Dodici punti in sette partite sono un bottino che ha dell’incredibile. Durante gli amari Mondiali in Qatar il timore di perdere la prima partita contro il Torino suonava quasi come una sentenza di condanna alla serie B, con la prospettiva di un’agonia inutile fino alla fine della stagione.

Oggi il Verona è nel vivo della battaglia, e chi si sentiva tranquillo di aver già individuato le tre retrocesse, ora suda freddo, con i gialloblù che corrono veloci sul campo e in classifica. 

La partita contro la Salernitana era fondamentale per ridurre ancora il gap e trascinare nuove contendenti nella bagarre della salvezza, in cui il panico e l’ansia di chi si credeva al riparo può diventare un’arma fondamentale per l’impresa gialloblù. Ora i punti che separano il Verona da quello Spezia che credeva di aver martellato gli ultimi chiodi sulla bara della retrocessione sono solo due, con lo scontro diretto e quasi mezzo girone da giocare. Una speranza che è un lusso per chi era dato per morto, e terrore per chi si credeva già salvo.

Nuove alchimie e tanta qualità

Non sono solo i numeri, sia chiaro, a dare fiducia. I risultati sono fondamentali per non perdere il contatto con chi ci precede, ma sopratutto servono alla mentalità, a quel circolo virtuoso che Sogliano ha saputo mettere magistralmente in moto.

Ora l’Hellas è squadra viva. Di più. Ha il fuoco di chi si gioca un’insperata seconda possibilità e si riscopre forte. Non solo intenso, combattente, aggressivo: proprio forte. La Salernitana è una squadra con dei valori importanti, un buon mix di qualità, fisicità ed esperienza, ma il Verona per almeno un’ora se l’è letteralmente mangiata.

Impressiona il centrocampo, con Duda che sembra essere qui da un’eternità. Il polacco si intende coi compagni alla perfezione, Tameze è rivitalizzato e con la tranquillità e le geometrie del biondo al suo fianco può dare il meglio. Gli esterni sanno già che il pallone giusto arriverà: che sia incontro o in profondità, Doig e Depaoli lo capiscono prima, anticipano il movimento e prendono gli avversari in contropiede, oppure attirano il difensore avversario e sparano un filtrante ai mille all’ora per il trequartista come nel caso del gol, rifinito da una pennellata di Lazovic che alza la testa e serve il compagno lontano: la scelta difficile, la scelta giusta. Ngonge insacca al volo.

Foto dal profilo Facebook ufficiale dell’Hellas Verona FC

L’attacco che scende in campo contro i campani è per due terzi nuovo, ma i ragazzi di Zaffaroni e Bocchetti girano alla grande. All’inizio del secondo tempo Ngonge spara alta la conclusione di uno schema da calcio di punizione che sembra fatto da giocatori che si conoscono a menadito, e invece questi giocano assieme solo da un paio di settimane. Bastano a Ngonge per innamorarsi del sinistro di Lazovic. Lo capiamo.

Gaich è un toro. Non è ancora pienamente in condizione, ma è già tanta roba. Un punto di riferimento al centro dell’attacco, pesante sì, ma dinamico. Protegge palla, smista, spizza di testa e la mette giù. Il tunnel per presentarsi all’esordio da titolare mette in chiaro la personalità dell’Argentino, i suoi strappi palla al piede e la sua abilità di girarsi sono già preziosi per liberare gli esterni. Lo aspettiamo sotto porta, ma se si rivelasse anche bomber potremmo aver per le mani un signor attaccante.

Nell’attesa, a timbrare, c’è Ngonge. Mentre noi ci mettiamo d’accordo su come pronunciare il suo nome, lui segna. Il giovane belga ha la dinamite nel sinistro e negli occhi la sfrontatezza dell’attaccante di razza. Il timore non è nel suo vocabolario e, anche se a tratti tendesse all’egoismo, al momento avrebbe ragione lui, perché non si critica un “Venezia” che segna. Oltre alla corsa e al sinistro Ngonge ha portato anche il sorriso, un sorriso che al Verona mancava come l’ossigeno e che per salvarsi può essere fondamentale. 

Persino la difesa, dopo la vagonata di gol concessi nel girone di andata, oggi è tornata ad essere quella macchina ben oliata che ricordavamo. Eppure gli uomini sono gli stessi: Magnani quando sta bene nel corpo e nella mente è un difensore eccellente, Hien ha già gli occhi addosso e per fortuna non è partito a gennaio, Coppola è sembrato il meno sicuro, ma è giovanissimo e aveva di fronte un vecchio volpone come Candreva. È andata benissimo. Gli uomini sono gli stessi, dicevamo, ma ora piovono i clean sheet. Il sospetto è che il centrocampo c’entri qualcosa. Un’altra prova del valore assoluto di Zaffaroni.

L’ottimismo viene dal campo

Oggi si può essere ottimisti, non per i benedetti due punti di ritardo dalla quart’ultima ma per quello che si vede in campo. Con sedici giornate da giocare – e quarantotto punti in palio – chi fa i conti si perde. Se oggi i punti di distacco fossero tre, o se il Verona fosse fuori dalla zona retrocessione, cambierebbe poco o nulla. Ciò che conta è che la squadra vista nelle ultime settimane se la può giocare con chiunque, e che migliora visibilmente settimana dopo settimana, con il cuore che viene sempre più assistito dalla qualità tecnica.

Il Verona oggi è carico a molla, vive e lotta sulle ali di un entusiasmo che si autoalimenta: qualità, punti, fiducia, qualità. Il lavoro di Sogliano è già un successo. Questo non significa che l’Hellas si salverà, nel calcio non si può mai dire, ma a Verona non ci si aspetta nulla se non il lavoro e il sudore. Oggi la squadra lavora sodo, suda e ci crede, e la città fa altrettanto. Se l’Hellas è questo la stagione ha già un senso: ora facciamo l’impresa. 

Verona Salernitana curva sud
Foto dal profilo Facebook Hellas Verona FC

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