Un nuovo equilibrio e una possibile coesistenza tra uomini e lupi, dopo più di 100 anni dalla loro scomparsa nel Nordest, in un territorio dove è forte ostilità nei suoi confronti, ma dove è fondamentale creare una corretta informazione sulla presenza di una specie così importante e un dialogo tra tutti gli attori in gioco. Il libro del giornalista e scrittore Angelo Pangrazio “Lupi a Nordest. Antiche paure, nuovi conflitti” (Cierre edizioni), presentato ieri in un incontro all’Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona moderato da Leonardo Latella, Curatore Responsabile del Museo di Storia Naturale di Verona parla della difficoltà che oggi caratterizza la convivenza tra questo predatore affascinante, ma problematico, e l’uomo.

Un nuovo equilibrio e una possibile coesistenza tra uomini e lupi, dopo più di 100 anni dalla sua scomparsa in un territorio dove è forte l’ostilità nei suoi confronti, ma dove è fondamentale trovare la chiave per convivere con la sua presenza e attivare un dialogo tra tutti gli attori in gioco. Il libro del giornalista e scrittore Angelo Pangrazio “Lupi a Nordest. Antiche paure, nuovi conflitti”( Cierre edizioni), presentato ieri in un incontro all’Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona moderato da Leonardo Latella, Curatore Responsabile del Museo di Storia Naturale di Verona, parla del ritorno del grande predatore e di come migliorare la convivenza tra il lupo e le attività economiche tradizionali.

Dopo essere arrivato sull’orlo dell’estinzione nella seconda metà del secolo scorso a causa principalmente della persecuzione umana, il lupo a partire dagli anni ’70, quando è stato dichiarato specie protetta, ha iniziato a espandersi su tutta la catena appenninica, ripopolando nuove aree arrivando ormai fino alle Alpi, rappresentando così «un fenomeno ecologico ed ambientale inedito che ha cambiato gli equilibri» spiega Pangrazio «perchè non solo l’uomo, ma anche gli stessi animali che rappresentano le sue prede naturali, come cervi, cinghiali, camosci, non erano più abituati alla sua presenza».

Il ritorno del lupo in Veneto è un processo naturale, frutto delle grandi capacità di spostamento di questo predatore, che ha trovato sull’Appennino prima e sulle Alpi poi vasti territori adatti a causa dei cambiamenti ambientali e dell’abbandono del territorio.

Pangrazio lo documenta nel suo libro d’inchiesta grazie a dieci anni di lavoro sulle orme di due lupi in particolare, Slavc, un esemplare maschio di origine slovena e da una lupa, proveniente dalle Alpi piemontesi, ribattezzata Giulietta, e del loro incontro nel 2012 che l’anno successivo ha dato vita al primo nucleo sulle montagne della Lessinia e che attraverso le proprie riproduzioni successive ha contribuito al ripopolamento naturale, in tutto l’arco alpino del Nordest, tra il Veneto, il Trentino e il Friuli, dove l’ultimo lupo fu abbattuto a Comelico nel 1929 e tra le cui montagne oggi si contano circa 200 esemplari, mentre in Italia se ne stimano 3300 (Fonte: Censimento nazionale Ispra 2022).

La copertina dell’incontro di presentazione del libro “Lupi a Nordest” di Angelo Pangrazio

ll lupo è tornato sulle Alpi sottolinea Pangrazio perchè «con l’aumento esponenziale della popolazione di ungulati ha trovato abbondanza di prede e spazio, in seguito all’abbandono della montagna e il conseguente aumento della superficie di bosco». Prova ne sono “la vicenda del Cansiglio dove prima dell’arrivo del lupo che ha riequilibrato i numeri, si è arrivati a censire più di 3.000 cervi che ormai stavano mettendo in crisi la rigenerazione della foresta di faggi cibandosi di tutti i germogli» e, più vicino a noi, il fenomeno «dei camosci di Giazza che, presenti in maniera significativa, in seguito alla venuta dei lupi hanno iniziato a calare di numero e si sono riorganizzati andando a vivere su versanti meno raggiungibili dal predatore ricostituendo così un importante equilibrio dal punto di vista biologico ed ecologico» oltre alla stabilità e biodiversità dei boschi, evidenzia l’autore del libro.

Un ritorno, quello del lupo, che costituisce un valore aggiunto al nostro ecosistema, rappresentando quindi un fenomeno positivo, per l’importanza ecologica che i grandi predatori rivestono nel controllo delle popolazioni di erbivori selvatici, ma che costituisce anche una sfida problematica per la convivenza tra questa specie e le attività umane.

Metodi di prevenzione: non si è fatto ancora abbastanza

Il conflitto a cui fa riferimento Pangrazio riguarda innanzitutto i rapporti con l’uomo e lo scontro con la zootecnia, specialmente in Lessinia, dove durante il 2021, si sono verificati in totale 108 eventi predatori, nei quali hanno perso la vita 213 animali d’allevamento (fonte Parco Naturale Regionale della Lessinia con dati forniti dal Servizio Foreste e Fauna della Provincia Autonoma di Trento) con i conseguenti gravi danni per gli allevatori, sebbene l’anno scorso siano stati erogati e liquidati oltre 200.000 euro di indennizzi, per i quali anche la perdita di un solo capo di bestiame rappresenta un danno da più punti di vista (produttivo, zootecnico), non solo finanziario.

