Il 10 dicembre 2021 è previsto uno sciopero nazionale, con corteo a Roma diretto al Ministero dell’Istruzione, che mette insieme quasi tutte le sigle sindacali. Per capire le ragioni di questa scelta, non facile in tempi di nuova emergenza Covid, parliamo con Beatrice Pellegrini, segretaria veronese del sindacato FLC CGIL.

Dal 13 settembre ad oggi un docente ha ricevuto ben otto comunicati che annunciavano degli scioperi. Certo sintomo di un disagio del mondo dell’istruzione…

«Facciamo un preambolo. Questo è vero; dipende dal fatto che, grazie all’ultimo accordo quadro sullo sciopero in tutela del diritto costituzionale di manifestare il dissenso, ogni associazione sindacale – anche con un numero irrilevante di iscritti – possa proclamare lo sciopero, ingenerando la sensazione che questo strumento abbia perso di efficacia. Attenti però che, nell’informativa al personale sulla proclamazione, si deve comunicare la rappresentatività del sindacato promotore. E allora si scopre che molte di queste sigle sindacali che, magari, hanno indetto scioperi illegittimi ad oltranza contano appena 74 iscritti in tutta Italia e neanche tutti del comparto scuola. Qui parliamo di uno sciopero, quello del 10 dicembre, che invece riunisce CGIL, UIL, SNALS, GILDA insomma, le sigle sindacali, che nel loro insieme costituiscono più del 50% del personale iscritto.»

Le ragioni del dissenso devono allora essere profonde…

Beatrice Pellegrini

«La misura è colma. Abbiamo condotto una trattativa serrata con i diversi premier e con i vari ministri dell’istruzione, da Bussetti (2018) all’attuale ministro Patrizio Bianchi e abbiamo ottenuto infinite rassicurazioni e solenni impegni affinché si potesse appunto conquistare un riconoscimento dignitoso per la retribuzione del personale scolastico che è a livelli stabilmente inferiori alla media europea a fronte di un contratto nazionale scaduto da tre anni. Rispetto alla media europea, il gap si aggira attorno al 15% a parità di anzianità di servizio e di titolo di studio, ma questo gap arriva al 35 – 50% se ci confrontiamo in particolare con Paesi come la Germania, Spagna e Francia, senza contare però che il nostro calendario scolastico è il più lungo.

Prima della pandemia abbiamo siglato una serie di impegni e protocolli, l’ultimo con il patto speciale per la scuola di maggio: promesse che, alla verifica dei fatti, sono state disattese e ora scopriamo che le risorse assegnate alla scuola in legge di bilancio sono irrisorie, lo 0,6% del valore complessivo. Le risorse per il CCNL scaduto nel 2018 sono pari a 87 euro lordi per docenti e circa la metà per il personale ATA con 15 anni medi di servizio; ci aspettavamo un aumento tabellare di almeno tre cifre e ci ritroviamo con gli spiccioli, un’elemosina offensiva per un comparto che in questi due anni ha fatto i salti mortali per garantire la continuità didattica seppur da remoto… Eppure ci ricordiamo bene i discorsi del Presidente della Repubblica e del Presidente del Consiglio sulla dichiarata priorità della scuola per il futuro del paese: ebbene, nella legge di bilancio del 28 ottobre 2021 al momento non c’è nulla di quanto promesso. Risorse molto povere: 210 milioni per la valorizzazione del personale docente, ovvero per premiare la dedizione del personale, 12 € a testa e con un meccanismo di calcolo del tutto arbitrario, sicché non è nemmeno del tutto certo che andranno a chi li ha meritati.»

È una questione contrattuale?

«Assolutamente no, o almeno non solo. Non saranno nemmeno concretizzate le promesse del patto per la scuola del 20 maggio, dove si garantiva un incremento dell’organico: nessuna proroga “dell’organico Covid” per il personale Ata, organico che l’anno scorso è stato potenziato per il valore di un miliardo; per quest’anno sono stati stanziati 300 milioni fino al 30 dicembre e non sarà prorogato se non solo per attività di potenziamento da parte del personale docente. Non ci sono poi misure per ridurre le classi cosiddette pollaio perché contano che il problema di risolva da sé con il declino demografico [come visto anche su questo giornale, nda] con un’ottica puramente aziendalistica e non da servizio pubblico, senza tener conto però né della compensazione data dagli alunni di origine straniera né della progressivo invecchiamento dell’età media dei docenti.
Persino il personale amministrativo è ridotto all’osso e sempre più oberato: ma il vero nodo – assolutamente sottovalutato – è la mancanza di formazione, che fa sì che un nuovo assunto venga gettato nella mischia senza essere stato in alcun modo seguito e preparato. Un esempio di quel che accade: è sorta una nuova vertenza per coloro che sono andati in pensione ma non ricevono il TFR nemmeno dopo 24 mesi (dove altro accade? Per fare un esempio, se lavori nel commercio o nell’artigianato, il TFR ti dovrà essere pagato entro 45 giorni!) perché il personale amministrativo non ha il tempo ma soprattutto la formazione professionale per fare la ricostruzione della carriera che prima era di competenza INPS!»

