Di fioretto e non di spada. Con il pallone che rotola come costante di metafore e allegorie. Contenuti? Ancora piuttosto vaghi, per scelta. Damiano Tommasi è (finalmente) uscito allo scoperto con due interviste a Corriere della Sera e L’Arena e il suo stile politico e comunicativo appare già chiaro. Non si parla male degli avversari, il calcio diventa esempio di tutto e non si affrontano i temi più spinosi per non spaccare il proprio fronte, unito su di lui, ma non del tutto coeso sul piano delle idee (la sinistra radicale di Bertucco e i liberal di Traguardi viaggiano su binari paralleli…).

Gli avversari per Tommasi restano sullo sfondo, non centrali nella competizione che ha in testa: “Tosi e Sboarina? Ho giocato a calcio con entrambi. Non mi chieda chi vinse, non me lo ricordo” dice al Corriere. Tradotto: niente di personale, tra i due non scelgo l’antagonista e penso solo al mio campo. Ricorda un po’ la strategia veltroniana nel 2008 di non nominare mai l’avversario, quel Berlusconi che poi però vinse quelle Politiche.

Il calcio come unità di misura delle argomentazioni politiche poi ritorna ovunque. Dalle alleanze nazionali – “ho incontrato Calenda e ho parlato con Letta. Chi più chi meno, tutti i partiti hanno tifosi giallorossi” dice al Corriere – all’immigrazione: “Sono stato il primo calciatore italiano costretto a espatriare in Cina nel 2009…”.

Quanto ai temi, Tommasi per ora ha scansato con dribbling secchi tutte le domande più divisive. Le questioni etiche? “Ne discuteremo con la squadra” la sua risposta sempre al Corriere. Filobus e traforo? “C’è un confronto da mesi nella coalizione, servirà ancora analisi e studio” dice a L’Arena. Fiera, aeroporto e Fondazione Arena? “In questa fase sto incontrando persone, associazioni, professionisti…” la risposta sempre a L’Arena.

Insomma, la linea adottata sembra chiara: prudenza! Con un centrodestra spaccato e con i numeri storici del centrosinistra in città (27-28 con dentro Bertucco), basterà per arrivare comodamente al ballottaggio. Poi si vedrà…

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