Gli studenti aderenti a U.D.U. dichiarano: «Continua il nostro presidio permanente in attesa della Ministra Bernini, attesa qui a Verona il 19 maggio in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico. A Verona come nel resto d’Italia contro il caro affitti, che rende sempre più difficile per noi studiare fuorisede. Con l’aumento delle immatricolazioni a Univr, che ha ormai ampiamente superato i 30.000 iscritti, non c’è stato un adeguamento dei servizi del diritto allo studio che potessero tutelarci sulla residenzialità. Verona è la sesta in Italia per prezzi d’affitto: nella nostra città si è registrato un incremento circa del 15% degli affitti e il prezzo medio di una stanza ha raggiunto i 480 euro; le residenze pubbliche non coprono i posti letti necessari: 438 a fronte di migliaia di studenti fuorisede, dei numeri assolutamente inadeguati, che ci lascia in pasto alle speculazioni private.

Vogliamo dal ministero maggiori fondi e che si inverta la rotta presa sul PNRR: i famosi 660 milioni annunciati dal Governo come risposta alla nostra mobilitazione non sono fondi aggiuntivi, ma erano già previsti nel 2022; inoltre andranno in mano ai soggetti privati, che dovranno garantire soltanto un 15% di sconto rispetto al canone di mercato. Vogliamo la riconversione degli immobili inutilizzati del Demanio in studentati PUBBLICI. È necessario un impegno comune su vari fronti: la residenzialità fa parte infatti delle responsabilità della Regione, che si è dimostrata in questi anni totalmente inadeguata ad affrontare la crisi abitativa dilagante. Vogliamo la Residenza nella caserma Trainotti: vicinissimo alla Santa Marta, c’è una struttura inutilizzata del Ministero della Difesa, che avrebbe i requisiti per poter diventare una residenza a tutti gli effetti. Vogliamo quindi un tavolo di discussione con il nostro Ateneo, l’ESU e il Comune in cui poter portare la nostra idea di residenzialità»

La ministra in città

La Ministra per l’Università e la Ricerca Anna Maria Bernini

Oggi sarà presente a Verona la Ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini, per partecipare all’inaugurazione dell’anno accademico. Abbiamo per il momento saputo che i 660 milioni sono solo virtuali, fino a quando non verranno sistemati i problemi di legittimità legislativa, per la quale il loro stanziamento è stato, riferiscono fonti governative, momentaneamente congelato.

Risponde Claudio Valente (presidente ESU): «A Verona all’Esu sono pervenute 430 domande, pari agli stessi posti disponibili per gli alloggi destinati agli studenti universitari fuori sede. Non è rimasto fuori nessuno; a chiedere un alloggio è uno studente che ha caratteristiche economiche che gli permettono di fare domanda per accedere ad uno degli alloggi.

Per l’anno accademico 2022/2023 non c’è stato un esubero di richieste. Fino all’anno scorso c’erano circa 280 domande, quest’anno sono quasi raddoppiate e fatalità sono gli stessi posti disponibili. Può darsi che per il prossimo anno accademico le richieste possano aumentare e allora andremo in difficoltà, intanto siamo riusciti ad aumentare la disponibilità di alloggi con 30 posti, grazie ad un accordo con una residenza privata e alla disponibilità del Comune di Verona per accelerare le pratiche.

L’Amministrazione comunale non eroga contributi per sostenere le spese per gli alloggi destinati agli studenti universitari. Chi occupa gli alloggi dell’Esu paga un affitto secondo la propria capacità economica, legata all’Isee della famiglia, da 140 a 178 euro incluse anche le spese per le varie utenze. Potremmo ottenere un’altra cinquantina di alloggi dalla residenza con la quale è stato sottoscritto un accordo triennale, ma devo anche far notare che è passato un anno da quando abbiamo presentato la richiesta per accedere al bando tramite il Pnrr per altri 130 posti in zona università di un immobile di proprietà della Curia che noi rileveremmo. Poi entro 18 mesi gli alloggi verrebbero messi a disposizione degli studenti, ma siamo ancora in attesa di una risposta dal Ministero per l’inserimento in graduatoria. E per questo progetto stiamo tenendo fermi 3 milioni nel nostro bilancio.»