La scuola insomma sembra uscita dai radar del Governo

«Il Governo sembra ricordarsi del personale scolastico solo per gli obblighi: il primo ad avere l’obbligo del Green Pass, il primo ad avere l’obbligo del vaccino; non si capisce perché il comparto scuola debba sempre fare da cavia. Ora pare tocchi pure agli studenti che utilizzano i bus. E si badi, la FLC CGIL è assolutamente a favore delle vaccinazioni»

Non ci sono margini?

«Basta tavoli, basta accordi. La CISL (che non partecipa allo sciopero) si illude di proseguire con le solite trattative, sbagliando. Bisogna avere una reazione, ribellarsi per rispetto della propria dignità: siamo stati comprensivi, coscienziosi e responsabili dalla pandemia ad oggi ma ora siamo stufi.
Ci viene raccontato che questa legge di bilancio sia molto espansiva: non è vero, perché in realtà è legata al PIL, ma se facciamo il rapporto tra i 30 miliardi rispetto alle leggi di bilancio passate e il PIL – oggi al 6%, massimo storico – scopriamo che siamo in linea con gli anni dell’austerità. Ma ammettiamo pure che ci siano davvero 30 miliardi in più a disposizione: alla scuola è toccato solo lo 0,6%. Ovvero, 210 milioni per il personale della scuola mentre, al contempo, ci vorrebbero imporre obbligatoriamente la formazione gratis (e perché sempre fuori dall’orario di servizio? Dove altro accade?), appesantiscono la funzione docente con il coordinamento di educazione civica e del PCTO, rendono obbligatorio il nuovo PEI…»

La retorica insomma serve a nascondere il disinteresse, a quanto pare…

«Ci sono problemi seri che vengono ignorati. Prendiamo l’impatto del Green Pass, dell’obbligo vaccinale e fingiamo di ignorare come questo abbia lacerato il mondo della scuola: tuttavia, dal 15 ottobre, la quota degli “irriducibili” – il 5-7%, non poco – viene coperta spremendo il personale esistente o accontentandosi di assumere personale non abilitato o che ha solo titoli affini. La risposta a tutto pare essere il PNRR: ma la verità, per esempio, della nuova era della digitalizzazione è che abbiamo solo cinque tecnici informatici da dividere a Verona tra 65 istituti comprensivi, altro che salto nel mondo digitale. Ma è solo uno tra i tanti problemi. Un sondaggio – non del sindacato – segnala che il 70% del personale della scuola vuole partecipare a questo sciopero e non parliamo solo di docenti o personale ATA, ma pure dei Dirigenti Scolastici. Li capisco: a parità di categoria con altri dirigenti della pubblica amministrazione, hanno molte più responsabilità e uno stipendio minore. Stipendio, peraltro, destinato pure a scendere perché nella legge di bilancio sono stati stanziati 20 milioni, ma ne avrebbero avuto bisogno di almeno 70 per mantenere l’attuale retribuzione per gli anni futuri dato che non hanno tenuto conto delle nuove assunzioni.»

Come procede la gestione dell’emergenza Covid a scuola? Le nuove indicazioni del Governo secondo lei sono efficaci?

«La gestione dell’emergenza parte dal presupposto che le ULSS abbiano un’organizzazione e un organico tale da gestire i contagi dando indicazioni e protocolli precisi ai cittadini e alle scuole. La verità è che è tutto sulla carta; il Governo vive sulla luna. Il peso del tracciamento ricade tutto sulle spalle della scuola, dall’amministrativo al Dirigente Scolastico. Perché così tante classi vanno in DAD? Perché la scuola, abbandonata dai dipartimenti sanitari, in attesa dei protocolli, agisce nell’ottica della massima precauzione in termini di quarantena… la realtà è che manca quell’effettivo supporto della pubblica amministrazione che, nell’attuale situazione, fatica a gestire l’ordinario.»

©RIPRODUZIONE RISERVATA