Per gli amanti del pallone, in una domenica di marzo soleggiata ma ancora freddina abbastanza da godersi una pearà, il menù di giornata si presentava a dir poco goloso: il Clasico Real Madrid-Barcellona, il derby di Roma, c’erano pure i quarti di FA cup per gli appassionati del Sunday roast. Insomma, ce n’era abbastanza per abbuffarsi e soddisfare ogni palato calcistico. 

Dalle parti di Verona, però, i grandi appuntamenti del calcio internazionale sono poco più che contorni. La portata principale era sempre e comunque la sfida dell’Hellas e quindi, nello specifico, un interessante Empoli-Verona, anche se giocata nello stadietto forse più triste di tutta la Serie A, con i tifosi gialloblù assiepati sulle impalcature di ferro a digerire il cinghiale in umido. 

Empoli poca cosa, il Verona si adagia

Il Verona è arrivato a Empoli con la panchina più corta dell’anno. Senza esterni, senza registi, senza alternative con tantissimi Primavera e con Cancellieri. Ma tanto il mister non lo vede. Davanti, comunque, c’è il trio delle meraviglie al gran completo e, se girano loro, il Verona non teme avversari.

Sulla carta appare complicato portare a casa punti contro un Empoli che, nei due incontri precedenti dell’anno tra campionato e coppa, ha sempre fatto sudare i gialloblù tra le mura amiche del Bentegodi. Il Verona però è pieno di giocatori che possono giocarsi l’occasione del rilancio, oltre ai già citati tre davanti. In queste condizioni di emergenza, contro un Empoli ancora affamato di punti salvezza e che non vince da un eternità, era lecito aspettarsi una partita intensa, tirata, magari anche sofferta. E invece niente. Camomilla.

Il Verona parte bene, non subisce ma crea poco. Prende subito le misure all’Empoli che, a eccezione dell’armadio Pinamonti che sportella col tosto Casale, sembra essere davvero poca cosa. I gialloblù capiscono in fretta che contro i toscani non ci sarà da soffrire chissà quanto, cominciano a macinare gioco, senza fiammate, senza strafare. 

A centrocampo la coppia inedita Hongla e Bessa non sfigura, tocca tutti i palloni e ingabbia il gioco dei toscani. Sugli esterni Tameze è come sempre a suo agio, e Sutalo a tutta fascia riesce a tamponare l’assenza di Faraoni, pur con un “piede” meno educato. Dietro, oltre al solito Gunter, Casale sembra un veterano e Coppola dimostra ancora una volta il suo potenziale, uscendo bene e permettendosi, ogni tanto, anche di alzare la testa e lanciare.

Una mezz’ora con pochissime emozioni, controllo e sbadigli. Fino alla prima accelerazione dell’Empoli, nata da un paio di contrasti leggeri del Verona a centrocampo e di una marcatura sufficiente da parte di Coppola su Pinamonti. Di Francesco vendica l’esonero del padre con il gol dell’1-0. Il Verona all’improvviso si ritrova sotto nel punteggio e non sa come sia successo. È la serie A, baby. Se vai piano ti superano. 

Dopo il gol il Verona alza il ritmo, ma lo alza di poco. È sufficiente per non fare più sporcare i guantoni di Montipò, ma non è abbastanza per trovare il pareggio. Per segnare ci vuole il fuoco, e il Verona sembra più una fedele stufetta. Fa quello che sa fare, i meccanismi ci sono, ma manca l’intensità necessaria per spazzare via gli avversari dal campo. 

I segnali sono chiari, Barak è ordinato ma compassato, Caprari si limita a qualche percussione ma non aggredisce gli spazi con la solita voglia. Simeone, quando potrebbe colpire al volo verso la porta, controlla e la perde. Pochi scatti, molto passeggio.

Se la serenità diventa leggerezza…

L’episodio del rigore è sintomatico. Al di là dell’errore che ci può stare e non scalfisce minimamente il valore del Cholito, il rigorista è in campo, il vice-rigorista pure, eppure la scelta di spogliatoio è di farlo battere a Simeone. Perché? 

Il bomber è a secco da due partite dopo aver segnato un tripletta contro il Venezia. Non è vicinissimo alla testa della classifica marcatori dominata da Immobile e Vlahovic a quota ventuno reti. Con la squadra sotto di un solo gol contro un avversario assolutamente battibile e l’ottavo posto a tre punti di distanza, la priorità deve essere la squadra, non il singolo. 

È verissimo che, da una parte, il gesto di Barak e di Caprari è segnale di un gruppo solidissimo e di un ottimo clima all’interno dello spogliatoio, ma dall’altra è anche il sintomo di una serenità che non può convertirsi in leggerezza. E l’impressione è che, contro l’Empoli, l’Hellas abbia avuto poca fame.

Cancellieri è l’ingrediente mancante

L’eccezione è in panchina, e Tudor lo sa. Se alla squadra per una volta manca l’appetito, Cancellieri è famelico. Il talentuoso giovane romano quest’anno non ha trovato lo spazio che sperava. La concorrenza davanti è proibitiva e Tudor, bisognoso di un vice Faraoni, non è riuscito a trasformarlo in un esterno affidabile nelle due fasi. Il mister lo vorrebbe lì sulla fascia sinistra, ma dall’inizio preferisce rinunciare alla qualità offensiva per tenere l’equilibrio, e sceglie Sutalo. 

L’infortunio di Coppola cambia tutto. Sutalo arretra e Cancellieri ha finalmente una chance. Entra e porta la fame, la rabbia di chi ha tutto da dimostrare, il fuoco della sua giovinezza impetuosa. Crea l’occasione del rigore, mette in rete un sinistro a giro sopraffino e si prende un giallo a muso duro contro Parisi. Segni di grande personalità soprattutto considerando l’errore grave sul tap-in di testa dopo il palo del Cholito. 

È Cancellieri che risveglia la partita e il resto della squadra. L’irruenza giovanile che in genere si vuole smussare, al Castellani è l’ingrediente mancante. Trasforma il secondo tempo di Empoli-Verona e restituisce a Tudor l’intensità che vuole sempre vedere sul campo. È tardi però per vincerla, finisce uno a uno.

Il Verona torna da Empoli con un punto che sa di poco. Un’altra prova del valore della squadra che, anche in piena emergenza, si permette un pomeriggio di controllo in pantofole a casa di una diretta concorrente. Un’altra occasione persa per restare agganciati all’ottavo posto con la consapevolezza che, con un po’ di fame in più, la partita dell’Hellas poteva diventare un piatto goloso, invece di rimanere un contorno un po’ insipido, a margine dei big match di giornata. 

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