Quarto giorno di votazioni, il primo in cui basta la maggioranza semplice per avere il Presidente della Repubblica, quarta vittoria di fila per il partito delle schede bianche. Situazione paradossale che esemplifica la situazione di stallo che tutta l’Assemblea sta affrontando con la soluzione dell’enigma che si sta complicando giorno dopo giorno, chiamata dopo chiamata.

La mossa a sorpresa del centrodestra

La giornata inizia con la decisione di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia di astenersi dal voto. Una scelta che si spiega con il caso Crosetto di ieri: la cinquantina di voti in più raccolti ieri dal candidato di bandiera della Meloni evidentemente ha fatto paura. In parole povere, l’astensione significa che i grandi elettori decidono di rispondere all’appello di voto nominale ma al momento di ritirare la scheda per votare, decidono di non ritirarla e di rifiutarsi di votare. Un metodo palese che permette alla coalizione di contarsi e di essere sicura su quante preferenze può effettivamente contare. Questa volta la prova pare essere stata superata: 441 grandi elettori hanno deciso di astenersi rispettando quindi le indicazioni dei loro leader.

Mattarella piace sempre di più

Continua l’ascesa di voti del Presidente uscente Mattarella, l’unico capace – forse suo malgrado – di veder crescere le sue preferenze giorno dopo giorno. Dai 16 voti di lunedì 24 gennaio è passato ai 166 voti di ieri, una crescita di 150 voti nel giro di quattro giorni che acquistano un significato ancor più pesante considerando che il centrodestra non ha votato. La candidatura Mattarella, quasi per inerzia, inizia a diventare sempre più forte ma che pone non poche incognite. L’unico caso analogo che abbiamo – la rielezione di Napolitano nel 2013 – venne solo al termine dello spettacolare fallimento del Partito Democratico a guida Bersani che sbagliò prima la strategia sulla candidatura di Franco Marini e il giorno dopo quella di Romano Prodi. Solo a quel punto, con il partito di maggioranza ormai allo sbando, Napolitano ruppe gli indugi e accettò la riconferma. Oggi non siamo ancora a questo punto: di fatto nessun vero candidato è stato ancora presentato con il tatticismo estremo di tutte le parti politiche che ormai è il padrone della scena.

Il centrosinistra continua ad aspettare

Mentre Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia decidevano di astenersi, il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle confermavano la linea della scheda bianca. La sensazione che traspare dall’altro lato della barricata è che Letta non voglia esporsi con una sua candidatura vera da portare in Assemblea, per paura di scoprire che il suo partito sia meno forte e coeso di quanto sembri. Non è un segreto che una parte consistente del PD – la corrente di Franceschini – sarebbe pronta ad impallinare con un certo gusto la candidatura di Draghi che è e rimane il preferito del segretario. Letta quindi per non bruciare la candidatura del Presidente del Consiglio preferisce continuare la melina e aspettare lo sviluppo degli eventi. La situazione in casa pentastellata è, se possibile, ancora più nebulosa. Conte una sua linea ce l’avrebbe: Draghi resta a Chigi e Mattarella al Quirinale. Questa linea non è la stessa però di Di Maio che ormai ha una sua idea d’azione autonoma dalle decisioni di Conte e che vorrebbe invece Draghi al Quirinale. In sintesi, la paura dei rispettivi fuochi incrociati delle varie minoranze interne del centrosinistra tiene i due leader inchiodati alla salvifica scheda bianca.

La relatività del tempo durante le elezioni

L’opinione pubblica nazionale inizia a dare segni di forte nervosismo di fronte ad un Parlamento che non è in grado di dare alla nazione un Presidente. Dopo quattro giorni di intrighi, accordi, tattiche e strategie si è ancora al punto di partenza. Il problema in questo caso però pare più di prospettiva che di sostanza. In epoca pre-Covid, i grandi elettori votavano due volte al giorno, quindi di fatto la quarta votazione corrispondeva al secondo giorno di attività. Siamo ancora perfettamente in linea con lo storico delle precedenti elezioni.

Ora però, in piena epoca pandemica, le regole sono cambiate e si vota una sola volta al giorno. Questo sta distorcendo in modo sensibile il percepito della situazione, dilatando enormemente i tempi e rendendo, se possibile, ancor più facile far vacillare candidature e certezze faticosamente conquistate in ore di trattative.

Cosa succede oggi?

Proprio il problema della relatività del tempo sembra essere diventato cruciale. Il Presidente della Camera ha convocato per stamattina la riunione dei capigruppo con un ordine del giorno piuttosto chiaro: si torna a due votazioni giornaliere con buona pace del Covid. Un messaggio piuttosto esplicito per i grandi elettori a decidere in tempo celere il da farsi. Per eleggere Giovanni Leone nel 1978 furono necessarie 23 votazioni, con 15 giorni di elezioni che terminarono la Vigilia di Natale, l’obiettivo è non battere quel record.

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