Si comincia lunedì 24 gennaio alle ore 15, quando alla Camera dei Deputati inizierà la prima “chiama” dei grandi elettori che dovranno eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Il settennato di Sergio Mattarella sta volgendo al termine e tutti gli occhi sono puntati sulle elezioni del suo successore.

L’emergenza COVID, in un momento in cui i contagi sono alle stelle, ha creato non poche difficoltà nella gestione dell’elezione.

Elezione che si svolgerà in un contesto del tutto particolare, per garantire ai grandi elettori un voto in sicurezza, con una serie di accorgimenti su cui si è trovata la quadra solamente nelle ultime ore.

In attesa del tredicesimo Presidente della Repubblica

Il successore di Mattarella sarà il tredicesimo Presidente della Repubblica Italiana.

Il primo fu Enrico De Nicola, eletto nel 1946 dall’Assemblea Costituente come Capo provvisorio dello Stato. Il 1° gennaio del 1948, con l’entrata in vigore della Costituzione, in base a una disposizione transitoria De Nicola assunse il titolo e le funzioni di Presidente della Repubblica, che mantenne fino al successivo 12 maggio, quando la scelta dei grandi elettori ricadde Luigi Einaudi.

Proprio Einaudi fu il primo Capo dello Stato eletto secondo le modalità previste dalla Costituzione.

Quirinale al maschile

“Con la mia elezione si è rotto un vetro di cristallo”: così l’attuale ministra della Giustizia, Marta Cartabia, commentò la sua elezione a presidente della Corte costituzionale. Cartabia è stata infatti la prima donna a ricoprire questa carica.

Si attende che questo accada anche nella corsa al Quirinale, che finora è sempre stata una partita giocata tutta al maschile. Nella storia della Repubblica si sono avuti casi di preferenze al femminile, ma sempre in assenza di una candidatura ufficiale e, quindi, di reali possibilità di elezione.

Fino al 1978, nessun nome di donna fu appuntato nei verbali delle elezioni per il Colle: i primi voti al femminile registrati furono quelli che andarono a Camilla Cederna, Eleonora Moro (vedova di Aldo Moro) e Ines Boffardi. Prima di allora, le cronache parlamentari degli anni sessanta raccontano che le preferenze accordate a Sophia Loren vennero dichiarate nulle.

L’unico caso di donna che poté contare su un’investitura politica alle spalle fu Nilde Iotti che, nel 1992, alle elezioni che portarono all’elezione di Oscar Luigi Scalfaro, ottenne 256 preferenze al quarto scrutinio.

Nell’ultima votazione per la Presidenza della Repubblica, che si tenne nel 2015, si registrarono venticinque voti per Emma Bonino e trentasette per Luciana Castellina.

Chi può diventare Presidente della Repubblica?

I requisiti di eleggibilità sono previsti dalla Costituzione. In particolare, per poter concorrere al Quirinale occorre essere cittadini italiani, avere almeno cinquant’anni e godere dei diritti civili e politici.

Il Capo dello Stato più giovane al momento dell’elezione è stato Francesco Cossiga, che fu eletto a cinquantasei anni. Il più anziano, invece, è stato Sandro Pertini che, al momento della sua elezione, di anni ne aveva ottantuno. Un caso a parte è quello di Giorgio Napolitano, che iniziò il suo secondo mandato a ottantasette anni.

La durata del mandato

Il Presidente della Repubblica rimane in carica per sette anni.

Nella storia della Repubblica, finora si è assistito a un solo caso di rielezione: quella di Giorgio Napolitano, che nel 2013, dopo un disastro politico e istituzionale che vide Franco Marini e Romani Prodi impallinati dai franchi tiratori, fu supplicato da quasi tutti i partiti presenti in Parlamento di rendersi disponibile per un secondo mandato. Napolitano si dimise circa due anni dopo la rielezione.

