Dal 2007, Fondazione Unipolis, ha istituito un Osservatorio sulla Sicurezza, affidato a Demos&Pi, sotto la direzione scientifica del professor Ilvo Diamanti dell’Università di Urbino. Ogni anno l’Osservatorio conduce un’indagine sulla percezione nell’opinione pubblica della sicurezza in Italia e nei principali Paesi europei.

Locandina dell’evento

Quest’anno, il 29 giugno, è stato presentato il XIV Rapporto dal titolo “La gioventù: una generazione in(de)finita” che si focalizza sul tema della giustizia intergenerazionale.

La ricerca è stata effettuata su un campione di 1000 italiani, e di altre 5500 interviste su territorio europeo, con un sovra campionamento sulle fasce 18-29 e 18-21 anni. Gli Stati interessati dall’indagine, oltre all’Italia, sono stati Germania, Francia, Regno Unito (per approfondire la percezione dei cittadini inglesi sulla cosiddetta Brexit) e Polonia (scelta invece per la vicinanza e l’esposizione che ha nei confronti della guerra russo-ucraina).

L’obiettivo era di analizzare le relazioni intergenerazionali e la confidenza delle giovani generazioni verso il presente ed il futuro, la percezione di giustizia generazionale da parte dei cittadini e dei ruoli dei diversi attori sociali.

L’incontro è stato moderato da Marisa Parmigiani, Direttrice della Fondazione Unipolis. Nella prima parte dell’evento si sono presentati i dati, a cura di Fabio Bordignon, Luigi Ceccarini e del professor Diamanti, per Demos&Pi.

Nella seconda parte dell’incontro, invece, sono intervenuti Lucio Caracciolo, direttore di Limes, Federico Brignacca, Coordinatore GdL Giovani AsviS, Pierluigi Stefanini, Presidente Fondazione Unipolis, Eric Jozsef, Corrispondente Libération, e Laura Pertici, Caporedattrice centrale LaRepubblica.

Le insicurezze degli italiani

Infografica

L’economia rimane la prima fonte di insicurezza. Ben 4 intervistati su 10 temono l’inflazione e il caro vita. Nel Regno Unito, in particolare, il numero di persone che indicano un tema di tipo economico come prima emergenza sale dal 21 al 51%, rispetto l’anno scorso.

Se circa una persona su quattro, con punte di oltre una su tre nel Regno Unito e in Germania, indicava un anno fa, la gestione del Covid-19 come priorità, tale dato si attesta oggi intorno al 5%, nella media dei cinque paesi. A testimonianza di come le emergenze scalino rapidamente la lista delle priorità, negli orientamenti dei cittadini, ma possano anche essere rapidamente “superate” dall’imporsi di nuovi problemi.

La guerra infatti, è entrata nelle preoccupazioni degli europei con forza, arrivando ad una media del 12%. E ben il 61% degli intervistati, con punte del 73% in Polonia, si dice favorevole alla formazione di un esercito europeo.

Un’altra osservazione importante riguarda quali problemi siano stati segnalati come portatori di maggiore apprensione, per sé e per la propria famiglia, nella vita di tutti i giorni.

Infografica

Il grande cambio che si nota in questa indagine è che i temi di respiro globale, superino di gran lunga sia l’insicurezza economica che quella legata alla criminalità. Il 75% degli intervistati in Italia si sono detti “frequentemente” preoccupati per almeno una delle quattro questioni: ambiente e natura, sicurezza alimentare, guerre e globalizzazione.

Approfondendo il tema della criminalità, altro dato nuovo e interessante è stato rilevare come la sicurezza informatica abbia di fatto superato gran parte delle altre paure, attestandosi al secondo posto, subito sotto la mafia e le organizzazioni criminose.

Infine, una nota su informazione e fake news. La rete ha rappresentato, specie nella prima fase della rivoluzione digitale e dello sviluppo dei social, uno spazio di libertà, partecipazione ed espressione delle opinioni in modo orizzontale.

