Maggio è tradizionalmente il mese in cui si inizia a pensare alla dichiarazione dei redditi. Arrivano le notifiche che ci ricordano di dover consegnare in tempo utile le varie certificazioni per richiedere eventuali detrazioni fiscali, scontrini, fatture, accompagnati dai moduli predisposti per attestare il proprio reddito, sia esso dipendente o autonomo.

È proprio in questo periodo caldo per contribuenti e studi commercialistici, che la Fondazione Leone Moressa, istituto di ricerca creato e sostenuto dalla Cgia di Mestre, ha elaborato uno studio per verificare il peso dei contributi versati dalla cosiddetta componente straniera. In parole povere: quanti soldi hanno versato i lavoratori immigrati al fisco italiano.

Perché se lo slogan ricorrente è che gli stranieri ci rubano il lavoro, la verità dei fatti ci dice che ci tornano anche indietro tanti soldi, in termini di contributi fiscali, oltre che partecipare alla crescita economica in senso lato.

I contribuenti stranieri superano i 4 milioni

Lo studio è stato svolto elaborando i dati del Mef, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, utilizzando i dati delle dichiarazioni dei redditi 2022 (anno d’imposta 2021).

Il dato più evidente è la decisa ripresa della componente immigrata, che arriva a toccare il massimo storico dopo il calo registrato durante la pandemia. Il numero di contribuenti nati all’estero arriva infatti a 4,3 milioni (+3,4% rispetto all’anno precedente).

Foto di Gil Ribeiro, Unsplash.com

Di conseguenza, toccano i massimi storici anche il volume di redditi dichiarati: 64 miliardi, (+9,3% rispetto al 2020) e l’Irpef versata: 9,6 miliardi (+14,8%).

Tuttavia quasi la metà (45,5%) ha dichiarato un reddito annuo inferiore a 10 mila euro, quando invece tra i nati in Italia, in quella classe di reddito si attesta solo il 28% dei contribuenti. Al contrario, appena l’11,7% dei contribuenti nati all’estero si colloca nella fascia 25-50 mila euro, contro il 25,8% dei nati in Italia. Nella fascia di reddito ancora più alta, quindi oltre i 50 mila euro, infine, si colloca solo il 2,1% dei nati all’estero, contro il 6,5% dei nati in Italia.

In sintesi, i contribuenti nati all’estero rappresentano il 10,4% del totale. Il differenziale tra redditi dei nati in Italia e nati all’estero, rimane così piuttosto elevato: mediamente, in Italia, un contribuente nato all’estero ha dichiarato 15.410 euro, 8 mila euro in meno rispetto ad un contribuente italiano.

Verona prima città del Veneto

Da un punto di vista geografico, oltre la metà dei contribuenti nati all’estero si concentra in quattro regioni: Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Lazio.

Volendo guardare ancora più nello specifico, nella graduatoria delle province italiane per peso della componente straniera, Verona è la prima veneta ad apparire, occupando il settimo posto per numero di presenza di contribuenti non nati in Italia. Occupa invece l’undicesimo posto per peso economico.

Sempre seguita a ruota da Treviso, che occupa il nono posto per numero di contribuenti stranieri e il quattordicesimo per peso economico della componente straniera.

La necessità di nuovi ingressi

Cosa aspetti il Governo italiano a mettere mano a una gestione dell’immigrazione sensata a medio e lungo termine, invece che dettata dall’emergenza o da inquadramenti ideologici, ancora non è chiaro.

Foto di Kate Townsend, Unsplash.com

Le conclusioni della Fondazione sono in questo senso lapidarie. La persistente carenza di manodopera italiana, legata alle dinamiche demografiche e al riassetto del mercato del lavoro, rende necessari nuovi ingressi di lavoratori immigrati.

Ingressi che, come evidenziato anche dal Def 2023, potranno portare benefici economici e fiscali a medio e lungo termine.

© RIPRODUZIONE RISERVATA