È scoppiata l’estate e ritorna il tema polarizzante dell’utilizzo del monumento che ha reso famosa Verona nel mondo, alla luce delle esigenze della sua conservazione, della messa a reddito e di stabilire delle strategie sostenibili che ne assicurino l’integrità, affinchè anche questa amministrazione lo trasferisca alla prossima ripulito, intatto e pienamente funzionante.

Infatti la caratteristica principale dell’anfiteatro areniano, paragonato a quelli di Arles, Nimes e Pola, è che è utilizzabile senza limiti a un uso funzionale allo spettacolo in piena sicurezza per gli utilizzatori.

La lezione (appresa?) della pandemia

Il pensiero comune era che l’esperienza del Covid avrebbe portato alla coscienza degli amministratori e dei veronesi le peculiarità dell’Arena, l’importanza che rappresenta il suo utilizzo per l’economia cittadina, la necessità di trovare un equilibrio tra la stagione lirica (che ne ha risvegliato l’interesse come la più grande infrastruttura stabile al mondo), l’utilizzo per i concerti di altra musica (non volendo con “altra” sminuirne il valore artistico ma semplicemente utilizzare un termine estensivo) e il ritorno ad un uso che coniughi la popolarità e unicità del contenitore con un contenuto di assoluto valore qualitativo (il più noto alle cronache: gli eventi di chiusura delle Olimpiadi Invernali e di apertura delle Paralimpiadi di Milano-Cortina 2026).

L’impatto del lockdown sulle economie mondiali non ha impedito ai veronesi di misurare sulla propria pelle cosa significano due stagioni in successione con un utilizzo contingentato dell’anfiteatro. La riduzione enorme della ricaduta sull’economia cittadina ha imposto scelte drastiche sulla sostenibilità economica degli eventi organizzabili al suo interno.

Arena, prima azienda culturale di Verona

È così avvenuto che solo l’amore per la tradizione, unita all’esigenza di tenere in esercizio la più grande azienda culturale di Verona, hanno consentito di pretendere una deroga eccezionale alle prescrizioni governative contro il contagio, le quali hanno procurato il privilegio di organizzare performance che, a memoria d’uomo, non erano mai state viste in quella veste all’interno dell’anfiteatro.

Nell’estate del 2020 abbiamo pertanto ammirato le rappresentazioni in forma scenica, rispolverando i primi timidi tentativi dell’inizio del Novecento con un palcoscenico centrale, mentre nella scorsa stagione alle scenografie monumentali sono state preferite installazioni digitali, che sollevavano dall’utilizzo di masse di attrezzisti, ingestibili con le limitazioni di tipo sanitario allora in vigore.

Il palco centrale disposto per le rappresentazioni in forma scenica, foto di Fabio Benato.

Le stagioni, malgrado un risultato economico sofferente, sono state portate a termine e tutti avevamo sperato che avrebbero suggerito agli amministratori della Fondazione Arena un percorso di rinnovamento artistico e operativo, in previsione di una grande celebrazione per il 2023, traguardo della centesima stagione lirica all’Arena di Verona.

Invece, allo scoccare della quinta settimana del festival, molti nodi rimangono da sciogliere.

Rinnovare la governance

Il primo riguarda la governance: frutto della riforma degli enti lirici di veltroniana memoria, essa mantiene una sostanziale gestione pubblica della Fondazione con nomine di origine politica e un organigramma di stampo novecentesco, che resiste ai tentativi di svecchiamento del management, alla rivisitazione dei ruoli e della dirigenza in un’ottica di efficienza ed economicità, a scelte indispensabili per rendere le produzioni profittevoli senza che ne scada la qualità.

Permangono quindi la ripetitività dei titoli proposti e l’indecoroso trattamento economico delle varie figure professionali e artistiche impiegate, in spregio ad accordi sindacali che invece di essere ridiscussi sono stati unilateralmente denunciati e violati, fino a condurre l’ente a subire molteplici cause giudiziarie, in cui viene regolarmente sconfitto.

Scenografie sì o no?

Secondariamente nelle produzioni: la sperimentazione degli anni recenti non sembra aver lasciato alcuna esperienza, tornati come siamo al massiccio impiego di scenografie voluminose che comportano oneri di movimentazione, tempi di approntamento, impiego di mano d’opera, abuso degli spazi pubblici circostanti l’anfiteatro, utilizzato oscenamente come magazzino.

La scenografia contenuta di Pagliacci di Leoncavallo nell’edizione 2021, arricchita dagli effetti digitali.

Manca persino l’intelligenza di ricreare angoli scenografici ad uso e consumo degli influencer e delle guide turistiche per promuovere l’opera e gli spettacoli, utilizzando il narcisismo dei praticanti dei social. Che ne è stata dell’esperienza degli schermi digitali, che non potevano che trovare il plauso della Soprintendenza ai beni artistici, così preoccupata della salvaguardia dei gradoni, delle pietre e degli aggetti, in eterno pericolo di essere sfregiati dai volumi movimentati da braccia di gru più adatte ai cantieri che agli spettacoli lirici? Tra l’altro, si tratta di strumenti di comunicazione, oltre che scenografici, di cui però non si capisce le potenzialità per comunicare col pubblico nelle pause degli intervalli e dell’afflusso e deflusso dalla platea e dalle gradinate.

