“Il Nazionale” è una testata giornalistica di approfondimento. All’interno della sua redazione vi è una pluralità di pensiero, convivono persone molto diverse tra loro, con idee politiche differenti. Ecco perché stonano alcuni commenti ai recenti articoli sui murales. Accanto a note positive e contributi neutrali sotto ai post su Facebook che rimandano agli articoli “Le scarpe rosse torneranno? Non in stradone Santa Lucia“, “Scarpette rosse cercasi” e “La Paglia: Monopoly al posto delle scarpette rosse“, si fanno notare lettori che vedono la testata e i suoi collaboratori come «schierati e faziosi». Il tema che si è innestato, infatti, era la figura di Pier Paolo Spinazzè, in arte “Cibo”, il writer che copre simboli nazisti e fascisti sui muri della città con disegni a tema alimentare, balzato al centro delle polemiche per alcuni suoi post sui social – che lui ha ammesso di aver scritto negli scorsi anni – tutt’altro che inneggianti all’attuale messaggio di pace e di amore con la sua opera graffitara. 

Pier Paolo Spinazzè

Uno dei più accesi contestatori di tali pezzi, Andrea Velardi, consigliere comunale di maggioranza in forza Lega, ci vuole raccontare la sua visione sulla questione, andando a toccare entrambi i temi.
«Non considero l’emersione di tante notizie sul signor Spinazzè come un complotto politico. Servirebbe almeno un movente per dubitare di questo, un fine a cui tendere, ma è difficile trovarne uno per un personaggio che nessuno percepisce come pericoloso politicamente. Io non sono fascista, nemmeno estremista; uno dei peggiori che abbia incontrato è proprio il writer in questione. Il modo con cui si è inserito nel discorso dei murales – prosegue –, in cui non era mai stato coinvolto, neanche nella jam precedente, è un esempio di come colga ogni occasione per strumentalizzare le azioni dell’Amministrazione coltivando un allarme fascismo anche dove vi è invece un esercizio di democrazia, un consiglio comunale che approva un progetto. La tensione politica ci sta, ho rispetto per le idee dell’opposizione e anche per la Circoscrizione, che ha sottolineato la cancellazione dei vecchi graffiti come una perdita incolmabile.»

In un’intervista rilasciata a Serena Dei, lei assicurava che i graffiti a tema sociale sarebbero tornati. Quando?
«A questo punto, con la polemica ormai esplosa su più livelli – precisa Velardi –, non mi va certo che sia un writer a dettare la mia agenda. Mi aspetto invece che ora, chi è attivo sul campo, cioè la Circoscrizione, se ci tiene davvero, provveda al recupero di uno dei muri già individuati dal Comune e realizzi un murale in autonomia, chiedendo come è giusto un nostro contributo. Fare invece di protestare, ecco come la penso; così come si dovrebbe stare attenti a farne una questione morale, una sorta di incuranza del Comune verso la violenza delle donne quando la propria storia non è esente da inciampi, anzi.»

Uno degli articoli, a firma di Francesco Borgonovo, sul “caso Cibo”, pubblicati sul quotidiano nazionale “La Verità”

Stiamo parlando di Cibo, immagino. Di tutte le notizie riportate dai giornali. C’è ora anche un suo video di scuse, oltre alle prime dichiarazioni passate attraverso il nostro giornale. 
«Lui può fare le sue battaglie come paladino del bene, è un bel messaggio e piace a tutti – prosegue il consigliere –. Ma se non vivi quello che predichi, se cancelli le svastiche mentre mandi insulti a Israele, o fai il bullo contro le persone più deboli arrivando al body shaming, è chiaro che sei un’altra faccia della stessa ipocrisia. Sentir parlare di complotto in stile Boffo è offensivo, ma anche solo pensare a un’azione strumentale a fini politici fa sorridere, non è niente del genere. Francesco Borgonovo è di destra? E Selvaggia Lucarelli? Lei ha sollevato il coperchio su chi è – o, meglio, su quante personalità ha – il signor Spinazzè, andando giù molto pesante. È leghista o addirittura fascista anche lei?»

