Le informazioni nutrizionali presenti sulle confezioni degli alimenti che compriamo – dalle calorie per quantità di prodotto al fabbisogno giornaliero, dagli ingredienti agli allergeni residui – potrebbero presto passare in secondo piano. Una serie di app innovative che forniscono punteggi sull’impatto ambientale e la salubrità di un prodotto stanno per influenzare le nostre scelte alimentari, non senza suscitare polemiche.

Spesso le etichette nutrizionali sulla confezione degli alimenti sono difficili da interpretare. Quanti acidi grassi saturi hanno potenziali effetti negativi sulla salute? E l’alto contenuto di fibre significa che il prodotto fornisce l’intera razione giornaliera raccomandata? Aggiungiamo le affermazioni sulla sostenibilità, l’impronta ecologica del prodotto e l’etica aziendale – ancora più difficili da misurare e molto più vagamente regolamentate – e avremo in mano molte informazioni che possono sia essere utili alla nostra decisione d’acquisto, sia confonderci ancora di più le idee. Come orientarsi dunque nella giungla delle etichette nutrizionali per scegliere i prodotti migliori per il proprio benessere? 

Misurare l’impatto climatico di un prodotto

Negli ultimi anni sono nate diverse applicazioni che promettono di offrire una guida in merito con la semplice scansione di un codice a barre. Da Setai a Yuka, queste app hanno lo scopo di fornire al consumatore punteggi indipendenti sui prodotti, che consentono a chi acquista di fare scelte più consapevoli per la propria alimentazione e per l’ambiente circostante.

Setai è un’applicazione tutta italiana lanciata quest’anno che aiuta a conoscere l’impatto ambientale dei prodotti alimentari ed è nata grazie all’intuizione di due giovani veneti di Mirano (Venezia), Andrea Longo e Edoardo Danieli, e all’apporto scientifico di eAmbiente, azienda di ingegneria e consulenza ambientale ed energetica veneziana.

Ma come si ottengono i dati sull’impatto ambientale? A ogni prodotto finito è attribuita una categoria di riferimento che ha una sua emissione di anidride carbonica a livello medio nazionale. Questi dati si trovano in alcuni database certificati dall’Unione Europea e dalle maggiori università. Da qui si applicano correttivi in base al metodo di trasporto utilizzato, all’origine dell’ingrediente, al livello di trasformazione industriale, per arrivare a una valutazione finale per ogni singolo prodotto alimentare venduto nei supermercati. Tramite Setai si potranno inoltre valutare le alternative a minor impatto ambientale, tracciare i consumi di anidride carbonica e investire un euro per poter piantare uno o più alberi.

L’applicazione è molto semplice da utilizzare: la fotocamera dello smartphone scansiona il codice a barre del prodotto e l’app calcola la valutazione di salubrità, ossia la qualità dei valori nutrizionali e degli ingredienti, e quelle ambientali, ovvero la sua carbon footprint (impatto climatico), le emissioni di gas serra generate durante tutto il ciclo produttivo dalla fase agricola all’arrivo sullo scaffale del supermercato. Un modo per aiutare i consumatori a fare scelte migliori non solo per il proprio benessere, ma anche per quello del pianeta. 

«È incredibile che ad oggi i consumatori non siano ancora informati del gigantesco impatto che la produzione di cibo ha sul riscaldamento globale – sottolinea Edoardo Danieli -. Le emissioni derivanti dalla produzione del cibo superano il 25% del totale delle emissioni prodotte dall’uomo. C’è inoltre una forte differenza di emissioni tra produttori sostenibili e non. La buona notizia, quindi, è che fare scelte sostenibili non costa nulla, basta essere informati».

Algoritmi e salute

Dalla Francia arriva invece Yuka, sviluppata nel 2017 dai fratelli Chapon per rendere più trasparente la composizione dei prodotti. L’app, che conta 20 milioni di utenti in 11 Paesi, è in grado di scansionare i codici a barre dei prodotti per fornire una valutazione complessiva del loro impatto sulla salute. La valutazione è accompagnata da un indicatore visivo codificato a colori, da rosso (cattivo) a verde (buono) e da un’analisi più dettagliata di ciascun ingrediente.

Quando l’impatto del prodotto risulta negativo, la app consiglia anche dei prodotti simili, ma “migliori” per la salute. Dal 2018 Yuka effettua anche l’analisi dei prodotti cosmetici e di igiene personale. La valutazione dei prodotti alimentari e cosmetici, così come le raccomandazioni – dichiarano i fondatori -, sono basate su un algoritmo interamente imparziale che non può essere influenzato da nessun marchio. 

Soluzioni tech che non piacciono a tutti

Non sorprende però che le app abbiano suscitato il malumore di alcuni brand dell’industria alimentare. In Francia un gruppo che rappresenta 300 produttori di salumi francesi (FICT) ha intrapreso un’azione legale contro Yuka.

