Nella serata finale del Festival del Giornalismo di Verona (gli incontri continueranno in realtà con il programma extra) il direttore della Galleria degli Uffizi di Firenze Eike Schmidt ha discusso con la giornalista di Tgr Veneto Elena Chemello sulle prospettive future del museo, in Italia e nel mondo. L’incontro si è svolto al Teatro Nuovo di Verona (partner dell’iniziativa insieme ad Allegrini) e ha toccato numerosi temi, riguardanti anche l’impatto della comunicazione all’interno del contesto della promozione di opere e beni artistici.

Un’idea di museo democratica

Il modello direttivo adottato da Eike Schmidt ha avuto il suo punto di svolta durante la pandemia da COVID-19, durante il quale c’è stata la necessità di reinventarsi: «Bisognava riguadagnare la sicurezza del pubblico nel voler ritornare nei nostri musei, stimolare la loro curiosità. Al di là dei dati importanti che ci pongono come tra i musei più visitati a livello internazionale, i numeri valgono poco se non si ha un impatto culturale. Ci sono dati molto più interessanti, ovvero quelli riguardanti i visitatori che ritornano tramite l’abbonamento annuale che sono più di diecimila tra cui mille famiglie.»

Un successo nato grazie a un’idea di comunicazione vincente e soprattutto democratica, come spiegato da Schmidt: «Non vogliamo più un museo che rappresenti una biblioteca specialistica elitaria, ma un museo per tutti. Vogliamo persone di tutte le culture, perciò dare un’offerta che non faccia sembrare i visitatori stupidi. In passato i musei erano allestiti in modo tale che ci entrava doveva studiare per poi fare una sorta di esame dentro il museo, adesso invece l’idea è quella che lo studio si faccia in concomitanza alla visione delle opere. Idealmente l’interesse poi si protrae anche dopo la visita.»

Foto di Filippo Baldi.

Il successo passa anche dal lavoro di restauro e di esposizione di alcune opere che prima erano relegate in secondo piano: «Quando sono arrivato agli Uffizi non erano esposti tutti lavori di Artemisia Gentileschi. Oggi la pittrice è una superstar della Storia dell’arte. (…) Noi abbiamo visitatori da oltre cento Paesi ogni giorno, perciò è importante aprirsi a culture ed esperienze diverse. Adesso, per esempio, abbiamo tenuto un corso per tutti i nostri dipendenti sul linguaggio dei segni.»

Comunicazione interattiva

Sollecitato da Elena Chemello, Eike Schmidt ha poi discusso dell’impatto della rete per quanto riguarda la comunicazione: «La digitalizzazione è stata necessaria. Abbiamo più di seicentomila immagini delle nostre opere sul nostro sito, oltre che video di opere spiegate in modo approfondito. Sappiamo che i giovani, che non usano più molto la televisione, mediante il telefono vedono i video anche davanti a un quadro per approfondire. L’idea è nata durante il lockdown ma funziona tutt’ora.»

Il canale YouTube della Galleria degli Uffizi in questo caso rappresenta un importante esempio di comunicazione, grazie alla realizzazione e distribuzione di video – durante la serata ne sono stati mostrati alcuni commentati poi da Schmidt – rivolti a qualsiasi tipo di pubblico, dagli addetti ai lavori fino ai bambini.

Il linguaggio perciò riveste un ruolo fondamentale, soprattutto a livello social: «Ogni canale ha delle caratteristiche specifiche che intercettano tipologie di pubblico diversi fra loro con interazioni diverse. Non pubblicheremo mai una conferenza scientifica di un’ora e mezza su TikTok, così come su YouTube non troverete video in cui si scherza sulle opere mostrate. Questo approccio dà modo anche di spaziare da un punto di vista creativo.»

Uno dei video commentati durante la serata.

Social e influencer

Il ruolo degli influencer e personaggi famosi non è da sottovalutare, dato che la visita di Dua Lipa agli Uffizi ha fatto toccare il record di interazioni sul canale social di Instagram della Galleria. Non basta però solo la presenza del personaggio, spiega Schmidt, ma è necessario anche un reale interesse riguardo a ciò che visita, come accaduto proprio con la cantante.

Anche la discussa visita di Chiara Ferragni ha portato i suoi frutti: «In quel momento, che è avvenuto subito dopo il primo lockdown, non avevamo molti visitatori. Dopo che Chiara Ferragni è arrivata per un fashion shooting per una rivista asiatica, che ha pagato parecchi soldi al museo per poterlo fare, il fine settimana successivo alla sua visita abbiamo registrato un +27% di visitatori con un grande ritorno dei giovani prima ancora dei loro genitori.» 

Foto di Filippo Baldi.

Il museo del futuro delineato da Eike Schmidt durante l’incontro sembra perciò tracciare una linea di dialogo diretta con il proprio pubblico, aprendosi sempre più alle novità senza snaturare il valore intrinseco dell’istituzione che rappresenta. Da questo punto di vista il pensiero alla base coincide con la voglia di avere un impatto concreto sull’oggi, scavalcando la musealità di una veduta ancorata al passato che rischia di essere stagnante.

Il museo del futuro. Intervista di Beatrice Branca, video a cura di Filmica.

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