Nel film Jojo Rabbit (premio Oscar alla miglior sceneggiatura non originale) c’è un’intera sequenza ambientata all’interno di un campo di addestramento della gioventù hitleriana. Scene di finzione, per di più in chiave satirica, ma che in fondo ci parlano del ruolo dei giovani nella cultura dell’odio e dell’influenza che l’ideologia ebbe sull’infanzia della Germania nazista. Il partito, com’è noto, aveva sviluppato dei programmi per indottrinare bambini e ragazzi a diventare macchine da guerra a servizio del Reich. La pellicola sbarazzina di Taika Waititi accende i riflettori su un proselitismo che forse non è mai morto. Anzi, secondo il giornalista Paolo Berizzi, inviato di Repubblica, nel nostro Paese sta addirittura attraversando una nuova primavera.

Una scena di “Jojo Rabbit”

«Da nord a sud l’Italia è percorsa da una tendenza ormai visibile e capillare, capace di modellare i costumi e la mentalità attraverso potenti suggestioni», scrive nel suo ultimo libro L’educazione di un fascista, appena uscito per Feltrinelli, di cui si parla domani, martedì 18 febbraio alle 18, nella sala Lucchi di piazzale Olimpia, dove il 26 giugno scorso Berizzi aveva presentato Nazitalia. «C’è una rete di palestre in cui gli sport da combattimento si usano per allevare picchiatori, militanti, “uomini nuovi”. Sono tornate le colonie estive per insegnare l’ordine e l’obbedienza ai bambini. Inquietanti formazioni neofasciste indottrinano i giovani soldati politici per presidiare le curve degli stadi e le scuole, le associazioni e le piazze».  Da un anno Berizzi vive sotto scorta a causa delle intimidazioni ricevute per le sue inchieste sull’ultradestra. Su Repubblica tiene una rubrica fissa, Pietre, che ogni giorno racconta un episodio di razzismo, antisemitismo o bullismo politico. È noto per non avere peli sulla lingua e per aver trattato diverse vicende che hanno portato Verona sulla cronaca nazionale. Fra queste, il caso recente degli otto ultras dell’Hellas «daspati» dalla Questura di Bologna per aver indossato dei berretti con l’immagine stilizzata di Hitler dentro lo stadio Dall’Ara. 

Una parte importante del suo nuovo libro tratta dell’indottrinamento dei giovanissimi che avviene durante le colonie estive organizzate dall’associazione Evita Perón, la costola femminile di Forza Nuova, per «i figli di famiglie italiane indigenti», spiega l’autore, «in una forma di assistenzialismo subdola (in Nazitalia la chiamava Welfare nero, nda) che punta sugli italiani poveri per alimentare dinamiche di conflitto con gli ultimi della società, cioè gli immigrati». Parlandone, Berizzi riferisce di episodi «in cui ai piccoli vengono fatti cantare in coro brani come Nostri canti assassini del plurilatitante Massimo Morsello, conosciuto come “il De Gregori nero”», terrorista dell’area dei Nuclei armati rivoluzionari. «Un inno dell’estrema destra, in un periodo in cui l’estrema destra piazzava bombe per destabilizzare lo Stato, mandato a memoria come se fosse una poesia di Pascoli durante la recita scolastica».

I berretti sequestrati ai tifosi dell’Hellas prima della gara contro il Bologna con l’immagine stilizzata di Adolf Hitler

Soprattutto in aree extraurbane, dove la presenza delle istituzioni si percepisce meno, «l’estrema destra colma un vuoto», commenta, «trasmettendo a un pubblico inconsapevole, fatto principalmente di giovani, valori che conservano il culto dell’autoritarismo, della violenza, la disciplina militaresca e la pulsione identitaria che già una volta hanno formato una generazione di ragazzi». L’arruolamento avviene attraverso simboli e suggestioni. «L’abbigliamento, gli slogan identitari, i concerti, lo stadio… Sui ragazzi hanno presa, perché li fanno sentire parte di un gruppo, di un branco». Nascono così i fascisti 3.0, «una nuova generazione di camerati completamente diversa da quella in camicia nera, che cresce nel solco dei nazionalismi e populismi».