Nel libro trova spazio il forte contrasto tra lupi e gli allevatori. «Le proteste sono arrivate, da allevatori che sono stati colti alla sprovvista e non adeguatamente sostenuti” racconta Pangrazio. E aggiunge: «Servono misure adatte al territorio in cui avvengono le predazioni che di norma avvengono sempre negli stessi luoghi dove il rapporto rischio-beneficio di predazione per il lupo è basso, infatti in Italia ci sono intere aree dove i lupi sono presenti, ma non vanno a predare il bestiame perché ci sono le protezioni». La prevenzione è fondamentale. Diversamente da altre regioni, nelle zone alpine le predazioni sono indennizzate anche se non è presente alcun metodo di prevenzione, nonostante vi siano appositi bandi che offrono un auto economico sostanzioso agli allevatori per attrezzarsi con strumenti preventivi. Ma soprattutto «per gestire un fenomeno come questo non ci si può limitare all’indennizzo economico, ma è necessario rinforzare gli strumenti, e avere una visione quantomeno interregionale ad esempio seguendo ciò che fanno Province autonome di Trento e di Bolzano che stanziano altri fondi, anche in parte di provenienza europea, per reti elettrificate e altri sistemi di dissuasione e di allerta».

Dall’altra parte è altrettanto necessaria una presa di consapevolezza da parte del comparto zootecnico perchè, spiega Pangrazio «con l’obiezione e le lupare non si va da nessuna parte» e auspica che ci siano «più giovani pastori» già più inclini ad adottare misure di contenimento come le fladry elettrificate, i dissuasori a ultrasuoni e i recinti selettivi, alcuni dotati di sensori, rispetto alle generazioni più anziane e un sostegno importante da parte delle istituzioni aumentando la presenza di personale formato sugli alpeggi e la loro remunerazione. «In montagna serve più gente: non possiamo avere 19-20 guardie forestali in Lessinia che si occupano di tutto, quando in Trentino ce ne sono almeno 70. La Regione dovrebbe investire in persone e competenze solo così si può favorire la convivenza” insiste Pangrazio.

La Regione Veneto, pur avendo aderito nel 2013 alla prima fase del progetto europeo Life WofAlps EU, non ha però confermato l’adesione (unica tra tutte le Regioni dell’arco alpino) «alla seconda fase di questo progetto LIFE WOLFALPS, quella 2019 -2024 (che ad oggi ha come interlocutore locale il Parco Natura Viva n.d.r) proprio la fase che sta lavorando alla costruzione di una coesistenza tra uomo e lupo e quindi ad attrezzare, sia dal punto di vista degli investimenti che della formazione, ma soprattutto della modalità di gestione del conflitto con allevatori, e l’ha fatto a causa di pressioni provenienti soprattutto dal veronese» denuncia Pangrazio «come se fosse possibile che restandone fuori il problema si risolvesse». 

La coesistenza con il lupo è tra le sfide più discusse per le nostre montagne e per mitigare questo incessante conflitto è fondamentale, sostiene Pangrazio, «difendere gli interessi dei lupi come quelli degli allevatori e dei residenti» proteggendo le greggi, sostenendo economicamente gli allevatori, adottando misure di prevenzione e favorendo il confronto tra le parti, ma soprattutto parlando con le persone.

La necessità di fare informazione corretta e dell’educazione nelle scuole

Bisogna infatti agire per «garantire un’informazione corretta e precisa su un tema che viene spesso strumentalizzato», senza raccogliere in modo univoco le voci di denuncia, ma veicolando anche contributi scientifici, attente attività di monitoraggio e informazione che possano educare, sfatare i falsi miti e le fake news sul lupo, e aiutare a capire a spiegare i diversi episodi di cronaca e i comportamenti da seguire per facilitare la convivenza con l’uomo.

Oltre all’ostilità verso il lupo causata dalla vocazione del territorio della Lessinia per l’attività zootecnica e dall’acceso scontro causato dalle predazioni sugli animali d’allevamento, c’è anche un aspetto culturale che va al di là dell’atavico timore che caratterizza l’immaginario collettivo legato a questo animale: l’impatto sociale e mediatico degli episodi predatori è spesso critico e influisce in modo importante sull’accettazione della presenza del lupo, ma il diritto di questa specie di esistere è intoccabile e lo sterminio non è un’opzione. L’attività educativa delle nuove generazioni dovrebbe essere sostenuta maggiormente.
«Il tema della convivenza dovrebbe essere usato nelle scuole per trasmettere alle nuove generazioni una maggiore sensibilità sulla protezione della fauna selvatica che ripopola una certa area, perchè ha un suo diritto di esserci, oltre ad un suo ruolo ecologico» sottolinea Pangrazio. Il lupo a Nordest è di fatto una presenza radicata e stabile da 10 anni con la quale bisognerà imparare a convivere.

Alcune esperienze di coesistenza con il lupo in altre regioni dimostrano come la conservazione della specie non sia in contrasto con le attività o la presenza dell’uomo, a patto che vi sia un’azione concertata tra tutti gli attori e portatori di interesse e che vengano messe in atto adeguate misure per mitigare i conflitti e favorire la convivenza tra il predatore e le attività pastorali. Perché il futuro del lupo sul nostro territorio non è solo possibile, ma necessario.

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