Velardi ha un impegno istituzionale ma ci lascia ad ascoltare le testimonianze di alcuni tra i bersagli delle denunce di Cibo, persone di ogni credo politico che hanno vissuto lo stesso schema: prima la provocazione aggressiva e mirata, seguita poi dagli insulti del lettore e infine da una querela di Cibo contro gli insulti, talvolta arrivando a ringraziare «i “fascy” che abboccano e così mi faccio il panfilo». Anche qui le vittime criticano la sua incoerenza nel lamentarsi ora della gogna mediatica quando non è diversa dal meccanismo da lui stesso più volte innescato.

Certi ambienti sono sicuramente più sanguigni nello scattare alla difesa dei propri valori e, secondo gli intervistati, è stato proprio Spinazzè a strumentalizzare a suo unico beneficio fatti di cronaca recente, sfruttando l’aura oscura che ha avvolto Verona nei media nazionali in seguito al presunto caso di razzismo contro Balotelli, solo per ottenere interviste in televisione. Rimarcano la sua incoerenza tra imputare, come ispirazione per la sua missione di pulizia dei simboli nazifascisti, un fatto abominevole di cronaca veronese come l’omicidio Nicola Tommasoli, ucciso per mano di neofascisti, senza farsi alcuno scrupolo nell’addobbare il sanitario di casa sua con una fascetta tricolore con la scritta “i camerati”, simile a quella sulla corona posta in memoria di un altro efferato omicidio a Milano, quello del giovanissimo militante di destra Sergio Ramelli.

Viene chiesto come mai tutto questo non sia emerso prima. Perché nessuno ha pensato di denunciarlo?
Ne esce un quadro di molti puntini mal collegati tra loro, di continue segnalazioni nel mondo della destra attraverso i suoi blog, senza eco mediatica. A dare una prima fotografia del fenomeno Cibo lontano dalle cronache contribuisce un imprenditore quarantenne veronese che segue da tempo i suoi social e il blog, raccoglie informazioni semplicemente googlando le parole giuste e si confronta con conoscenti di San Giovanni Lupatoto – paese nel veronese dove vive il writer –, proprio nel mezzo della bufera giudiziaria che vede Spinazzé condannato per le minacce al sindaco. La voce comincia a spargersi, Verona è molto piccola e le reti di amicizie si incrociano a tanti livelli: ai casi già noti del mondo di destra, si affiancano persone comuni, di ogni orientamento politico, colpevoli di un commento irriverente o sgradito e subito attaccati aggressivamente, anche in privato: le ragazze lo bloccano subito, altri resistono un po’ di più; tutti salvano le immagini.

Un tweet della giornalista Selvaggia Lucarelli

«Il dossier era sempre più voluminoso, man mano che le persone venivano allo scoperto. Quando abbiamo visto la sua mania di protagonismo, l’acclamazione popolare, le ospitate nei talk show e addirittura le lezioni di civiltà nelle scuole, ci sono girate, davvero; constatando questa ipocrisia sventolata come bandiera, il tema ha cominciato a rimbalzare sulle bacheche Facebook e ha attirato l’attenzione dei media. Quando ho letto che Spinazzè millantava una persecuzione politica, ho sentito il bisogno di spiegare come era nato tutto veramente.» L’interlocutore preferisce rimanere anonimo e non commenta la provocazione sulla vicinanza del giornalista Borgonovo con alcuni politici veronesi, che potrebbe aver, diciamo, agevolato la diffusione del materiale. «I post sono pubblici – taglia corto – chiunque vi aveva accesso, bastava cercare nel modo giusto; il materiale aggiuntivo è il risultato di una presa di coscienza collettiva, di cittadini esasperati dal fango che Cibo insiste a voler gettare sulla nostra città.» 

Da un incontro come questo si esce con molti dubbi in testa, si vuol credere a tutto e anche mettere in discussione ogni punto. Ma, tralasciando per un attimo l’azione in sé di Cibo – il coprire un simbolo d’odio con un altro disegno, seppur colorato e positivo –, si può trarre almeno una conclusione: per ergersi a paladino dell’amore, a difesa dei deboli, è fondamentale essere integri, irreprensibili e, pur con ovvie debolezze, praticare la coerenza tra pensiero e azione. La sensazione tristissima, alla fine, è di delusione per aver scoperto che invece di Batman, chi gira in città somiglia di più a Harvey Dent.