In USA vincono tutti, come sempre
Le elezioni di midterm negli Stati Uniti dovevano essere una debacle per i Democratici del Presidente Joe Biden. Invece non è andata proprio così, al netto dei riconteggi e dei ricorsi che sicuramente ci saranno.
Le elezioni di midterm negli Stati Uniti dovevano essere una debacle per i Democratici del Presidente Joe Biden. Invece non è andata proprio così, al netto dei riconteggi e dei ricorsi che sicuramente ci saranno.
Ci vorrà ancora diverso tempo per arrivare alla conclusione di chi abbia in effetti vinto le elezioni di metà mandato (midterm), dove i numeri assoluti e quelli di numerosi Stati sono ancora in bilico fino all’ultimo conteggio. E riconteggio, e azioni legali, e tutto quel grande circo difficilmente comprensibile a cui ci hanno ormai abituato le elezioni di ogni genere negli Stati Uniti.
Da questo lato dell’oceano abbiamo il privilegio del distacco, guardiamo le grandi manovre come fossero una nuova serie TV. Diciamolo una volta per tutte, a noi delle singole assegnazioni di vittoria, dei nominativi eletti, degli Stati che diventano o restano rossi e blu, ci interessa poco o niente. Ci sono però un paio di considerazioni che pare opportuno trarre.
Tipicamente, il partito che arriva da vincitore, a metà mandato perde alcuni seggi, sulla scia della scarsa soddisfazione degli americani per il presidente e le sue politiche. Vale per Biden oggi, come per Trump ieri. Con crisi interna, minacce di recessione, inflazione elevata, sembrava essere pronta una tempesta perfetta, la famosa “gigantesca onda rossa” che è diventata lo slogan repubblicano.
La realtà ha nuovamente mostrato la scarsa coincidenza delle proiezioni di voto con i risultati effettivi, visto l’esito ancora incerto. È evidente che i Democratici hanno perso qualche pedina, anche importante, come a New York, ma il Congresso sembra essere stato scosso da una leggera brezza più che travolto da uno tsunami.
«Ieri ci sono state le elezioni – ha detto il Presidente Joe Biden, in un momento di particolare lucidità – ed è stato un buon giorno per la democrazia, un buon giorno per l’America». Come sempre, conciso e pragmatico, anche se non si è ancora capito se sia per risultare più ficcante o per difficoltà a formulare un pensiero complesso.
La campagna dell’ex Presidente Donald Trump è stata costruita come una notte degli Oscar, tutta centrata sulla sua persona, con eventi solo nominalmente a supporto del candidato dello Stato in cui si trovava. Slide e grafici che mostrava ai comizi per assurdo non dicevano niente del candidato, non davano le motivazioni per cui i Dem avrebbero meritato di perdere; no, c’erano sondaggi sulla sua propria popolarità, tutti ovviamente a conferma di come The Donald fosse ancora l’unico fedele favorito alla Casa Bianca.
Eppure, le elezioni di midterm mostrano un fenomeno quasi opposto, di allontanamento degli elettori dall’iconico personaggio. Non solo molti dei candidati repubblicani sostenuti (endorsed, come dicono in America) espressamente da Trump hanno fallito l’obiettivo, altri da lui denigrati anche in modo pesante hanno vinto di larga misura.
Pensiamo in particolare a Ron DeSantis in Florida, che ha vinto con 20 punti di scarto e nel suo discorso si è “dimenticato” di nominare l’ex Presidente tra i ringraziamenti. Forse perché era stato da lui mai sostenuto e perfino pubblicamente minacciato, con un “se si candida, si farà molto male. Vi racconterò cose di lui che sa, forse, solo sua moglie”.
Un altro elemento da analizzare, anche in vista della futura campagna presidenziale, riguarda i diritti delle donne, messi in discussione da una controversa decisione della Corte Suprema di rinnegare una sentenza storica (Roe v. Wade) in cui si garantiva il diritto all’aborto.
Nelle prime elezioni successive a tale sentenza, si riconosce un indirizzo preciso degli americani, sia diretto che indiretto. Già in agosto un tentativo di modifica costituzionale che eliminasse l’aborto dai diritti riconosciuti in Texas era stato sonoramente bocciato alle urne.
Ora lo stesso accade in Kentucky e in Montana, mentre in altri tre Stati (California, Michigan e Vermone) gli elettori hanno votato modifiche a salvaguardia di tale diritto. In Vermont con uno schiacciante 73% a favore delle nuove garanzie al diritto.
Oltre a questi isolati casi in cui si votava (anche) per un referendum esplicito, i risultati generali danno una percezione molto simile. Negli Stati dove i candidati hanno basato la campagna sul tema del diritto all’aborto, semplicemente hanno vinto.
Durante le classiche interviste post-voto, il 60% degli elettori si è dichiarato “arrabbiato per la decisione della Corte”, il 59% (+9% rispetto al 2020) chiede un “aborto legale con o senza restrizioni” e il 52% ripone la sua fiducia nei Dem perché questo avvenga (solo il 42% nei Repubblicani).
In conclusione, alle elezioni di midterm vincono tutti: le donne, con il messaggio forte lanciato ai candidati, i Repubblicani che guadagnano numerosi seggi e i Democratici che, pur perdendo nei numeri, resistono bene all’urto conservatore. Vince la democrazia e perfino Biden, che si dice pronto a seguire il “volere del popolo, collaborando fattivamente con il Sen. McCarthy” per il bene del Paese.
L’unico a perdere è Trump, la cui débacle in termini di immagine e di risultati, potrebbe influire sulla sua eventuale decisione di ricandidarsi per il 2024. O meglio, non influirà sulla sua cocciutaggine ma sul supporto che potrebbe ricevere in caso di primarie dai suoi uomini e dai cittadini.
Alcuni giornali statunitensi vedono nel governatore della Florida, Ron DeSantis, un candidato ideale alla presidenza. Il New York Post arriva a metterlo in copertina col suo bel faccione sorridente, la moglie patinata e abbondante figliolanza. E un titolo premonitore che gioca con il suo cognome: DeFuture.
© RIPRODUZIONE RISERVATA