Alla fine, dopo un lungo tira e molla, la presentazione si terrà. Venerdì 14 gennaio alle 20.30, all’auditorium di Veronafiere, il giornalista Paolo Berizzi potrà finalmente presentare a Verona il suo ultimo libro-inchiesta, È gradita la camicia nera: Verona laboratorio dell’estrema destra tra l’Italia e l’Europa (Rizzoli).

Una querelle iniziata a fine ottobre, quando nelle librerie uscì l’opera, e proseguita fino allo scorso 7 gennaio, con l’annuncio della data definitiva dell’evento, inizialmente prevista per metà dicembre e poi slittata ancora. Alla serata, moderata dalla giornalista Jessica Cugini, parteciperà anche Maurizio Landini, segretario nazionale della Cgil, che ha intercesso direttamente affinché l’incontro si potesse svolgere nella nostra città.

Berizzi, in un suo tweet, presentando la serata, ha detto che sarebbe venuto “nella tana del lupo”...

«Le difficoltà ad organizzare questo incontro ci sono state, è innegabile, ma per fortuna le abbiamo superate, grazie all’intervento della Cgil e dell’Anpi. L’editore, al netto di giorni e giorni di ricerche, non ha per lungo tempo trovato una sala disponibile per la presentazione del libro. E questo, in effetti, accade nella città al centro del mio racconto. Evidentemente questa cosa significa che il tema di cui parlo nel libro risulta scomodo per Verona e non solo per la Verona “nera”. Un tema messo per troppi anni sotto il tappeto e che in qualche modo continua a essere messo sotto il tappeto. È talmente scomodo che abbiamo registrato una totale indisponibilità di cinema, sale, teatri e auditorium. Tra spiegazioni imbarazzate, date piene fino al 2050 e via dicendo, per settimane e settimane non siamo riusciti a trovare un luogo che ci ospitasse. Strano per una città in cui c’è sempre grande fermento culturale.»

Il sindaco di Verona Federico Sboarina ha contestato duramente queste sue affermazioni, negando che ci sia stata la volontà di ostacolarla…

La copertina dell’ultimo libro di Paolo Berizzi, È gradita la camicia nera, Rizzoli, 2021

«C’è una zona grigia che ha paura di ospitare la presentazione di un libro che denuncia la Verona nera e i suoi collegamenti con il cosiddetto Palazzo. Io credo che i timori siano legati non solo all’ordine pubblico, ma anche a un motivo di opportunità. Perché con le amministrazioni comunali i gestori di sale pubbliche e private si interfacciano continuamente, perché ci sono i patrocini, i finanziamenti, le risorse, le partnership. Permettere di raccontare questo tema ingombrante è difficile a Verona. Il che pone una domanda: visto che in democrazia i libri, tutti, anche quelli che non piacciono, si presentano e non si boicottano o censurano, io credo che la Verona democratica e progressista, solidale e attenta ai diritti di tutti, meriti di riflettere almeno per una serata sui contenuti di questo libro.»

Alla fine, dopo vari spostamenti (inizialmente l’incontro doveva svolgersi il 15 dicembre presso il teatro della Santissima Trinità, ndr), ad ospitarla sarà la Fiera, un ente partecipato dal Comune. Si aspetta contestazioni, come in occasione della presentazione di Nazitalia, quasi tre anni fa?

«Spero di no, ma non per me, che purtroppo sono abituato. I miei incontri pubblici e le presentazioni di libri – è accaduto decine di volte in questi anni – offrono sempre un pretesto ai gruppi neofascisti per contestarmi o appendere striscioni minatori e offensivi. Per cercare di impedire fisicamente la presentazione nel 2019, Castellini, allora referente per il nord Italia di Forza Nuova, organizzò una manifestazione ad hoc. Mi auguro che questa volta non ci sia bisogno di blindare un quartiere con decine e decine di poliziotti, come avvenne in quell’occasione, per la presentazione di un libro. Sarebbe assurdo. Anzi, in generale trovo assurdo che un libro debba diventare un tema di ordine pubblico. E devo ammettere che con queste modalità è accaduto con me solo a Verona. L’estrema destra tentò di impedire la presentazione prima attraverso le vie istituzionali attraverso una petizione al Sindaco del Consigliere Andrea Bacciga, allora vicepresidente della commissione Cultura, e poi con la mobilitazione di Castellini. Si presentarono in circa 150 ultrà e militanti neofascisti per insultarmi e salutarmi con il braccio teso. All’epoca volevano ostacolare Nazitalia perché in un capitolo si parlava della Curva dell’Hellas. Io mi auguro che questa volta l’incontro si possa svolgere in un clima sereno. Se questo non accadrà vorrà dire che ancora una volta la Verona nera avrà dimostrato di che pasta è fatta. D’altronde i nonni di questi signori i libri li bruciavano. Non mi sorprende che i loro nipotini, per i quali la cultura rappresenta un campo minato, si confermino per quello che sono.» 

