Viviamo in quella che qualcuno ha definito l’epoca delle “Stelle Fredde”. Del cimitero delle ideologie. Del deserto dei valori. Del mar Glaciale Artico delle passioni, solo tiepidamente riscaldato dal Global Warming. Nell’epoca del nichilismo di massa divenuto comportamento mainstream socialmente accettato.

Il Bardo di Stratford upon Avon, che era un ragazzo sveglio, la nostra epoca l’aveva già capita benissimo, nonostante fosse vissuto 400 anni prima. Quando nel celebre atto primo del Macbeth fa dire alle tre streghe «Il brutto è bello e il bello è brutto» ha già sintetizzato in forma pocket coffee l’essenza della postpostmodernità nella quale sguazziamo, l’epoca del mondo rovesciato. L’epoca dove tutto è indifferentemente sopra o sotto, a destra o a sinistra. E infatti, queste ultime due categorie politiche storiche hanno perso senso, per usare un eufemismo, diventando brand per nostalgici. Seguire il loro declino può essere assai istruttivo per comprendere meglio la brodazza in cui, per forza o per amore, ci tocca sguazzare. La sinistra è stata vittima di una corsa esasperata al ribasso. Sostanzialmente per due motivi: la fuffaggine dei suoi presupposti filosofici (la linearità ascendente del progresso storico) e la fuffaggine dei suoi presupposti economici (il controllo dei fattori di produzione da parte dello Stato).

Quando è risultato evidente perfino agli stessi socialisti che il socialismo non era un’idea giusta che funzionava male, bensì un’idea sbagliata che per funzionare bene aveva bisogno che un numero adeguato di suoi adepti svernasse in salubri gulag ove si tenevano corsi di sgombero creativo con le unghie del ghiaccio dalle rotaie della Transiberiana in sandali di corteccia di betulla, è iniziato un processo altrettanto creativo di ridefinizione degli obiettivi del socialismo stesso, che sono successivamente trasmigrati dal campo sociale, a quello ambientale fino a finire in quello lessicale. Così si è passati dall’emancipazione economica del proletariato all’emancipazione ambientale dell’ornitorinco fino ad arrivare all’emancipazione lessicale dal cattivismo. Processo che per i dirigenti socialisti aveva un indiscutibile vantaggio: un ornitorinco non è un nerboruto metalmeccanico che chiede conto al suo segretario di sezione dei progressi fatti sulla strada dell’emancipazione della classe operaia.

Così, il socialismo si è trovato dal fare la battaglia per l’affermazione del materialismo storico, con schiere di commissari politici in giacca di cuoio e revolver che pendono dalle fondine, al fare la battaglia per definire correttamente la denominazione delle persone che si accoppiano con persone del loro stesso sesso, combattuta in completo di Prada – che peraltro è tanta roba, Prada, dico–. E poi ha avuto pure il coraggio di non capacitarsi riguardo ai motivi per i quali ha perso il contatto con la classe operaia. A destra le cose vanno se possibile pure peggio. Infatti, dato che per la destra non esiste alcuna ideologia di riferimento come esiste per il socialismo, essa ha assunto numerosissime varianti, dal reducismo con la vocazione sfigata per la sconfitta, al tradizionalismo reazionario neoinquisitorio.

La destra, poi, ha un conto con la Realtà altrettanto salato di quello che ha la sinistra: quando è andata al potere, come nella prima metà del Novecento in Europa, ha combinato – diciamo così – qualche guaio. Per uscire da questa impasse ha utilizzato la medesima strategia della sinistra, ridefinire creativamente i suoi obiettivi. Che sostanzialmente ora si riducono all’avversione nei confronti dell’immigrazione, (meglio se proveniente dall’Africa e su un barcone, le altre tipologie, curiosamente, non se le fila nessuno) e al gender, cioè a qualcosa che esiste  solo nelle fantasie di chi è convinto seriamente che si possa provare il desiderio di accoppiarsi con persone del medesimo sesso leggendo un testo scritto. E magari anche ripetendo una formula magica, aggiungerei.

