A Verona ormai si è entrati nel vivo della campagna elettorale. Mancano poche settimane al voto del 12 giugno per l’elezione del Consiglio comunale e del sindaco. I principali candidati alla poltrona di primo cittadino (il sindaco uscente Federico Sboarina, l’ex sindaco Flavio Tosi e la new entry Damiano Tommasi) sono nel pieno del tour de force di appuntamenti elettorali allo scopo di incontrare i cittadini, per tastare il polso dell’elettorato e proporre la loro visione di città futura.

A sostenere la coalizione di Damiano Tommasi – che raggruppa di fatto per la prima volta tutto il centro-sinistra cittadino, c’è anche il principale partito dell’area, il Partito Democratico che ha avuto in questi anni in Consiglio comunale fra i suoi rappresentanti anche Elisa La Paglia, che abbiamo contatto per avere da lei un quadro generale, dal suo punto di vista, dello stato di salute di Verona.

La Paglia, anzitutto un bilancio sugli anni di questa amministrazione a Verona…

«Sono stati cinque anni tosti. Abbiamo faticato a far passare le migliorie nei vari campi. Penso in particolare al primo anno e alle grandi battaglie sull’Arsenale, ma anche al tema del verde e dell’urbanistica, che sono state le aree sulle quali siamo entrati più in contrasto con l’amministrazione, senza riuscire a far passare quelle che erano le nostre idee per Verona. Dal mio punto di vista in questi anni è stata molto penalizzata ancora una volta la cultura: tanto per dire non è stato riaperto il Centro internazionale di Fotografia e l’area stessa della cultura in Comune è stata depauperata in termini di personale e di fondi. Nei giorni scorsi è stata inaugurata in Gran Guardia la mostra di Caroto e di questo riconosco davvero il merito a Francesca Rossi e a tutto lo staff dei musei di Verona, ma devo dire che la mostra arriva dopo cinque anni di grande silenzio in questo campo».

E su temi quali i trasporti e la mobilità?

«In tema di trasporti, abbiamo visto il filobus fermo per cinque anni e quindi con questo anche gli investimenti che non arrivano, come le migliorie promesse. Se parliamo di mobilità alternativa, abbiamo visto per cinque volte l’inaugurazione della stessa pista ciclabile e si è fatto poco o niente in tema di barriere architettoniche; si sono fatti dei piani solo per il centro storico senza stanziare fondi per l’abbattimento delle barriere, che al contrario si continuano a produrre perché mancano la formazione e il controllo sui lavori pubblici. Abbiamo provato ad aumentare le dotazioni per il Comune che derivano dalla parte urbanistica, oltre a mettere a terra una pianificazione dei quartieri condivisa con le stesse circoscrizioni. Grandi promesse ma a conti fatti le circoscrizioni (di ogni colore politico) sono state escluse dalle strategie sul loro territorio. Anche le occasioni di riqualificazione si sono tradotte nell’utilizzo di fondi pubblici per le migliorie di progetti privati, depauperando i territori di risorse preziose per le opere che aspettavano».

Elisa La Paglia

Altri tema attuala è quello del Piano Folin. Che ne pensa?

«Una delle ultime battaglie in Consiglio comunale è stata quella di cercare di non separare dal Piano Folin la parte culturale, che sarebbe dovuta essere quella che giustificava la modalità utilizzata per cambiare la destinazione d’uso degli spazi della Fondazione Cariverona. Abbiamo un centro storico molto ricco, abbiamo idee sul futuro di alcuni musei della città – ad esempio penso a Castel San Pietro come museo della storia della nostra città, così come il Palazzo del Capitano e Palazzo Forti – eppure tutto è stato stralciato a dopo il 2030, tranne che l’albergo».