Pubblico mio non ti conosco

Terzo, il pubblico: permangono le stesse modalità di acquisto dei biglietti, accesso al teatro e visione dello spettacolo, senza fare tesoro dell’esperienza innovativa di altre proposte del mondo degli eventi. Manca la profilazione, l’analisi dei comportamenti e dei gusti, la segmentazione delle proposte, che non possono essere solo il colore dei cuscini o la disposizione in platea o sulle gradinate, ma un diverso livello di esclusività e comfort, con sedute finalmente spaziose e comode. Soluzioni tali da giustificare un prezzo differente, rinunciando definitivamente al posto unico indifferenziato sulle gradinate e recuperando l’esperienza del settore numerato.

In questo modo si razionalizza l’accesso degli spettatori in una logica che evita file, attese e assembramenti indesiderati e ottimizza l’esperienza a beneficio della vivibilità della serata e dei pubblici esercizi esterni, ai quali gli spettatori potrebbero fare ricorso, in attesa di essere chiamati per il proprio turno di accesso.

L’opera in primis

Ultimo, ma non per questo meno importante, l’equilibrio delle necessità della performance lirica con un utilizzo dell’Arena alternativo: le esigenze di prova dei titoli in cartellone (che meriterebbero un articolo a parte sulla qualità e capacità di rinnovo) non può essere compresso dall’utilizzo per altri tipi di concerti. Non più.

Le recensioni delle serate da parte dei critici musicali e le cronache di ritardi nei montaggi causati dalla mancanza di registro e allenamento degli attrezzisti segnalano un’involuzione preoccupante. Senza entrare nel terreno minato della qualità delle scelte degli interpreti, per i quali negli anni è risultata una presenza debordante di una certa agenzia, è dovere di chi in Fondazione Arena ha compiti di responsabilità e autorità pretendere il tempo necessario per mettere in scena produzioni memorabili invece che dignitose.

Extra lirica sì, a patto che ci sia qualità

E se extra lirica debba essere, nelle modalità e con i risultati che escano dall’ombra dell’opacità di questi anni, che sia di qualità indiscussa e solo per produzioni remunerative, di rilevanza internazionale, come merita un teatro della qualità della nostra Arena.

Recenti polemiche per il concerto dei Kiss hanno segnalato come l’utilizzo dell’anfiteatro sia il risultato di un equilibrio di esigenze tra chi lo gestisce e amministra su mandato dello Stato italiano e chi ne è il curatore per quello stesso Stato, nella persona del soprintendente all’Archeologia, Belle arti e Paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza.

I Kiss in Arena con i loro effetti pirotecnici: in un primo momento il soprintendente aveva revocato l’autorizzazione all’uso del monumento a causa dell’impiego di fuochi sul palco. Decisione poi ritrattata.

A quello stesso sarà il nuovo sindaco Tommasi che dovrà presentare la necessità che l’Arena possa tornare a essere un luogo ulteriore oltre agli spettacoli: c’è il traguardo delle Olimpiadi ma parecchie occasioni, soprattutto sportive, in cui l’anfiteatro riuscirebbe a diventare un campo di gioco memorabile e promozionale per la città.

Arena possibile set per eventi sportivi

Per il Giro d’Italia può essere un motivo di attrazione gratuito di una carovana per cui l’organizzazione richiede un investimento per far parte del circuito. La pallacanestro, il tennis, la pallavolo sono sport che beneficerebbero e restituirebbero notorietà, se inseriti in un circuito internazionale. Non ultimo, alla luce della tradizione veronese per il mondo dell’equitazione e l’esperienza di lustri passati, anche il circuito che vede il salto ostacolo prendere parte prepotentemente dei palinsesti televisivi in località come Lower Manhattan a New York, Campo di Marte a Parigi, la spiaggia di Miami o quella di Saint Tropez, la Croisette di Cannes, il Royal Hospital di Chelsea a Londra, il porto di Montecarlo o lo stadio Flaminio a Roma, troverebbe facile collocazione per Verona in un’edizione futura.

Un monumento da conoscere in modo innovativo

Le opportunità non mancano; importante onere della nuova amministrazione sarà far sì che l’Arena di Verona diventi un luogo di ritrovo e pratica di cultura, spettacolo, sport a gloria e beneficio della città, dei veronesi e dei turisti che la visitano con l’imprescindibile condizione che rimanga un monumento  tutelato, curato e visitabile con l’ausilio delle migliori e più aggiornate tecnologie.

Foto di Matrix1408, Flickr.

Occorre, insomma, che non vengano viste solo delle pietre millenarie, cariche di storia e significati che possono essere solo raccontati, bensì venga vissuta l’esperienza di immergersi in quel mondo e vedere i gladiatori battersi, le belve aggirarsi nella cavea, il pubblico esaltarsi, nella ricostruzione della storia dei nostri avi e delle radici della nostra civiltà.

Si può fare, si deve fare. Per riportare Verona al posto che merita nella classifica delle destinazioni da visitare in Italia.

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