Gira un lungo filmato nelle chat e nei post: una voce femminile, elegante ma ferma, ringrazia sarcasticamente l’Europa per la scarsa sensibilità dimostrata nei confronti dell’Italia. Un’Italia, secondo la voce narrante, fonte della civiltà e della cultura, vittima di una sorta di complotto internazionale a guida franco-tedesca per un finale alla greca del Belpaese. C’è, evidentemente, una richiesta di protezione e rassicurazione generato dalla paura del virus: un’entità più grande che ci difenda. Elemento che in questi casi ritorna come riflesso automatico e come collante ideale è il metus hostilis, la paura del nemico, che nei gruppi appiana le divergenze a fronte di un’emergenza esterna al gruppo.

Si può quindi in questa logica spiegare come, da più parti, si richieda a gran voce un intervento su due livelli: contro l’esterno (e da qui il crescente consenso per l’uscita dell’Italia dall’UE) e contro i non allineati, che minano l’unità del gruppo. Che, nella realtà, si traduce in intervento ancora più restrittivo rispetto a quei cittadini che non sono ancora disposti a rinunciare al proprio stile di vita e che risultano più insofferenti culturalmente alle costrizioni.

Fino a consentire, se non a invocare, l’intervento dell’esercito che, in alcuni parti d’Italia, oltre ad impedire la libera circolazione delle persone (e quindi del contagio) agirà anche come elemento concorrete alla criminalità organizzata nel controllo del territorio. Ritenendo, inoltre, anche accettabile la possibilità, già testata e provata da Stati del sud-est asiatico, di ridurre gli spazi di privacy del cittadino attraverso l’uso di tecnologie che tracciano i movimenti dei nostri smartphone. Senza che tutto questo passi attraverso un esplicito mandato popolare.

La riscoperta della Patria, che si evidenzia nello sfoggio di bandiere, inni dai balconi, richiesta di consumare locale o italiano, ci riporta poi con la mente ad altri periodi storici e regimi, contrassegnati dall’Autarchia (l’autosufficienza produttiva, in Italia dal 1936 al 1945) e tipica dei regimi totalitari (compresa la Corea nel Nord); oppure, alla militarizzazione di territori come nel sud post-unitario con la repressione del brigantaggio.

Ecco dunque: se nei momenti di emergenza il primato della collettività sull’individuo non si discute, alla fine di questa avventura sarà interessante valutare quanto rimarrà di spontaneo, dal basso di questo spirito di unità alla luce delle spinte separatiste che hanno contraddistinto gli ultimi anni di questo Paese. Ma, ancor di più, quanto sarà definitivamente perduto in termini di libertà individuali e di politiche e se l’italiano di oggi, convinto della necessità di un uomo della Provvidenza, perderà del tutto la fiducia nel sistema democratico, che vive peraltro un calo costante di soddisfazione.