Mai come negli ultimi mesi, caratterizzati da continui ingestibili aumenti di prezzo di gas e luce, i meccanismi di formazione del prezzo dei prodotti energetici sono stati al centro del dibattito pubblico, da Ursula von der Leyen a Giorgia Meloni. L’argomento principale sembra essere il Price Cap, come imporre cioè un prezzo massimo ad energia elettrica e gas.   

Per meglio valutarne l’applicabilità e l’efficacia proviamo a capire quale meccanismo governa la formazione dei prezzi in un libero mercato e cosa implica porre un “Tetto ai prezzi”.

Libero mercato e formazione dei prezzi delle materie prime

In un libero mercato, dove domanda e offerta si devono incontrare in un punto di equilibrio che soddisfi entrambi, il prezzo finale delle materie prime viene determinato dal produttore avente i costi marginali più alti.

Un semplice esempio. Due coltivatori di grano, uno moderno e meccanizzato con bassi costi di produzione supponiamo 20€/quintale, un altro tradizionale con molto lavoro manuale con costi di 50€/quintale. Entrambe le aziende producono la stessa qualità ed entrambi sono necessari per soddisfare la domanda.

L’azienda agricola più costosa non venderà a meno di 50€/quintale, altrimenti subirebbe una perdita. Perché quella più efficiente dovrebbe vendere a meno sapendo che può ricavare 50€/quintale? È quello che pagano i consumatori della porta accanto. Non lo farà.

In altre parole, ci sarà un prezzo uniforme perché il bene scambiato è analogo e sarà determinato dal costo del produttore marginale, meno efficiente e più costoso.

Stessa cosa si verifica, con meccanismi un po’ più sofisticati, per elettricità, petrolio,  gas,  rame,  latte, carne, e così via. Per ogni materia prima ci sono dei luoghi/piattaforme/mercati in cui domanda e offerta si incontrano e determinano man in mano il prezzo di scambio.

Come viene determinato il prezzo dell’energia elettrica?

In Italia il GME (Gestore Mercati Energetici) mette a disposizione degli operatori, produttori e trader, una piattaforma sulla quale inserire le proprie offerte di acquisto e vendita.

Ogni ora le offerte in quantità di vendita presentate dagli operatori vengono inserite in un grafico con ordine crescente di prezzo per formare la “linea delle offerte”. I produttori di energia rinnovabile entrano a un costo marginale prossimo allo zero (sole e vento non si pagano), seguono gli idroelettrici, i produttori con carbone ed infine le più costose centrali a gas. (Vedi fig. 1)

Al contrario, le offerte in quantità per acquistare energia sono ordinate in maniera decrescente, dando quindi priorità a chi è disposto a pagare di più. Si forma la “linea della domanda”.

L’incrocio delle due linee determina per ogni ora, in maniera univoca e trasparente, il volume e il prezzo dell’energia scambiata. Tale prezzo è denominato PUN (Prezzo Unico Nazionale). Tutti gli operatori le cui offerte risultano accettate rispettivamente pagano e ricevono lo stesso prezzo.

Fig. 1 Determinazione prezzo energia elettrica alle 9 Am e 12 AM

Quando il consumo/domanda di energia è basso, esempio alle ore 9 del mattino, il prezzo è basso perché la linea della domanda incrocia l’offerta di produttori più economici.

Quando il consumo/domanda è alto, come durante il mezzogiorno, il prezzo aumenta perché sono chiamati a fornire i produttori marginali più costosi, nel caso italiano gli utilizzatori di gas.

Come impedire che i prezzi siano troppo elevati

Da quando l’epidemia di Covid si è attenuata e le attività economiche sono riprese una serie di situazioni concomitanti hanno determinato nei mercati delle materie prime difficoltà crescenti a soddisfare una inattesa domanda di beni. La “linea della domanda” si è spostata rapidamente verso destra, mentre la produzione scarseggiava, spostando la “linea dell’offerta” verso sinistra. Questo ha determinato forti aumenti dei prezzi che stanno mettendo in difficoltà famiglie e imprese.

