Il carcere ci appartiene, anche se crediamo che sia un mondo diverso dal nostro. Che sia anzi un mondo opposto, con regole sue, gente sua, problemi che non ci toccano. “Sbattilo in galera e butta via la chiave”, si sente dire ogni tanto da qualcuno (o qualcuna) che si crede esente da ogni errore. E che, soprattutto, non sa quanto le patrie galere siano popolate da persone in attesa di giudizio; buona parte delle quali finirà per essere assolta.

Un sistema carcerario che funzioni e che tratti come persone i suoi prigionieri è la garanzia di una società più sicura: abbiamo meno recidive (si torna molto meno a delinquere); vi è un risarcimento più efficace e utile della sola detenzione (lavoro in carcere, formazione per quando la persona detenuta esce); chi è condannato vive e sconta la pena come occasione di reinserimento nella società e di riscatto personale.

Il fatto che la cinematografia italiana recente si occupi – con un film e una serie tv – del mondo del carcere, che ce lo faccia conoscere, è un segnale positivo. Ed è un’occasione per tutti noi: ci aiuta a capire come si vive davvero in una prigione; quali regole interne sono applicate; quali violenze fisiche e psicologiche vi siano; chi sono le persone che vi soggiornano. Meritano allora di essere visti il film Ariaferma e la serie televisiva Il Re.

ll film Ariaferma, con Toni Servillo e Silvio Orlando, e con la regia di Leonardo Di Costanzo, presentato alla 78^ edizione del Festival del Cinema di Venezia, nel 2021, è ambientato in un carcere sardo. Dopo l’uscita al cinema, il film è visibile anche su Amazon Prime.

Il film thriller carcerario Ariaferma

Ariaferma definirlo un film drammatico, una sorta di thriller carcerario. Ha ottenuto il Premio David di Donatello, quest’anno, per la miglior sceneggiatura originale e, con Silvio Orlando, per il miglior attore protagonista.

Ariaferma racconta una storia in un carcere fatiscente che sta per essere chiuso. Come spesso accade nelle logiche burocratiche, arriva un contrordine: 12 detenuti e alcuni agenti di polizia penitenziaria sono costretti a rimanere nel vecchio stabile, perché il carcere dove ricollocare quei detenuti non è ancora disponibile.

Costretti ad abitare in una sola zona della galera in rovina, poliziotti penitenziari e carcerati si trovano a sperimentare una diversa e più vicina convivenza. Il film Ariaferma è l’occasione per riflettere non solo sul carcere, ma su che cosa sia davvero il vivere assieme in condizioni complesse, ambigue, opache.

Cosa significhi stare in carcere e come sia il “corpo” del prigioniero dietro le sbarre ci vengono spiegati da Laura Baccaro, criminologa e psicologa giuridica, in un articolo ospitato sul magazine online Il Biondino della Spider Rossa. L’entrare in un carcere, per scontare una pena, vuol dire accettare – lo si voglia o meno – di cambiare: un cambiamento interno alla persona; e di certo un cambiamento nella percezione che gli altri hanno dell’uomo o della donna imprigionati.

Serie tv Il Re con Luca Zingaretti

Su Sky Tv e la piattaforma di streaming Now possiamo guardare il primo prison drama targato Sky Original. Il protagonista della serie tv Il Re è Luca Zingaretti nel ruolo di Bruno Testori, direttore del San Michele, carcere dove esercita la sua personale idea di giustizia, al di sopra della legge dei tribunali e dei codici di procedura penale.

Nel trailer della serie tv si sente la inconfondibile voce in sottofondo di Zingaretti: “Mio padre diceva sempre che di fronte alla morte bisognava rimanere in silenzio per darci il tempo di pensare. E in questo il carcere assomiglia alla morte: il tempo non manca per pensare”.

Luca Zingaretti è il controverso direttore di un carcere di frontiera, sovrano assoluto di una struttura – il San Michele – in cui nessuna delle leggi dello Stato ha valore, perché il bene e il male dipendono unicamente dal suo giudizio.

Alla domanda se è un malvagio assoluto, Zingaretti replica: “Testori è un uomo che si sente superiore alla giustizia, anche se io non sono così netto nel giudizio”.

Zingaretti sottolinea poi: “Mi sono sempre dato la regola di non giudicare i personaggi che interpreto. Cerco di coglierne le sfumature, l’umanità, i conflitti. E in questo Testori è personaggio straordinario. Una sfida per un attore. In fondo nessuno di noi è completamente buono o cattivo”.

Ma chi è davvero Testori? “Un uomo che è partito con una missione, ha poi perduto la bussola. Si è proprio perso, finendo con il compere azioni profondamente sbagliate. E andando avanti continua a fare errori”.

Il direttore Testori è spietato con chi lo merita ma anche all’occorrenza misericordioso. Si identifica nelle biografie deragliate dei detenuti. Lo fa perché lui stesso, per primo, è un uomo spezzato dalla vita.

Il film Ariaferma e la serie televisiva Il Re propongono un viaggio nel mondo del carcere da due punti di partenza differenti. Nel film siamo dalla parte dei detenuti e delle guardie carcerarie, costretti loro malgrado a condividere una comune condizione che mette in campo le loro umanità. Nel caso della serie tv Il Re possiamo conoscere il carcere dal punto di vista del “potere”: quello del suo direttore, che si muove con sue leggi e non si cura di quanto lo Stato impone.

Alla fine – prigionieri, guardie e direttore – sono tutti invischiati in uno stesso destino. Anziché porsi il problema di migliorare le loro condizioni di vita, o addirittura di far sentire forte la protesta contro chi potrebbe farli stare meglio, si confrontano in orizzontale. Anziché alzare lo sguardo sulle responsabilità in alto, si fanno la guerra o trovano compromessi stando con gli occhi rivolti a terra. Cosa c’è, allora, di più emblematico di questo mondo? Come meglio rappresentare la stessa condizione che viviamo noi uomini e donne fuori delle sbarre?

(foto di copertina: Prison Vincent by Dreamstime)

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