La realtà veronese

Botta e risposta che rappresentano la realtà veronese (col corollario di molti politici e assessori, di ogni schieramento e inquadramento -comunale, provinciale, regionale, nazionale, europeo- che hanno avuto il tempo di fare una dichiarazione a riguardo, senza aggiungere molto alla realtà), forse meno grave da quanto riportano le cronache nelle grandi città universitarie (Milano, Roma, Bologna per fare degli esempi) dove, alla protesta degli studenti, si aggiungono le accuse verso le locazioni a uso turistico per giustificare la desertificazione dei centri storici e la difficoltà a trovare case in locazione tradizionale a cifre adeguate agli stipendi pagati in Italia, da troppo tempo compressi e sotto attacco dell’inflazione.

I fenomeni di mercato e le storture tipiche della legislazione e della giurisprudenza italiana, più che la speculazione, inopportunamente evocata dagli studenti universitari, sono all’origine della crisi abitativa che, da parecchi mesi, è diventata gravissima e sconta l’idiosincrasia della politica italiana per la programmazione e i piani di lungo periodo.

In generale, l’aumento dei tassi di interesse, strategia adottata dalle banche centrali per rimettere la museruola all’inflazione (secondo teorie che non sembrano aver fatto tesoro dell’esperienza fallimentare dell’analoga fiammata inflazionistica conseguente alla crisi petrolifera degli anni 70), ha reso molto più costosi i mutui, di per sé più difficili da ottenere degli anni pre-pandemia, al punto da far virare sulla locazione chi aveva velleità di impegnarsi per decenni per l’acquisto della prima casa, ingrossando le fila di chi cercava una soluzione abitativa in prossimità delle città che offrono maggiori opportunità di studio e lavoro, arrivando al paradosso che il successo di una località comporta la lievitazione dei prezzi degli immobili e dei canoni di affitto.

Presidio del 18 maggio 2023 al Polo Zanotto degli studenti e studentesse. Foto di Elena Guerra

Siamo spettatori di una lotta tra bande, che identificano nella causa di tutti i mali una categoria o un fenomeno sociale a seconda della ideologia politica o dell’opportunismo nascosto nell’individuare un responsabile (o meglio un nemico, visto che la retorica bellica introdotta dalla pandemia e proseguita dalle notizie provenienti da est ha preso il sopravvento) ai mali del mondo che ci riguardano, quando diventano motivo di inquietudine o, spesso, sofferenza.

Un problema… eterno

Il problema della casa è eterno, in questo Paese: per la propensione dell’italiano medio a identificarvi il bene rifugio per eccellenza (potrebbe generare molte sorprese comparare il 73,7% degli italiani possessori di casa, superiore di quasi 4 punti alla media europea, col massimo del 96% dei romeni e il minimo degli svizzeri al 42% – fonte eurostat-); per le caratteristiche del patrimonio edilizio, in grande maggioranza di età vetusta e che solo di recente, grazie al vituperato superbonus 110 e per una dimensione modesta, ha raggiunto prestazioni energetiche comparabili con quelle della media europea;  per un’aliquota importante di costruito non occupato (così almeno sostengono gli urbanisti, sebbene l’Istat non rilasci numeri univoci, fermi al censimento del 2011); per il costo di mantenimento, di cui la tassazione diventa un elemento dirimente (bene che ha assunto il ruolo di bancomat per i governi, per sua natura facilmente aggredibile perché immobile e con un proprietario identificabile, alla continua ricerca di contribuenti evasori su cui fanno fatica a mettere le mani); per la diaspora dai centri storici (con immobili con caratteristiche inadeguate ai bisogni delle nuove famiglie a fronte di costi di sopravvivenza elevati e mancanza di servizi); per la grave e definitiva perdita di fiducia nel sistema della locazione tradizionale (nella cui figura contrattuale  è cronica la mancanza di equilibrio di diritti tra locatore e conduttore) a vantaggio della locazione breve e nei contratti transitori.

