Pubblicato a febbraio, Dall’orto al mondo. Piccolo manuale di resistenza ecologica, è un libro che riassume in sé le caratteristiche di un diario-guida di orticoltura e di una riflessione sul presente e sul futuro del nostro pianeta, con delicate incursioni nelle esperienze di vita dell’autrice, Barbara Bernardini.

La collana Terra delle edizioni Nottetempo, in cui compare questo libro, si propone la sfida di immaginare il nostro pianeta in relazione con le altre forme viventi che non praticano il linguaggio verbale, ma che sono tuttavia in grado di comunicare tra loro e forse anche con noi.

L’ interrogativo propone nuove chiavi di lettura circa le foreste, il linguaggio degli animali e a come dare voce a chi in Parlamento non potrà mai farsi sentire ma merita ugualmente giustizia.

L’occasione di cambiare partendo da noi

La copertina del libro Dall’orto al mondo di Barbara Bernardini, ed. Nottetempo, 2023.

In questa cornice si colloca il libro di Bernardini, presentato a Verona nello Spazio Alva, un ambiente che declina l’immagine nelle diverse arti, con la presenza dell’autrice introdotta da Loris Righetto e dalla scrittrice Sara Gamberini.

Barbara Bernardini vive in campagna da sempre, vicino a Roma. Laureata in sociologia, si occupa di organizzazione di eventi e corsi per la casa editrice minimum fax. Questo libro trae ispirazione dalla newsletter Braccia rubate, in cui sono comparsi in prima versione alcuni testi poi raccolti nel volume.

«Penso che in questa fase storica abbiamo un’occasione, noi “ingenui”, con la crisi ambientale che si porta dietro quella sociale, climatica e molte persone rimaste senza terra, senza acqua» ha spiegato Bernardini al pubblico di Alva. «L’unico modo di uscirne, il modo più giusto, è capire che possiamo fare a meno di qualcosa».

Partire dall’orto

Fare una vita più semplice, certamente non facile, anzi più difficile, con il rinunciare ad oggetti, gesti e persino a lavori inutili, che costano energie. L’altra strada è solo quella del “controllo”, delle grandi azioni promosse dai politici: desalinizzare il mare, sparare pulviscolo nell’atmosfera per raffreddarla e rallentare il riscaldamento globale, continuando a raschiare il fondo del barile del pianeta.

«Per la prima volta nella storia l’idea di cambiare il mondo si trova di fronte al fatto che il mondo cambierà in ogni caso, perché le risorse scarseggiano e presto finiranno» continua Bernardini «lo sviluppo illimitato non è più possibile, è questa la vera ingenuità, la vera cecità».

Come ha introdotto Loris Righetto, il libro racconta la costruzione di un orto e si compone di capitoli divisi in tre parti. La prima è un diario in cui sono presenti informazioni di orticoltura, poi una seconda parte, Almanacco degli anni a venire, dedicata a un problema, come la ricerca dei semi, o a un vegetale, come la melanzana o la suca baruca, e una terza parte, Innesti, che si pone come una finestra sul mondo e parla dei suoi problemi: la fatica, il tempo, l’acqua, la terra.

Parola ai semi

«In questo libro – ha suggerito Sara Gamberini – Barbara si è messa “a lato” e ha lasciato parlare i semi, la terra, le cornacchie, eppure con grazia ha anche esposto idee anarchiche, controcorrente».

Da sinistra, allo Spazio Alva Loris Righetto, Barbara Bernardini e Sara Gamberini durante la presentazione di Dall’orto al mondo, uscito per Nottetempo.

La scelta dei semi è importante anche per l’idea che sottende. «Escludo a priori i semi ibridi F1 (cioè Filial 1 hybrid). Sono semi che vengono prodotti tramite la selezione genetica» che, come è riportato nel libro, «punta ad aumentare la produttività, ad avere uniformità nel raccolto sia nei tempi che nella pezzatura. Sono vantaggi per la grande industria, che spesso diventano svantaggi per chi come me ha un orticello, a cui magari interessa avere ortaggi più buoni di sapore, anche se non tutti uguali».

Convivere con la fatica

«L’obiettivo è anche sottrarsi all’oppressione di stimoli imposti, di essere sempre e comunque performanti, di produrre solo perfezione» ha puntualizzato Righetto. Anche sullo spreco di cibo ci si dovrebbe interrogare: per avere carote tutte uguali quante vengono scartate in nome di una perfezione che permette l’imballaggio e incoraggia l’acquisto?

«É bella l’idea di tornare a lavorare la terra, ma è un’idea che comporta fatica, oggi come decenni fa, anche se è più facile oggi di quanto non fosse un tempo» ha concluso Bernardini. «Eppure stiamo perdendo tante cose perché questa nostra vita più facile ha invero aggiunto una dose di complessità che serve per mantenere un sistema insensato. Come uscirne non so. Non so nemmeno come si coltiva un broccolo, figuriamoci».

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