Questa strategia è assai interessante, perché ci consente di mettere bene in evidenza un’importante analogia tra destra e sinistra. Essendo esse staccate dalla realtà quanto la sonda Voyager 1 è in questo momento staccata dalla crosta terrestre, per dare un senso alla loro esistenza necessitano di una strategia di sopravvivenza. Quindi ecco che gender e ornitorinco (o immigrati, è corretto parlare) sono componenti della medesima strategia metapolitica, artifici di fantasia per creare una cortina fuffogena che consenta tanto alla destra quanto alla sinistra di evitare la fastidiosa scocciatura di occuparsi di cose serie, tipo la Realtà oggettiva (attività che peraltro riesce a loro in maniera discutibile) per potersi dedicare a fuffa dall’alto valore propagandistico e dal pressoché nullo valore di utilità.  L’ornitorinco è il gender della destra e il gender è l’ornitorinco della sinistra. Per chi avesse interesse nei dati, attualmente il Voyager 1 si trova a circa 20 ore luce dalla terra, ovverosia circa a 20 miliardi di chilometri.

Tomas Torquemada

Verona è una citta molto fortunata perché tra solo pochi giorni tra le sue mura si consumerà un colossale evento di aspersione di cortina fuffogena che può essere preso a paradigma della strategia di cui abbiamo appena parlato. Infatti in corrispondenza del Congresso Mondiale delle Famiglie in programma a fine marzo, manifestazione di stampo reazionario utile alla famiglia quanto i disegnini con i gessetti colorati sui marciapiedi sono utili per ottenere la pace nel mondo, si sfideranno in un derby tra titani del pensiero due opposti integralismi. Da un lato quelli che ritengono che tutti i problemi della famiglia siano ascrivibili al gender e che la soluzione stia nel clonare Tommaso Torquemada e riprodurlo  enne volte per fargli fare il navigator matrimoniale. Dall’altro una compagine più colorata ma non meno fuffara che invece ritiene che tutti i problemi della famiglia stiano nel fatto che in Italia non è ancora possibile a ricche coppie gay affittare una parte di corpo femminile (vivente, tengo a precisare) per soddisfarne i desideri di paternità. Della serie: parliamo di tutto tranne che di argomenti fastidiosamente concreti, tipo la politica degli asili nido, tanto per citarne uno. O il sostegno al reddito delle coppie che figliano o adottano. Del reso, perché dedicarsi al Reale con fatica se ci si può dedicare a fuffa a costo zero?

Tutto ciò, però, ci impone una domanda: per quale motivo settori molto ampi della società, composti anche di individui culturalmente evoluti, possano prestare razionalmente fede a quello che, giusto per essere benevoli, si può definire un cumulo di boiate? La risposta deve essere cercata in una delle caratteristiche fondamentali della contemporaneità, ovverosia quelle di essere l’epoca delle dipendenze. Se esiste, infatti, una caratteristica peculiare dei nostri tempi è quella che le dipendenze sono talmente diffuse da essere di fatto divenute un comportamento sociale non solo tollerato, ma apertamente incoraggiato.

Dalle droghe più varie all’alcol, al gioco d’azzardo, agli antidepressivi, alla TV ai social la lista delle dipendenze riconosciute si allunga ogni giorno di più. Forse dovremmo pensare che la fede acritica che le masse prestano alle affermazioni più inutili e fuffare della classe politica non sia altro che una pericolosa forma di dipendenza collettiva da una sorta di droga che ha la funzione di astrarsi dalla realtà da cui ci si sente alienati? Se così fosse, si spiegherebbero i consensi reali o virtuali al demagogo di turno che spara la puttanata più clamorosa. Si cerca il pusher che ha la roba che fa sballare di più. Se non è così, qualcuno dovrà spiegare con argomenti convincenti come sia seriamente possibile credere che ci siano libri che fanno diventare gay.