A proposito di Bacciga: il consigliere è, proprio con Castellini, uno dei “protagonisti” del suo libro…

«È uno dei tanti anelli di congiunzione fra la destra estrema, neofascista, che ha nello stadio uno dei suoi laboratori, e la destra di potere, istituzionale, che governa la città. È vicinissimo al sindaco, eletto nella lista Battiti e oggi passato alla Lega, è uno che fa il saluto romano in aula del consiglio comunale (è a processo per questo, ndr) e non ha mai nascosto le sue idee di estrema destra. È uno di quei rappresentanti politici che siedono nelle istituzioni cittadine e che portano le istanze e i temi e i simboli dell’estrema destra neofascista. Non è certo l’unico, ma uno dei tanti. Nel libro li racconto, faccio nomi e cognomi. Sono delle figure di raccordo che fanno comodo sia alla destra in doppiopetto, sia all’estrema destra di strada, alle camicie nere, perché fa un favore agli uni e agli altri. È una sinergia di sistema tra i gruppi neofascisti e la destra di potere, cosa che a Verona avviene come in nessun altro luogo in Italia. Di fatto è al governo della città, con un sindaco eletto come indipendente di centro-destra ma che poi aderisce a Fratelli d’Italia, partito erede del fascismo e che ha nel suo simbolo la fiamma tricolore dell’Msi.

Paolo Berizzi, foto di Maria Alessandra Bellomo – Opera propria, CC BY-SA 4.0

Bacciga è un avvocato che difende i militanti di estrema destra e gli ultrà dell’Hellas che dalla Curva Sud inneggiano ad Adolf Hitler, Rudolf Hess e via dicendo. È una persona che alla presentazione veronese di Nazitalia tentò continuamente di provocare, non tanto me e gli altri relatori, ma il folto pubblico che riempiva quella sala e che rappresentava la Verona democratica, progressista e antifascista. Nessuno, per fortuna, cadde nella provocazione, ma fu un atteggiamento grave, vista la lunga vigilia durante la quale l’autore del libro ricevette minacce anche di morte – tutte regolarmente denunciate – da parte di gruppi neofascisti. Ma a parte l’episodio, è sul ruolo che assumono queste persone sul quale trovo che a Verona si debba riflettere. Stiamo parlando di chi di fatto fa da trait d’union fra il palazzo e il mondo composto da picchiatori da stadio, violenti e razzisti, di gente già condannata da sentenze per odio razziale e violenze di varia natura. Dove per palazzo non intendo solo Palazzo Barbieri, sede della Giunta e del Consiglio comunale di Verona, ma anche tutti quei centri di potere che a Verona gestiscono parecchi soldi. Due mondi che a Verona vanno a braccetto.»

Alla prova del voto i partiti neofascisti hanno quasi sempre percentuali bassissime, anche a Verona. Come se lo spiega?

«I partiti di estrema destra sono stati assorbiti da partiti che non hanno percentuali da prefisso telefonico: uno dei due è la Lega e l’altro è Fratelli d’Italia, i due partiti sovranisti. C’è stata negli anni un’operazione di sdoganamento della galassia nera. Tanti elettori di estrema destra non votano più Forza Nuova o Casapound, ma votano per partiti che meglio di questi rappresentano le loro battaglie (come quella contro gli immigrati) e ciò spiega anche il perché dei numeri sempre molto bassi dei partiti duri e puri. Ma il punto è che i neofascisti non si pesano. Il tema non è quanti sono, ma chi sono e cosa fanno. I grandi partiti sovranisti sono diventati partiti di opinione. I partiti di estrema destra, invece, garantiscono la militanza, conoscono bene il territorio e a volte svolgono il lavoro sporco. Sono utili ai partiti sovranisti e c’è un interesse reciproco, osmotico, a che continuino ad esserci.»  

Nella sua inchiesta spiega quali siano i rapporti più o meno celati fra l’estrema destra e il potere a Verona, dalle origini fino ai giorni nostri.

«C’è un aspetto legato alla storia, al passato. Verona è stata sempre un luogo centrale, quasi nevralgico, sia per il fascismo storico sia per la vicenda tragicamente grottesca della Rsi. Questo filo nero che parte da lì continua con la stagione dell’eversione, con i gruppi estremisti, Ordine Nuovo, il Fronte Nazionale, la Rosa dei Venti, Ludwig, e poi via via fino ai giorni nostri. È un vero e proprio filo nero. Al netto di quarant’anni di governo democristiano, però, questo processo di trasformazione del laboratorio inizia con l’avvento di Flavio Tosi. È con lui che la destra inizia a strizzare l’occhio alla destra estrema. Non a caso Umberto Bossi lo accusò di fare questa operazione, perché Tosi fu uno dei primi a portare i fascisti dentro i palazzi. Ricordo il caso di Andrea Miglioranzi, bassista del gruppo nazirock Gesta Bellica, nominato presidente dell’Istituto Storico della Resistenza in rappresentanza del Comune. Tosi iniziò questo processo che poi è stato portato avanti da Sboarina, a suo tempo assessore allo sport della prima giunta Tosi. Oggi, va detto, Tosi ha compiuto una parabola politica che l’ha portato a posizioni più moderate e che conosciamo, ma ci ricordiamo quando andava a braccetto con le camicie nere e aveva consensi diciamo trasversali.»

