronte ai mille insormontabili problemi che pone la scuola, la burocrazia, i servizi sociali. E, banalmente, anche la necessaria forma fisica che richiede la gestione quotidiana di una figlia disabile da accudire, trasportare, curare e amare. La disabilità irrompe nelle famiglie minandone gli equilibri, provocando rotture insanabili, occorre fare rete, cercare e ottenere risposte, magari in organizzazioni dall’altra parte del mondo.

La “piccola danza” per affrontare la malattia

Quando diabolicamente insorge la sua malattia, in D’Adamo scatta il rispecchiamento dei corpi, assimilati eppure separati e allontanati dalle terapie e si inseriscono altri dubbi sul presente e sul futuro.

Su tutto lo sguardo degli altri, i fortunati che non hanno il “problema” e possono avere una vita “normale”.

L’approccio più puro e generoso arriva dai compagni e dalle compagne di scuola che vedono in Daria una magia invisibile agli adulti.

Ada D’Adamo, ballerina e studiosa di danza, con la figlia sperimenta e si mette in gioco totalmente, ogni giorno per sedici anni, in una sorta di “piccola danza” che la culla nelle lamentazioni incessanti, la calma e la ama.

Essere genitori, essere figli

Il libro, già all’indomani della premiazione, ha innescato una serie di polemiche perché il favorito, e distanziato da soli quindici punti, era quello di Rosella Postorino, Mi limitavo ad amare te (Feltrinelli, 2023).

Il romanzo di Postorino ci riporta all’assedio di Sarajevo, nella primavera del 1992, con una storia di bambini portati in Italia, in nome di una salvezza pagata cara in termini di sradicamento e allontanamento dagli affetti più cari.

L’autrice, già vincitrice del Premio Campiello con Le assaggiatrici (Feltrinelli, 2018), anche in questo caso ha compiuto un’approfondita ricerca storica e ne deriva un testo che si fa apprezzare per lingua e struttura. Un filo rosso lo lega al precedente e a tutti gli altri finalisti: il tema della maternità come radice dell’esistenza, qui declinato dal punto di vista dei bambini, i più fragili ed esposti agli effetti devastanti della guerra.

In terza posizione Andrea Canobbio, settantacinque voti, con La traversata notturna (La nave di Teseo, 2022) ambientato a Torino, teatro della memoria familiare. Indaga le situazioni e gli eventi scatenanti la depressione del padre, vista negli anni Sessanta del secolo scorso come il risultato di una fragilità di carattere. L’autore, nel corso di otto anni, tale il tempo che gli ha richiesto la scrittura di questo libro, ha cercato di ricostruire le origini della malattia, a partire dalle lettere dei suoi genitori. Senza riuscire a fare pace con i ricordi, il libro rappresenta però, a suo dire, un luogo per collocarli e donare loro la libertà di esistere.

Uno momento che precede la premioazione dello Strega 2023. Foto © Musacchio, Ianniello, Pasqualina e Fucilla.

In finale anche la poesia

Segue la poetessa Maria Grazia Calandrone, con settantadue voti al suo Dove mi hai portata (Einaudi, 2022), un libro sull’abbandono come salvezza. L’autrice con questo libro desidera rimediare a un’ingiustizia sociale e insieme alla persecuzione della polizia e alla violenza maritale cui è stata oggetto la madre biologica. L’abbandono, nel suo caso, si configura atto di libertà e di amore.

Al quinto posto, con cinquantanove voti, si colloca Romana Petri con Rubare la notte (Mondadori, 2023), una biografia romanzata di Antoine de Saint-Exupéry. Affascinata dalla figura di questo autore, ne ha sottolineato i tratti avventurosi e il rapporto strettissimo con la madre. Ne racconta l’infanzia ovattata e felice che non vuole mai abbandonare, fino alla sua fine misteriosa. Ma rimane il monito a guardare e non dimenticare il bambino, o bambina, che è in noi.

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