In questa lotta quotidiana gli studenti universitari sono gli eterni perdenti: quando gli appartamenti sono forniti dai privati, i prezzi sono alti a fronte di strutture dalla qualità discutibile; se non ci sono, la risposta viene cercata negli studentati e nelle strutture specializzate, a gestione pubblica o privata. Il problema è che per costruirne non ci si mettono pochi mesi e servono terreni, o immobili con caratteristiche ben determinate, capitali e la capacità di pianificare l’occupazione futura.

Pianificare, questa attività che in Italia ha un sapore sconosciuto. Che comunque non risolve i problemi contingenti e non garantisce bassi canoni, se non supportati dalla contribuzione pubblica, che è un modo surrettizio di redistribuzione del reddito, dato che se si tratta di aiutare i bassi percettori di reddito (perché questo nominalmente sono gli studenti, anche provenienti da famiglie agiate) con le tasse della restante comunità.

Gli studenti esprimono giuste proteste; il problema solo le soluzioni: inesistenti a breve termine e tutte generate da un impegno pubblico che, per definizione, non è mai tempestivo.

Presidio del 18 maggio 2023 al Polo Zanotto degli studenti e studentesse. Foto di Elena Guerra

In Italia, come nella vecchia Europa, l’istituzione universitaria è nata elitaria e solo negli ultimi 50 anni ha raggiunto dimensioni di massa. Le università sono incistate nei centri cittadini e soffrono di tutti i problemi dei centri cittadini del terzo millennio, rendendo costose le residenze per i loro frequentatori. Una risposta razionale è trasferire le università in luoghi meno ameni (la mente corre a un esempio nemmeno tanto distante, nella pianura trevigiana dove ha trovato sede una scuola del calibro di H-Farm) in modo da costruire colà i campus e tutti i servizi necessari per attrarre professori e studenti di valore a bassi costi di costruzione e conduzione.

Le caserme di Verona

A Verona, nella nostra amata Verona, si poteva fare sfruttando le opportunità che l’ex caserma Passalacqua offriva: ristrutturazione di edifici funzionali all’insegnamento collegati ad immobili che, se realizzati con standard di studentato, potevano soddisfare le esigenze abitative delle attuali e prossime generazioni di frequentatori, in un contesto ben delimitato e protetto dal parco delle mura, per cui la città è stata inserita nella lista dei siti Unesco, permeabile a un quartiere che ha tradizione di frequentazione della gioventù universitaria.

Foto di Giovanna Zanuso

Se non c’è è per una precisa decisione di un’amministrazione e di un sindaco che non ha fatto il bene della città e dei suoi abitanti, stabili e temporanei per ragione di studio. E questo non viene ricordato a sufficienza nel dibattito che si è sviluppato in questi giorni nei quali, alle giuste istanze degli studenti universitari il pensiero corre alle palazzine di lusso in costruzione nel sedime della caserma.

Rimedi possibili? Nel medio termine, il riutilizzo delle caserme, della cui servitù la Verona militare abbonda, che altri enti pubblici hanno destinato ad ospitare uffici che potrebbero rimanere negli edifici in cui svolgono da anni le loro funzioni; che per caratteristiche loro proprie possono sostituire gli antichi frequentatori in grigio verde con i variopinti giovani d’oggi.

La ristrutturazione di immobili di proprietà ecclesiastica, come ipotizzato dal presidente dell’Esu, auspicando un doveroso contributo alle esigenze dello studio, mantenendo la proprietà e garantendone il comodato. O, in prospettiva, adeguare a questo scopo il progetto degli immobili da costruire al Pestrino nell’ex Caserma Santa Caterina, e per i quali la polemica tra le forze che sostengono la maggioranza Tommasi è arrivata al calor bianco.

Sempre di anni si parla, però. Anni che vedranno coloro che protestano in questi giorni, raggiungere la laurea e trovarsi ad affrontare la loro nuova vita lavorativa e dover rivivere le stesse problematiche della casa in altre vesti.

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