Mancano ormai pochi giorni allo “scontro finale”, quello fra Damiano Tommasi e Federico Sboarina, che domenica deciderà il futuro della città di Verona. Ultime febbrili ore e poi, dopo il silenzio elettorale di sabato, saranno finalmente i cittadini a scegliere se dare nuovamente fiducia al sindaco uscente o preferire una nuova amministrazione e consegnarsi quindi allo sfidante del centro-sinistra Tommasi. Il quale, lo ricordiamo, al primo turno ha già sfiorato un sorprendente 40% delle preferenze (contro un 32% di Sboarina).

In questi giorni quella che è stata da più parti definita “l’onda gialla di Tommasi” ha attraversato a piedi in lungo e in largo la città. L’ex calciatore e i suoi compagni d’avventura, in gran parte muniti proprio di una maglietta color giallo, hanno passeggiato tra la gente in tutte le otto circoscrizioni per raccogliere impressioni e desideri e dare l’opportunità di poter scambiare alcune battute con il candidato, per conoscere da vicino e senza intermediazioni le sue idee e il suo modo di intendere la politica. Un’operazione di certo non consueta e che ha inaugurato un modo sicuramente diverso di fare campagna elettorale.

Tommasi, in questi giorni lei sta realizzando delle passeggiate nelle otto circoscrizioni in cui è divisa la città. Ci racconta qual è il senso di questa iniziativa?

«Le passeggiate sono per me un modo ulteriore per avere il polso della situazione, quartiere per quartiere. Prendersi il giusto tempo, camminare, incontrare le persone che vivono nelle varie circoscrizioni, dedicandosi all’ascolto e visitando i singoli luoghi è per me un modo per alzare la qualità della conoscenza del territorio e della vicinanza alla cittadinanza. L’ho fatto in questa fase, fra il primo turno e il ballottaggio, proprio perché credo che in questo momento possa avere un valore ulteriore. I programmi, in fondo, sono ormai depositati da tempo e sono conosciuti dai veronesi. A livello circoscrizionale e territoriale i singoli partiti hanno inoltre già fatto il loro lavoro e l’hanno fatto bene.

La gente ora ha solo voglia di votare la sua amministrazione ma anche e soprattutto il suo futuro sindaco. La questione è fondamentalmente fra due persone ed è giusto che la gente abbia “sentore” di che pasta sono fatti i due sfidanti, al di là di quello che è stato fatto fino ad ora. In questo senso il ballottaggio sarà un’elezione semplice. Si sta da una parte o dall’altra. Per quanto mi riguarda ritengo giusto che la gente abbia la possibilità di conoscermi direttamente, senza interposta persona, per capire chi devono andare a votare.»

A tutto questo si è aggiunta anche la mattinata di sabato scorso, quando ai campi sportivi di Porto San Pancrazio ha riunito un po’ tutte le persone che l’hanno sostenuta in questi mesi, ma anche semplici elettori, per una giornata all’insegna dello sport e della convivialità… Perché?

«Perché anche quello è un modo per di stare insieme e credo che il piacere della condivisione sia il primo elemento per fare comunità e per trovare quell’allineamento di valori e di pensiero che poi bisogna mettere in pratica a livello politico.»

Sappiamo che non ama parlare degli avversari, ma quello che è successo la scorsa settimana fra Tosi e Sboarina (con la proposta di apparentamento del primo, rifiutata dal secondo, ndr) le ha lasciato qualche sensazione particolare?

«Dico solo che tutto sommato era abbastanza prevedibile. È d’altronde il rischio che si ha quando le scelte si fanno a livello romano o comunque centrale e non a Verona.»

Il 12 giugno ha rappresentato con i suoi risultati una sorpresa più per gli altri che per lei. Quel 40% di voti, però, le ha dato un’ulteriore conferma di essere sulla strada giusta?

«La sorpresa è stata effettivamente nei numeri, ma non nel fatto che la partita fosse aperta. Penso che il messaggio di quello che sta accadendo a Verona sia importante per la stessa città. Perché spesso viene raccontata in un modo negativo e oggi invece abbiamo la possibilità di dimostrare che non è chi la racconta ma è chi vota e chi sceglie la propria amministrazione a incidere davvero sulla città e la sua immagine.»

Facciamo le due ipotesi. Partiamo dalla prima: al ballottaggio Tommasi vince. Cosa succede nei primi 100 giorni successivi all’elezione?

«(Tommasi sorride, ndr) Ho spesso risposto a questa domanda che per i cinesi, dopo cento giorni dalla nascita, si festeggia il neonato, considerato finalmente fuori pericolo. È una battuta, ovviamente, ma nei primi cento giorni si dovrà costruire la squadra e sarà dedicato del tempo all’incontro con i dipendenti e funzionari comunali, che di fatto sono quelli che devono far funzionare la macchina. Inoltre avremo in cantiere sicuramente l’implementazione dell’ufficio dedicato ai bandi europei, perché abbiamo i fondi del PNRR che scadono e abbiamo bisogno di accelerare su alcuni processi.

Per far questo abbiamo bisogno di persone e risorse, anche se bisogna anche capire innanzitutto quali sono i margini che il bilancio ci dà rispetto a questi investimenti. In generale credo che ci sarà la voglia di dare  subito un segnale a Verona, che deve alzare immediatamente l’asticella. L’ambizione è quella di fare una squadra condivisa molto competitiva, con persone dalle giuste competenze, ciascuna al posto giusto.

Arriviamo da tanti anni in cui la parte politica che rappresentiamo non è stata al governo e quindi in caso di vittoria potrebbe esserci anche una sorta di “rischio euforia”, ma dobbiamo avere la consapevolezza che bisogna fare un passo alla volta. Abbiamo cinque anni per impostare un lavoro che può dare una svolta a questa città.»

Qualora, invece, si realizzasse lo scenario a lei avverso, cioè che al ballottaggio vince Sboarina, che succede?

«Beh, la considerazione in quel caso sarà che comunque qualcosa di importante a Verona è successo. Siamo consapevoli che non si tratta assolutamente di una partita già vinta, soprattutto ora. La paura di perdere dei nostri avversari fa tirare fuori risorse e strategie che non si sono mai tirate fuori prima. Noi siamo convinti e consapevoli che la nostra proposta sia una proposta che farà bene a Verona. Speriamo che chi tra i veronesi vuole cambiare torni al voto.»

A questo proposito, la partecipazione al voto al primo turno è stata del 55%. Cosa si aspetta per domenica?

«Purtroppo si teme un forte calo. Per la data, a giugno inoltrato, e per la delusione di chi è rimasto fuori dal ballottaggio. È una delle nostre pecche quella di non recarci in tanti al voto. Una città che non partecipa a queste occasioni rischia indifferenza verso la politica e questo genera poca attenzione alla città. Mi auguro, invece, che la partecipazione sia molto alta. Oggi viviamo un momento storico per Verona e partecipare è importante, soprattutto per chi vuole finalmente voltare pagina.»

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