Non è neanche luglio e a Verona c’è già tanta voglia di Hellas. Non è una sorpresa, questo è certo, ma vedere il palazzetto dello sport gremito per quello che – di fatto – è un evento corporate, è comunque un segnale di quanto forte sia oggi il rapporto tra squadra e città. Un rapporto che non è solo di seguito passivo, ma di vera e propria sinergia. 

La serata evento è stata l’occasione per vedere questa relazione all’opera. Da una parte la società che lavora bene, coinvolge ogni aspetto dell’organizzazione nella celebrazione dell’ultima stagione e nel lancio della prossima. 

Applausi e giri di campo vengono tributati ai piccoli della scuola calcio, alle ragazze di Hellas Women e ai ragazzi del Verona4Special campioni della terza categoria del Veneto. Dall’altra la gente. La gente che spinge, che apprezza, che pungola, che manda segnali.

Il presidente Setti sale sul palco per un discorso di ringraziamento assieme ai rappresentanti degli sponsor principali. Non riesce a parlare. I cori dei ragazzi della curva – non moltissimi ma come sempre rumorosi –  sovrastano la sua voce microfonata. 

“Cambieranno i giocatori, il presidente, l’allenator…”

Curva Sud

Ci riprova Setti, ma niente, non ce la fa… sorride e allarga le braccia. Un canto d’amore che dice: grazie, bella la serata, belli i lustrini, ma il Verona siamo noi. 

È il pubblico a decidere la scaletta della serata con osservazioni persino di carattere linguistico: dalle tribune si sente qualche mugugno quando Marina Presello, madrina della serata, chiama “butini gialloblù” quelli che sono – evidentemente – dei buteleti. Si sa, c’è del purismo linguistico in Curva Sud, e la captatio benevolentiae non passa. 

È un duello che si rinnova, che bilancia lo sforzo della società di comunicare da grande club con la “sana zavorra” della gente che si tiene stretto un Hellas più ruspante, meno patinato. È una tensione tra ruoli diversi che tra una schermaglia e l’altra si rispettano, e che può portare degli ottimi frutti. 

Sulla maglia la storia gialloblù

Home kit Hellas Verona 22/23

Da quella tensione viene una maglia tra le più belle degli ultimi anni, perfetta per mettere in campo l’identità e la tradizione dell’Hellas Verona. I mastini, la croce del gonfalone, il colletto giallo a V e i risvolti delle maniche che riportano al glorioso Verona campione. Dalle maglie blu notte e arancione targate Nike è passata un’eternità.

Da quella sinergia viene una campagna abbonamenti che offre sconti dal venti al trenta per cento per gli abbonati dello scorso anno, con il tagliando stagionale di Curva Sud a 190 euro per chi conferma l’abbonamento. Un altro segnale di un rapporto tra società e tifosi che sta andando nella direzione giusta. 

Cambia molto, resta il gruppo

Il punto d’incontro tra queste due forze, giustamente, è la squadra. Un gruppo che si rende conto di affrontare un anno di svolta, pieno di cambiamenti, ma che si conosce perfettamente e che si ritrova nei suoi uomini chiave. Uno tra tutti? La stella della serata, Pawel Dawidowicz.

Credit: Foto Grigolini

Capitan Veloso riscuote applausi, certo, Faraoni è apprezzatissimo, a Barak chiedono tutti di restare mentre firma maglie e palloni, ma il boato è per il difensore polacco. Simbolo di un Verona guerriero, è un ragazzotto sorridente e un po’ impacciato, che parla col cuore in mano e ringrazia il popolo gialloblù di averlo aspettato e incoraggiato. Promette di ricambiare e di mettercela tutta. Gli si crede senza difficoltà.

Insomma l’Hellas sembra aver trovato la quadra nel rapporto con la città e i tifosi: accettando il dualismo e rispettando i ruoli, senza piaggeria ma con le antenne alzate. Mettendo a frutto le competenze manageriali e strategiche di chi lavora sodo in via Olanda, costruendo una squadra che vuole consolidarsi in Serie A, e lasciando ai tifosi il compito di essere depositari di una tradizione che quest’anno spegne centoventi candeline

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