Il riferimento, ovviamente, è al Marriott…

«Nemmeno in questo caso si è dato ascolto ai territori. In particolare alla circoscrizione che metteva in primo piano il tema delle barriere architettoniche. Sono state trovate altre urgenze del tutto inaspettate. Una grande occasione persa, perché invece di far procedere di pari passo l’interesse pubblico con quello privato, si è preferita invece una modalità di deroga sul tema del turismo che ha aperto in poche settimane le porte a oltre un migliaio di nuove camere d’albergo senza alcuna pianificazione. Il settore del turismo poi, non ha avuto anni semplici e credo che sia necessaria una pianificazione condivisa con i professionisti del settore per dare un obiettivo alla città».

Cosa ne pensa del verde pubblico a Verona?

«Sul tema del verde direi che dobbiamo prendere spunto e copiare da altre città vicino a noi. Sappiamo quanto sia importante strutturare le città in modo che il verde costituisca il benessere nei quartieri, rappresenti una migliore qualità della vita, un aumento del valore immobiliare e della qualità ambientale. Non trovo un altro tema cosi vincente su tutti i fronti altrettanto bistrattato dalle amministrazioni degli ultimi 15 anni. Padova sta piantumando decine di migliaia di piante e di alberi ad alto fusto e ha aumentato il numero dei parchi urbani nei cinque anni di amministrazione. Non si capisce perché dopo i cinque anni di Sboarina tornano le promesse ma i fatti sono a zero».

Altro tema è la situazione giovanile, rilanciato recentemente dal sindaco uscente sul tema sicurezza e baby gang.

«Da molti anni chiedo al Comune uno sforzo per cambiare la destinazione di alcuni fondi per le emergenze alla prevenzione e considero fondamentale la parte educativa in alleanza con la scuola. Devo dire che con l’assessore Bertacco siamo riusciti ad inserire il Progetto Benessere in alcune scuole. Purtroppo non è diventato capillare, con l’arrivo del Covid i problemi si sono inaspriti e nello stesso tempo i fondi ministeriali alle scuole hanno consentito di sostenere un’iniziativa simile: uno sportello per studenti, genitori e insegnanti con un’equipe multidisciplinare di psicologi ed educatori con l’obiettivo di affrontare i problemi appena emergono, dalle scuole per l’infanzia fino alle superiori. Altro progetto che sono riuscita a far partire è il sostegno al linguaggio ai bambini e alle bambine bilingui dai tre ai sei anni. Questo significa portarli alla scuola dell’obbligo con una formazione che permetta loro di vivere un percorso pieno».

Quindi più che di sicurezza dobbiamo parlare di educazione?

«Non ho parlato direttamente di baby gang perchè dobbiamo creare le condizioni affinche le future generazioni di Verona abbiano percorsi scolastici ricchi e soddisfacenti, in modo da sostenere la loro autostima e dare pari opportunità di esprimere i loro talenti al meglio. É un lavoro di lungo periodo, inziato negli ultimi mesi dell’amministrazione. Sugli adolescenti invece altri Comuni, specie nella zona ovest di Verona, hanno investito sugli educatori già da venti e in qualche caso addirittura trent’anni. Un’altra impostazione rispetto a noi, ma dato che abbiamo la delega ai minori, è un’attività che dobbiamo fare. Nel nostro Comune, questo compito è affidato alla progettualità del terzo settore che trova poi finanziamenti nelle fondazioni private. Sono servizi meritori ma senza carattere di continuità, quindi non riescono a diventare punti di riferimento per le famiglie. Dove la struttura è comunale, invece il percorso di affido, di presa in cura e di riferimento della famiglia nasce già nei primi anni di vita dei bambini, quando i genitori sono molto più attenti. Questo punto di riferimento sarà più importante poi col sopraggiungere delle fasi più delicate dell’età. Intervenire precocemente fa la differenza».

L’inclusione come chiave per disinnescare i comportamenti violenti, insomma…

«Questi problemi non sono solo veronesi ma riguardano tutta Italia. La differenza tra i Comuni dipende dalle politiche che si mettono in campo. Se il sindaco risponde con il Daspo e con lavori umilianti, non ha capito nulla di questo mondo. Dobbiamo dare ascolto, capire le ragioni della devianza dei comportamenti, una devianza che spesso si accompagna a campanelli d’allarme che sono visibili nel mondo scolastico e nella famiglia. Se la famiglia non ha opportunità di farli emergere, interviene la scuola. Serve alleanza tra scuola e famiglia, ma serve anche una struttura, inutile investire se non c’è poi continuità. Credo che Damiano Tommasi, molto sensibile e con grandi competenze perché direttore di una scuola di eccellenza in questo senso, sia la persona giusta».