Per quanto riguarda l’energia elettrica in particolare, la concomitanza della guerra in Ucraina che ha provocato un aumento dei prezzi del gas, la siccità che ha ridotto la produzione idroelettrica e le fermate per sicurezza dei reattori nucleari francesi hanno provocato aumenti superiori al 300% del prezzo dell’energia elettrica. (Vedi fig.2)

Fig. 2 Prezzo energia elettrica negli ultimi 12 mesi

Da più di un anno i governi europei stanno cercando un modo per contenere e ridurre i prezzi.

L’effetto mediatico maggiore sembra ottenerlo la proposta di mettere un tetto all’aumento imponendo cioè un Price Cap: non si può vendere e acquistare energia elettrica e gas sopra un certo prezzo deciso arbitrariamente.

Non sembra essere una operazione facile se, ad un anno dalla prima proposta Draghi, Bruxelles è ancora  al lavoro sulle prime idee di riforma. Il documento “non è ancora pronto, non siamo nella fase in cui posso darvi una panoramica” ha spiegato ancora recentemente la commissaria europea all’Energia Kadri Simson.

Il Price Cap è veramente la soluzione? Quali conseguenze?

Imporre un Cap, un prezzo inferiore al prezzo di mercato vuol dire escludere parte dell’offerta di energia (quella meno efficiente e più costosa ma necessaria) lasciando di conseguenza insoddisfatta una parte della domanda: significa in altre parole imporre ai cittadini una riduzione dei loro consumi.

Nel caso invece con il Price Cap si intendesse semplicemente garantire i consumi dei cittadini ad un prezzo inferiore a quello di mercato  bisognerebbe anche decidere chi dovrà pagarne la differenza. Si tratterebbe semplicemente il trasferimento di un costo privato al bilancio pubblico degli stati. Sarebbe come dire che i cittadini pagheranno con la mano sinistra quello che non pagano con la mano destra: sempre loro pagano.

Questo è il grande dilemma che i nostri politici stanno affrontando: dire ai cittadini che devono ridurre i consumi o che dovranno comunque pagare in forma diversa, con le tasse, il prezzo alto. Si comprende la loro difficoltà a decidere.

Nel frattempo i cittadini, impossibilitati a pagare i prezzi elevati, stanno già riducendo i loro consumi. In Italia ad esempio, nel mese di novembre il consumo gas si è ridotto del 24,9% su novembre 2021 e del 15,4% sulla media del decennio 2012-2021 (Dati Snam Rete Gas).

Una soluzione strutturale

Mentre il Price Cap, pur presentandosi come una non soluzione, trova tanto interesse, minore clamore si riscontra per la vera soluzione strutturale, da tempo pianificata dall’Europa con il Green Deal e provvedimenti conseguenti. (Vedi fig. 3)

Fig. 3 L’aumento delle rinnovabili provoca riduzione del prezzo

Due sono le linee di intervento indicate dalla Commissione Europea per diminuire i costi di approvvigionamento energetico degli utenti finali:

  • una spinta decisa all’installazione di impianti a fonti rinnovabili, in grado di spiazzare gli impianti più costosi, costringendoli a destra del prezzo marginale,
  • estensione dell’autoconsumo locale di energia rinnovabile (Comunità energetiche) che sposterebbe verso sinistra la linea della domanda elettrica al mercato provocando un’ ulteriore riduzione del prezzo marginale. L’autoconsumo sottrae energia al mercato.

Senza dimenticare che anche efficienza (ottenere lo stesso servizio con minore energia) e modestia (evitare usi impropri ed esagerati) energetica contribuiscono sensibilmente alla riduzione dei costi.

Una soluzione che abbinerebbe riduzione significativa dei prezzi a minore dipendenza del sistema energetico dai combustibili fossili, dai loro mercati e dai loro potenziali ricatti geopolitici.

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