Senza considerare il mandato transitorio di Enrico De Nicola, la presidenza più breve fu quella di Antonio Segni. Eletto nel 1962, rimase in carica circa due anni e mezzo, essendosi dovuto dimettere per motivi di salute.

I grandi elettori

Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune (quindi, dall’insieme di deputati, senatori e senatori a vita), integrato dai cinquantotto delegati delle Regioni. In tutto, per questa elezione parliamo quindi di 1.009 grandi elettori.

L’elezione per il successore di Sergio Mattarella sarà l’ultima con questi numeri: a seguito del taglio dei parlamentari, confermato dal referendum del 2019, nel prossimo Parlamento siederanno 230 deputati e 115 senatori in meno.

Dal Veneto, tre delegati

Per quanto riguarda i delegati delle Regioni, la Costituzione prevede che ogni regione ne elegge tre, a eccezione della Valle d’Aosta a cui spetta un solo delegato.

Per il Veneto, parteciperanno all’elezione del successore di Mattarella il governatore Luca Zaia, il presidente del Consiglio regionale Roberto Ciambetti, della Lega, e il capogruppo del Partito Democratico Giacomo Possamai.

Questione di quorum

L’elezione ha luogo a scrutinio segreto. Per le prime tre votazioni serviranno due terzi dei grandi elettori, pari a 673 voti. Dal quarto scrutinio, sarà sufficiente la maggioranza assoluta, ossia 505 voti.

Solo per l’elezione di Francesco Cossiga e Carlo Azeglio Ciampi, rispettivamente nel 1985 e nel 1999, bastò il primo scrutinio. L’elezione più lunga fu invece quella di Giovanni Leone, nel 1971, che richiese ben ventitré scrutini e quasi venticinque giorni di lavori parlamentari.

Il Presidente della Repubblica eletto con più voti, e quello con meno

Il Capo dello Stato scelto con il più ampio margine fu Sandro Pertini, che ottenne l’82,3 per cento dei consensi (832 voti su 1.011). Quello eletto con il minor numero di preferenze (518 voti su 1.008) fu Leone, con poco più del 51 per cento.

Addio ai catafalchi

Per poter accedere alla Camera, i grandi elettori dovranno esibire il Green pass “base”, avere una temperatura inferiore a 37,5° e indossare la mascherina FFP2.

Durante la votazione, per l’accesso all’emiciclo è prevista una suddivisione dei grandi elettori per fasce orarie prestabilite, procedendo per gruppi di cinquanta, in ordine alfabetico. Rispetto alle due votazioni tradizionali, è stata prevista una sola votazione al giorno, per consentire la sanificazione ed evitare assembramenti. La durata media prevista per ciascuno scrutinio è di circa quattro ore e mezza.

In aula non potranno esserci più di duecento persone contemporaneamente.

I catafalchi (ossia le tradizionali cabine in legno con tendina in feltro bordeaux, usate per l’occasione) saranno sostituiti da cabine più grandi e ariose, comunque dotate di caratteristiche tali da garantire la segretezza del voto.

Seggio “drive in” per i positivi

Dopo giorni di discussione, nella giornata di venerdì 21 gennaio è arrivato il decreto legge – approvato all’unanimità dal Consiglio dei ministri – che permette ai grandi elettori in isolamento o in quarantena di prendere parte al voto per l’elezione del prossimo Capo dello Stato.

Per loro, l’atteso via libera consente di lasciare la propria dimora e di raggiungere il Parlamento con un mezzo proprio o un mezzo sanitario, previa comunicazione all’azienda sanitaria territorialmente competente e solamente per il tempo necessario a votare. Per loro, si è pensato di allestire un seggio “drive in” nel parcheggio della Camera: i grandi elettori entreranno in un gazebo riscaldato, esprimeranno la loro preferenza e consegneranno la scheda ai due deputati segretari, che la riporteranno in Aula e la inseriranno nell’urna.

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