Vede possibilità di una cooperazione con le altre forze politiche in vista di un rilancio della città di Verona?

«Damiano Tommasi ha più volte ribadito di non voler gettare nel cestino il lavoro fatto dalle precedenti amministrazioni, perché in quel caso si perdono opportunità, fondi, investimenti e si spreca tempo prezioso. Oggi il Comune ha ridotto di un terzo il personale attivo dieci anni fa, una scelta politica che si è tradotta nella riduzione dei servizi: l’anagrafe, la biblioteca, le case della comunità. Tutto questo va sanato. Anche i fondi della Tav secondo noi andrebbero dirottati verso la metropolitana di superficie, Dobbiamo togliere auto dalle strade e noi stessi dalle auto, per un tema di sicurezza e di rapidità degli spostamenti. Portiamo avanti questa battaglia da molti anni e ritengo che la qualità della nostra vita meriti un trasporto pubblico di massa. Il filobus non è sufficiente. Per il resto, sui fondi del Pnrr mi auguro che riusciremo ad averli e allo stesso tempo che riusciremo a salvaguardare quelli dei bandi in corso. So che gli uffici stanno lavorando ad un bando per abbattere le barriere architettoniche anche nei musei. Questo tipo di investimenti è fondamentale in vista delle Olimpiadi. Penso anche al Parco del Pestrino, dove sta per arrivare un importante investimento immobiliare che deve essere anche utile sul fronte sociale e compatibile con l’ambiente. Credo che qualsiasi forza politica possa dare il suo contributo, l’importante è che si lavori per l’interesse della collettività. Per noi gli ultimi cinque anni sono stati molto duri perché qualsiasi proposta fatta da noi opposizioni in aula veniva rimandata in Commissione. Un altro appello positivo di Tommasi è la chiamata di tutti i cittadini a un ruolo attivo per il rilancio della città».

Quali sono iniziative e progetti che come battaglie personali desidera realizzare per la città?

«A me sta molto a cuore il benessere delle persone. Penso che sui quartieri vada fatto un grande investimento sui parchi urbani, sul portierato sociale per gli anziani, sui servizi, sui centri aggregativi per i giovani. Li è la chiave della qualità della vita delle persone; per tornare a essere comunità bisogna passare attraverso la cura dei quartieri. È un primo passo che cambierebbe subito la qualità della vita delle persone. Sul tema della povertà educativa si è fatto qualcosa ma come maggioranza si potrebbe fare molto di più. Dare pari opportunità ai bambini e alle bambine di Verona vuol dire rimettere in moto l’ascensore sociale, qualificare il loro lavoro futuro. Su questo l’aiuto che si può dare ai più poveri non è solo economico. Le dinamiche che si instaurano sulla povertà educativa sono molto complesse ma una risposta va data, se vogliamo fare un investimento sulla Verona di domani. Altre questioni su cui si può fare molto di più e sulle quali le mie proposte sono rimaste depositate come mozioni ma non sono arrivate nemmeno alla discussione in aula sono quelle sulla maternità e il sostegno alle donne. Quando mancano i servizi all’infanzia le donne si rivelano la parte più fragile. Quanto si può fare di più per quei mille giorni (gravidanza e primi anni di vita del neonato) e quanto poco facciamo invece, per quel periodo che è fondamentale per la vita del bambino. C’è un tema molto trascurato ed è la parte sanitaria. Il nostro sindaco è stato del tutto assente sul tema della medicina del territorio e io penso invece che i Comuni debbano dire la loro e mettersi a disposizione, trovare le strutture e fare rete. Servono servizi di prossimità, non si può aggregare tutto in ospedale, non funziona né è economicamente utile né efficace.».

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