E siamo arrivati alla resa dei conti: tra uno sgambetto dei nuovi governanti e le polemiche politiche per ravvivare le cene natalizie, è giunto il momento della scadenza del consiglio di indirizzo di Fondazione Arena e, la settimana successiva, del mandato della sovrintendente Cecilia Gasdia.

Tra interviste, articoli sul giornale, tentativi di inchiesta giornalistica, provocazioni mediatiche per interpretare il viso imperscrutabile del sindaco, che se parla lo fa a una cerchia ristretta di fidi collaboratori, la questione è diventata impellente e il toto-nomi ha raggiunto livelli parossistici.

E questo, per il destino che coinvolge la principale impresa culturale cittadina e un teatro di rinomanza mondiale nel panorama della musica lirica (che sarà di nicchia, ma ben frequentata e affollata) e contenitore dalle potenzialità inesplorate (sovrintendenza permettendo), è certamente riduttivo.

La corsa alle nuove cariche

La corsa alle cariche è iniziata da tempo e l’onere della scelta, nelle mani del sindaco Tommasi e dei pochi che ha chiamato a contribuire al come e al chi, sembra avere più candidati che buoni motivi per sostenerli.

La sovrintendente in uscita Cecilia Gasdia.

Purtroppo solo chi del mondo artistico è frequentatore e cosciente della complessità che avvolge tutte le questioni areniane, aveva fatto presente già al momento dell’insediamento della nuova amministrazione che non c’era tempo da perdere, e che andava avviato un percorso di determinazione delle modalità per definire se e con chi avvicendare Gasdia e chi affiancare alla sovrintendenza in un Consiglio di indirizzo dove alla carica non corrispondono, storicamente, qualità e volontà di partecipazione.

Inutile dibattere, in questa sede, se sia meglio un giovane o un vecchio, un uomo o una donna, un veronese, un italiano o uno straniero, chi sia lo sponsor e a che disegno sia funzionale (partitico, politico, di relazioni locali).

Indicazioni sensate sono arrivate dall’audizione del ministro della Cultura Sangiuliano nella presentazione del piano programmatico del governo, in cui ha esplicitamente segnalato che di lirica, eccellenza italiana, è bene si occupi chi in Italia ha studiato e lavorato, viste oltretutto le performance dei sovrintendenti non italiani in carica.

Le indicazioni del ministro Sangiuliano

Certamente, dopo una stagione autunnale trascorsa da Gasdia ad autopromuoversi in ogni contesto pubblico, veder spuntare gli appelli e le dichiarazioni pubbliche di lode e sostegno dei vertici di alcune categorie invece di altre, al netto della stima personale e della carriera professionale, fanno riflettere.

E la prima di ogni riflessione non è tanto il merito di Gasdia, che troppi scordano essere arrivata alla carica da capolista di un allora piccolo partito alle amministrative di 5 anni fa senza personale successo elettorale. O dimenticano i demeriti che per i più accesi censori la rendono inadeguata alla replica.

Ci si dovrebbe invece chiedere ora quale debba essere il profilo, il carattere e la strategia del sovrintendente che dovrà caratterizzare l’amministrazione Tommasi nei prossimi anni, con vincoli, tappe e traguardi ambiziosi.

A cominciare dall’edizione numero cento, con ben otto titoli e due nuove produzioni annunciate (che più di un tributo all’anniversario sembra una mission impossible per chiunque debba subentrarle). E pensare anche ai collaboratori di cui deve circondarsi, per alcuni dei quali i ruoli sono, stranamente, vacanti o parimenti chiacchierati.

Il futuro della Fondazione Arena

Ad ascoltare gli esperti serve una figura con caratteristiche veramente impressionanti: conoscitrice di tecniche manageriali, adeguata alle relazioni sindacali (che a Verona sono impantanate nelle aule del tribunale del lavoro con un numero impressionante di cause), diplomatica il giusto per contrattare con la maggioranza le politiche gestionali di un’istituzione, le cui vicende non riescono a rimanere avulse dall’interesse delle forze politiche cittadine.

Il prototipo moderno dell’impresario teatrale, con i necessari titoli per non cadere di fronte alle forche caudine del ministero (come già a successo nella storia della fondazione) e, requisito non meno importante, idee chiare su come rinnovare la formula del festival: dopo due anni di fermo per il Covid19 c’è bisogno di un ripensamento per superare le numerose critiche a cui Gasdia è rimasta sorda.

Iniziando dall’occupazione diuturna della piazza con le scenografie, alla ripetitività dei titoli in scena, all’assenza di spirito innovativo nella gestione del teatro.

Oltre le tifoserie

E che dire di quel Consiglio di indirizzo, al quale il sindaco dovrebbe proporre il nominativo affinché venga trasmesso al ministero per la ratifica?

Dalla composizione della tifoseria di cui sopra si può già immaginare che non sarà terreno neutro, al punto che si sta già ventilando la nomina di tre figure: un presidente diverso dal sindaco, il componente canonico, e un terzo previsto dallo statuto e mai fino ad ora nominato, che al momento opportuno potrebbe agevolare  la governance della Fondazione.

Ecco un altro nodo da sciogliere della questione Fondazione Arena di Verona: quale può essere la qualità delle personalità, il coinvolgimento nelle decisioni e della responsabilità conseguente, per chi deve adeguarsi al titolo onorifico, stabilito da una legge del 2010, per la prestazione svolta?

Non c’è da meravigliarsi se a queste condizioni consegua una partecipazione, per alimentare il prestigio che la carica attribuisce al minimo del coinvolgimento emotivo e personale. A confronto, l’emolumento per una carica politica di livello elementare come quella di presidente di Circoscrizione, che può arrivare a 30.000 euro lordi annui, evidenzierebbe una sperequazione incomprensibile.

In attesa di un nome

Insomma, tutto sembra da decidere, a pochi giorni dalla scadenza degli incarichi e nessun bando pubblicato, difformemente dalla regione Veneto che vi ha già provveduto il 30 settembre per il componente di competenza del Consiglio regionale.

Come farà Damiano Tommasi, novello Diogene, a fare una scelta così complessa in così poco tempo, senza ascoltare le campane o le trombe dei tifosi schierati per la conferma o l’avvicendamento?

E se invece l’avesse già fatta e attendesse la zona Cesarini per dare la zampata vincente?

© RIPRODUZIONE RISERVATA