Avviene che una mattina leggi che un politico, litigando con oppositori di altro sesso e partito per una querelle ideologica di cui ti importa poco, ha proferito la frase: «O si nasce uomini, o si nasce eunuchi. O si nasce fertili, o si nasce donne inutili». Il fatto è accaduto nei giorni scorsi, in un paese del mantovano, in mezzo alla pianura padana. La notizia, ovviamente, è rimbalzata su tutti i giornali.

E ti ritrovi così a pensare alla storia di tante donne, alle loro difficoltà a concepire o a evitarlo, ai sacrifici e alle lotte di chi, prima di noi, ha ottenuto e sta ancora cercando di ottenere diritti di scelta e libertà di vivere. Passato l’attimo di scoramento, però, cerchi di capire perché sia ancora tanto radicata l’uguaglianza donna/madre, che porta inevitabilmente all’ipotesi per cui se una donna non diventa madre non ha alcuna utilità sociale.

Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden

Parte tutto dalla Genesi, da cui traiamo a braccio perché più nota, ma la storia in realtà è molto simile in tutte le religioni. Dio crea l’Uomo (che in origine era un neutro, ma in italiano il terzo genere non esiste, sia mai) «a sua immagine, perché a sua somiglianza domini il creato». Sono spesso considerati sinonimi ma l’immagine mostra come sei, mentre la somiglianza racconta di come vuoi essere e comportarti. Dio crea l’Uomo ma in effetti, nella sua immensa generosità, ne inventa due versioni a incastro, il maschio e la femmina, dando loro il dominio della Terra e – ahimè, qui ci frega – comandando loro di essere fecondi e di moltiplicarsi.

In tutte le dottrine viene infatti ben spiegato che il rapporto tra maschi e femmine è funzionale alla creazione di una famiglia. O meglio: il rapporto sessuale deve avere come ultima finalità la procreazione. Con qualche scappatoia ammessa, dal conteggio dei giorni buoni fino all’uscita anzitempo, ma il pensiero puro durante l’atto (che altrimenti risulterebbe impuro) deve essere rivolto a somigliare a Dio, a creare vita. Vietate quindi forme poco “ortodosse” di sessualità e soprattutto proibito proteggersi da “invasioni esterne”: qui la teoria divina, in altri punti così illuminata, paga il segno dei tempi. Caro Dio, se andava bene finché erano in due, con il moltiplicarsi da te ordinato, e che forse ci è pure sfuggito un po’ di mano, qualche precauzione in più forse era il caso di prevederla.

O almeno potevi fornire agli uomini da Te chiamati a insegnare la Parola, la saggezza di capire quando e come adattare il tuo pensiero iniziale in atti concreti di aiuto e sostegno a questi stessi uomini, di buona volontà ma poca scaltrezza. Aspettare 2000 anni per far arrivare la prima, fioca luce in Vaticano mi sembra sintomo di pigrizia poco divina. Propendo per un tuo continuo e vano tentativo di collegarti col Conclave, in tutti questi anni (che magari a lasciarlo sine clave qualcosa in più del tuo Messaggio sarebbe arrivato).

La bella famiglia di Arturo Mitterer ed Èlia Paternoster: undici figli

Resta il fatto che, per molte religioni, uomo e donna sono chiamati a contribuire alla moltiplicazione; diventa quindi difficile comprendere come si inseriscano nel divin pensiero quei piccoli errori genetici che portano una donna o un uomo (assessore, non dimentichi che capita anche ai maschi) a non essere in grado di concepire. Quando ero io la donna inutile, quella gran teologa mia madre disse che «Dio ci mette alla prova, ci presenta ostacoli perché sa che siamo in grado di superarli. Non riporto la risposta che ne seguì.

Il nemico più grande dell’uguaglianza donna/madre, ma allargherei a questo punto il discorso anche all’uomo/padre, sono gli uomini stessi. Il ciclo naturale della vita prevede lo sdoppiamento delle cellule, animali e vegetali si accoppiano e scoppiano, perfino le formiche nel loro piccolo… trombano! Normale, quindi, che se qualcuno, per decisione o “prova divina”, salta un passaggio venga subito additato come diverso, come un problema.

Anche senza un figlio possiamo e dobbiamo essere felici e sentirci completi. Aggiungerei persino “utili”, in onore dell’assessore (che ormai identifico mentalmente con quello di Cevoli). Avere un figlio è un’esperienza bellissimo e dà una direzione alla nostra vita, ma le strade sono talmente tante e tutte meravigliose che non ha molto senso incaponirsi su una sola, solo perché ci vanno tutti (citazione sottocutanea, elegantissima peraltro: Robert Frost, The road not taken).

Cevoli

Una scelta porta sempre a una rinuncia e il nostro assessore, che prima faceva addirittura l’insegnante (Dio, ma quante prove tutte insieme oggi, eh?), ha scelto di banalizzare, di generalizzare, di insultare le donne senza figli, anche quelle non feconde, chi forse si è arreso dopo tanti tentativi, dopo pratiche simili alla vivisezione, dopo trattamenti ormonali che ne hanno sconquassato l’organismo. Questo “signore” ha rinunciato alla sua umanità, offendendo le persone che hanno tanto voluto un figlio da mettere a rischio la propria vita, che hanno chiesto aiuto esterno, a qualcuno che contribuisse con la materia prima mancante, maschile o femminile, o addirittura con l’ambiente di crescita, alla pro-creazione.

Con tutte queste tecnologie, si vogliono sostituire a Dio, sento dire. Eh no, qui si stanno seguendo le Sue istruzioni, cercando quella “somiglianza” a cui siamo stati chiamati.

All’attacco!!

Un’ultima precisazione riguarda la prima parte della sagace frase del signore, dimenticata nel tornado della comunicazione antisessista iperfemminista che connota il mitologico Uomoperbene odierno. Gli eunuchi, assessore, non nascevano così: venivano sottoposti a mutilazioni genitali. Venivano, in una parola, evirati. Non male, eh? Lo sa anche mio figlio, quel cosino che alla fine ha deciso di arrivare a cambiare la mia vita, quel maschio che sto provando a far diventare Uomo, non eunuco, non sessista, non cretino.