Uscito lo scorso ottobre, il docufilm del regista tedesco Marc Wiese This stolen country of mine (2022, Germania – Ecuador) racconta cosa stia succedendo in Ecuador con l’arrivo delle multinazionali cinesi. Un approdo non casuale, che l’autore narra stando vicino alla popolazione e testimoniandone la rivolta. Il pubblico veronese potrà vederlo questa sera alla Fucina culturale Machiavelli, alle 21, all’interno di “Mondovisioni”, la rassegna di documentari giornalistici di Internazionale.

A confrontarsi con il pubblico a fine visione, sarà il dottor Fabrizio Abrescia, presidente di Medici per la pace, l’organizzazione veronese che dal 2002 realizza progetti di cooperazione allo sviluppo in Asia (India, Nepal, Myanmar, Cambogia, Bangladesh, Giordania), in Africa (Kenya, Rwanda) ed Europa dell’Est (Romania, Serbia), e appunto in Ecuador per l’America Latina. Per acquistare il biglietto, qui tutte le informazioni.

Un’immagine tratta dal docufilm This stolen country of mine in visione questa sera alla Fucina culturale Machiavelli, all’interno della rassegna Mondovisioni.

Medici per la pace in Ecuador

Il progetto realizzato in Ecuador da Medici per la pace mira a rafforzare la sicurezza alimentare delle famiglie indigene nella zona amazzonica, sviluppando l’agricoltura famigliare sostenibile e valorizzando il ruolo femminile nel mercato locale, in collaborazione con il partner locale Fundación Atasim, Ong per lo sviluppo. Parte del progetto è anche l’educazione alimentare rivolto in particolare alle donne in gravidanza e ai bambini.

L’Ecuador, secondo i dati del “Global Hunger Index”, soffre un livello di fame moderato, tra i più gravi dell’area sud-americana. L’area di intervento riguarda le comunità indigene dell’Amazzonia ecuadoriana, localizzate nella provincia di Morona – Santiago (regione amazzonica nella parte est del Paese) e presso le tre comunità indigene di Zuñac, San Isidro e 9 de Octubre.

Aree in cui circa il 70% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, e il lavoro principale è di tipo agricolo, con famiglie che vivono con meno di 200 dollari al mese.

La fame di risorse naturali

La politica di conquista delle risorse naturali da parte del governo di Pechino è cosa nota e la sua geografia di espansione include anche territori latinoamericani. Quello che accade in Ecuador e che viene narrato nel film risale all’ex presidente Rafael Correa e poi al suo successore, Lenin Moreno, i quali hanno portato il Paese ad essere il più indebitato in America Latina con la Cina. Il film quindi ricostruisce gli eventi che dall’insediamento di Correa hanno portato a un aumento della conflittualità tra popolazioni indigene e multinazionali estrattive.

Il trailer di This stolen country of mine – Questa mia terra rubata, regia di Marc Wiese

Wiese ci porta accanto a Paúl Jarrín Mosquera, difensore civico che guida la resistenza indigena contro lo sfruttamento della terra, testimoniando anche la violenza delle forze dell’ordine tra gli abitanti che tentano di opporsi alle attività minerarie. L’incidenza sulla popolazione mette a rischio la stessa sopravvivenza delle persone, dato il forte impatto ambientale delle procedure estrattive di oro e argento. In poco tempo, la rivolta diventa resistenza anche a rischio della propria stessa vita, a fronte di una politica che non ascolta e che sottomette progressivamente il Paese alle strategie predatorie di Pechino.

L’inchiesta che incastrò Correa

Il film si arricchisce anche della testimonianza del giornalista e attivista Fernando Villavicencio, che riesce a smascherare il sistema costruito legalmente tra i due governi. Costretto alla fuga, Villavicencio sceglierà poi di consegnarsi dopo aver ottenuto da una collega giornalista del quotidiano spagnolo El Paìs un ampio articolo di denuncia. La notizia del suo arresto acquista così l’attenzione internazionale, mentre la giustizia prosegue le sue indagini, anche grazie ai materiali forniti dal giornalista, e giunge ad emettere la condanna (oggi Correa vive in Belgio e gode dello status di esiliato politico, attualmente la sua estradizione è stata bloccata).

Ecuador-Cina, un legame strategico

Il 2023 per il presidente Guillermo Lasso, in carica dal maggio 2021, si apre con nuovi negoziati tra Ecuador e Cina, a conclusione di un lungo dialogo dall’aprile scorso per la sottoscrizione di un accordo di libero commercio. Macchinari e beni strumentali in arrivo dal gigante asiatico, in cambio di prodotti prevalentemente della filiera agroalimentare.

La locandina del documentario This stolen country of mine di Marc Wiese, 2022.

Ma è soprattutto l’aver raggiunto un’intesa sulla ristrutturazione del debito con le banche cinesi, pari a 3,2 miliardi di dollari, a dare un assestamento alla frana smobilitata a inizio Duemila, quando il governo scelse di prendere le distanze dal Fondo monetario internazionale e di orientare i propri interessi verso la Cina.

Nel 2016 tale scelta portò a esporre l’Ecuador verso le banche di Pechino per 8,14 miliardi di dollari: a far lievitare il debito, i contratti di vendita anticipata del petrolio, spesso collocato sotto costo e a un tasso di interesse più alto rispetto a quello offerto da altri mercati, e tutto questo in cambio di investimenti infrastrutturali.

Ad oggi, il commercio bilaterale supera i 10 miliardi di dollari, dato che fa della Cina il primo partner commerciale dell’Ecuador. La conclusione dei negoziati tecnici è l’ultimo dei trattati di libero scambio che il paese asiatico ha già concluso con Perù, Costarica e Cile. L’ingresso cinese nel continente latinoamericano avviene a piccoli passi, ma senza cedimenti.

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