Tuttavia, nel tempo internet ha messo in evidenza anche alcuni aspetti problematici, che incidono direttamente sulla qualità dell’informazione trasmessa, quindi sul dibattito pubblico e sulla formazione dell’opinione pubblica.

Infografica

L’indagine si è incentrata su un interrogativo di fondo: se questo lavoro di verifica debba essere svolto dalle stesse piattaforme tecnologiche oppure da organismi con legittimazione politica, visto il nesso stretto tra il diritto di libertà di espressione e la qualità della democrazia.

I dati rilevati mostrano una sostanziale spaccatura tra gli intervistati. Poco più della metà dei cittadini (54%) dei cinque paesi oggetto della ricerca ritiene che il governo dei singoli Stati dovrebbe intervenire per limitare le informazioni false online, anche se ciò impedisce alle persone di pubblicare liberamente o accedere alle informazioni. I restanti ritengono, invece, che la libertà di pubblicazione e di accesso alle informazioni dovrebbe essere tutelata, sebbene ciò implichi la possibilità di pubblicazione e circolazione anche di informazioni false.

In particolare i giovanissimi, tendono ad essere meno aperti a formule di controllo delle libertà di espressione, che appaiono più lontane dalla loro sensibilità. Tuttavia, anche in queste fasce di età tendono comunque a profilarsi due fronti contrapposti.

Sul piano delle istituzioni infine, i dati mostrano un basso grado di fiducia istituzionale degli italiani nei confronti di tutti gli organismi considerati, sia nazionali sia sovranazionali. Vero è che i giovani tendono ad attribuire più fiducia all’Unione Europea e all’ONU, rispetto alle istituzioni nazionali.

Giovinezza fa rima con insicurezza (in Italia)

Fino a che età si è giovani? Secondo le persone intervistate la giovinezza termina a 40 anni. Non In Italia però, in cui il termine è spostato addirittura fino ai 51 anni. E questo è un dato un po’ preoccupante, perché sembra quasi ci sia un rifiuto del valore della vecchiaia intesa come esperienza di vita.

Questo dato si collega poi a quello relativo al conflitto generazionale: il 59% dei giovani italiani (contro una media europea del 52%) è convinto che oggi l’unica speranza per fare carriera sia andare all’estero e il 62% (rispetto al 50% degli europei) pensa che i lavoratori anziani blocchino le carriere dei giovani.

Infografica

Ciò significa che i giovani italiani sentono una pesante ingiustizia generazionale che li porta a percepirsi svantaggiati rispetto alle generazioni precedenti e con un futuro ben più incerto.

In tema di pensione, simbolo per eccellenza della tranquillità nella vecchiaia per esempio, i giovani italiani lasciano trasparire una sorta di rassegnazione: se il 10% dei giovani residenti nei cinque paesi analizzati ritiene che quanti oggi abbiano 20 anni non riceveranno la pensione, il dato degli italiani quasi raddoppia salendo al 18%.

Anche la questione ambientale viene vissuta in questo modo: la tutela dell’ambiente e il forte impegno dei giovani contro lo spreco alimentare, per il contenimento energetico e la riduzione dell’uso di mezzi privati, è visto come un mezzo per contrastare un’ingiustizia che i giovani sentono essere perpetrata a loro svantaggio, proprio dalle generazioni che le hanno precedute.

Quali prospettive?

Dall’indagine emergono alcuni spunti che tutti i ricercatori e i relatori si augurano vengano presi in considerazione dalle istituzioni politiche.

Innanzitutto la generale insicurezza percepita dai giovani anche in tema di formazione, prospettive lavorative, salute personale ed ambientale, devono ricevere risposte istituzionali organiche. Non bastano incentivi promossi in modo estemporaneo, quindi, ma occorrono politiche pubbliche più forti ed adeguate alle reali esigenze dei giovani, come avviene negli altri stati europei.

Il rischio è che la società italiana ristagni in un continuo lamento e le diverse generazioni si contrappongano tra loro, invece di collaborare per un futuro più sicuro e giusto per tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro età anagrafica e coerentemente al loro stato di vita.

© RIPRODUZIONE RISERVATA