Nel sistema che lei descrive pare avere un ruolo importante anche il mondo ultracattolico…

«Sì. A Verona si crea una vera e propria saldatura di tre mondi: i gruppi neofascisti, la destra istituzionale e di potere (che distribuisce poltrone) e quel mondo di ultracattolici, reazionari e oscurantisti, omofobi e antiabortisti, che organizzò il Congresso mondiale delle famiglie in Gran Guardia nel 2019.»

Giorgia Meloni al WCF, il Congresso mondiale delle famiglie, svoltosi in Gran Guardia, a Verona, nel 2019.

Viene anche raccontato del filo diretto con il mondo dei no-vax. Qual è, secondo lei? 

«C’è una congiuntura che si è creata ormai da oltre un anno e mezzo fra l’estrema destra e il mondo dei no-vax e i no-lockdown, no Green pass, insomma, i “no-tutto”. L’estrema destra sta sfruttando la pandemia per ritornare sulla scena, per occupare le piazze, per conquistare quella attenzione che ormai da anni non aveva più. Ai fascisti in realtà non interessa nulla dei vaccini e dei Green pass, ma utilizzano la paura e il disagio di queste persone per attaccare frontalmente la democrazia. È vero che in alcune città si sono visti gruppi antagonisti e anarchici e anche alcuni brigatisti rossi nelle piazze a manifestare, ma è inconfutabile che nella cabina di regia di queste manifestazioni ci siano soprattutto i neofascisti. C’è un alone nero sul muro dei no-vax. Sono mondi che si intrecciano e i riferimenti osceni, schifosi, al nazismo che si vedono in queste manifestazioni è la prova che i negazionismi del virus sono i negazionismi della storia. Chi grida alla dittatura sanitaria sono gli stessi che rimpiangono davvero la dittatura. È una saldatura che continua e che può portare a delle derive pericolose. Chi le minimizza o sottovaluta compie un errore grossolano. Il fascismo inizia sempre creando i nemici del popolo e oggi nelle piazze si indicano il governo, gli scienziati, i sindacati e anche i giornalisti come nemici del popolo. Questa narrazione è una delle modalità usate da sempre dal fascismo. Per questo bisogna sempre tenere gli occhi ben aperti.»

Lei ritiene davvero che Verona possa diventare, un giorno, un modello da esportare?

“Verona è un modello possibile di futuro per la destra italiana. Se la destra sceglierà alla fine quella linea, la salute della democrazia nel nostro Paese sarà messa a dura prova.» 

Che impatto si augura abbia il suo libro in città? 

«Tengo molto a dire una cosa. C’è una Verona straordinaria non solo per le sue bellezze storiche, monumentali, artistiche, ma anche per il suo essere solidale, democratica, a favore dell’accoglienza, della cooperazione, laica e cattolica, che lavora per il bene di tutti. Una Verona che pensa che ci siano altri mondi oltre le sue mura, che contrasta il razzismo e le discriminazioni. Una Verona virtuosa, insomma. Il problema è che questa Verona è spesso ostaggio della narrazione della Verona nera, utilizzata dalla politica strumentalmente. La Verona bella fa molta fatica a uscire sui media. Se ne parla pochissimo, schiacciata nell’angolo da quest’altra Verona. Ho deciso di scrivere questo libro anche per far si che il problema venga tirato fuori e affrontato in modo netto, senza più tentennamenti, affinché la Verona virtuosa possa finalmente affrancarsi da quell’ombra. La colpa, secondo me, è di quei politici che hanno voluto cucire addosso alla città questa chiusura. Il “non c’è mondo oltre le mura di Verona” è la convinzione principale del buon butèl veronese che si erge a guardiano di queste mura. A volte questa protezione finisce male, come nel caso Tommasoli, che è considerato diverso e per questo viene ucciso. Perché porta i capelli lunghi e i vestiti non alla moda. Il buon butèl diventa allora fascista perché non ha studiato la storia, perché fa “figo” indossare un cappellino o una felpa con il logo degli Scaligeri, perché viene attirato dalla potenza delle suggestioni e l’educazione di un fascista, da sempre, fa leva sulle suggestioni. Il fatto che presenteremo questo libro, e sono sicuro che sarà una serata molto partecipata, rappresenta un’occasione per la Verona bella di uscire dall’ombra.»

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