«È naturale, ci sono molti interessi in gioco – afferma Danieli -. Ci aspettiamo una certa opposizione, ma non possiamo negare che i consumatori chiedono prodotti sostenibili e salutari. Questa tendenza continuerà».

App simili, come Fooducate negli Stati Uniti o ToxFox in Germania, hanno colmato una lacuna, quella dell’etichettatura ambientale che al giorno d’oggi è molto meno sviluppata di quella nutrizionale.

Ma come si finanziano queste applicazioni? Setai offre alle aziende un servizio di consulenza e marketing a pagamento per calcolare la carbon footprint della propria produzione lungo tutto il ciclo di vita del prodotto stesso. La principale fonte di finanziamento di Yuka è invece la versione premium dell’applicazione che permette di accedere a numerose funzioni extra.

La vera questione è legata però al fatto che i punteggi nutrizionali calcolati da Setai e Yuka si basano principalmente sul Nutri-Score, il sistema di etichettatura nutrizionale “a semaforo” già ampiamente diffuso in Europa, che utilizza un sistema a colori per valutare l’equilibrio della composizione di un prodotto su una scala da A verde (= equilibrato) a E rosso (= sbilanciato).

Setai aggiunge alcuni punteggi del sistema di classificazione Nova, sviluppato dall’ONU per classificare i prodotti alimentari in base al livello di lavorazione industriale. Per Yuka, la presenza di additivi e certificazioni biologiche influenza il punteggio totale.

Il Nutri-Score che divide

La valutazione Nutri-Score – di cui abbiamo già parlato nell’intervista a due esperti di nutrizione dell’Università di Padova -, attraverso un algoritmo che tiene conto delle calorie, della quantità di grassi e zuccheri, comprende le proprietà nutrizionali benefiche e nocive di un alimento. Negli aspetti positivi rientrano il contenuto di frutta, verdura, legumi, frutta a guscio, determinati oli, fibre alimentari e proteine. Quanto più alta è la percentuale di questi elementi, tanto più intenso è il verde del semaforo. All’opposto il punteggio nel settore rosso: quanto più zucchero, sale, acidi grassi saturi ed energia (calorie) contiene un alimento, tanto più intenso è il rosso del semaforo. È tuttavia importante ricordare che il Nutri-Score non è una valutazione assoluta, ma semplicemente uno strumento di orientamento per confrontare alimenti simili. Inoltre, la valutazione corrisponde a un colore e una lettera parametrati a una quantità di prodotto standard (es. 100 gr) e non al consumo reale dei prodotti.

L’Italia si è dichiarata fortemente contraria – come più volte espresso dal Ministro delle politiche agricole, Stefano Patuanelli e dall’intera industria alimentare e dei Consorzi di Tutela- a questo sistema di etichettatura perché, pur segnalando le qualità intrinseche del prodotto, non tiene conto del fabbisogno energetico quotidiano. Il nostro Paese ha proposto l’adozione del sistema Nutrinform Battery o “a batteria”, che è basato sulle reali quantità di singoli ingredienti e nutrienti presenti nei cibi e i cui valori nutrizionali vanno in base al fabbisogno quotidiano.

Alcuni ingredienti alla base della dieta mediterranea.

Al di là della querelle, bisogna sottolineare che è importante che le informazioni nutrizionali in etichetta abbiano una base scientifica oggettiva e seguano linee guida dietetiche e nutrizionali condivise. A ciò si aggiunga il poter conoscere quanto sia sostenibile un prodotto, quali siano i prodotti chimici impiegati nella sua produzione e le emissioni di anidride carbonica accumulate nell’intero ciclo di vita, dal campo alla tavola.

In un’epoca in cui i consumatori sembrano avere davvero a cuore il cambiamento climatico e la sostenibilità, queste app possono rappresentare un modo per segnalare alle aziende i tipi di ingredienti o le pratiche ambientali che non sono più accettabili.

#EUChooseSafeFood per la sicurezza alimentare

A maggio 2020 la Commissione europea ha presentato Farm to Fork, il piano decennale che, entro il 2030, è destinato a modificare il sistema agroalimentare garantendo ai cittadini cibi più sani e sostenibili. Entro il 2022 la Commissione proporrà un’etichettatura nutrizionale armonizzata obbligatoria da apporre sulla parte anteriore delle confezioni che copra gli aspetti nutrizionali, climatici, ambientali e sociali dei prodotti. Ad agosto l’EFSA – l’Autorità europea per la sicurezza alimentare – ha lanciato la nuova campagna “L’Unione Europea sostiene la sicurezza alimentare” #EUChooseSafeFood con l’obiettivo di incoraggiare i cittadini europei a compiere nel quotidiano scelte alimentari sicure e consapevoli, evidenziando il ruolo fondamentale svolto dalla scienza. 

Gli scienziati dell’Unione Europea sembrano dunque condividere con i consumatori la responsabilità di garantire che qualunque cosa si scelga di mangiare sia stata precedentemente valutata come sana, sicura, controllata e non dannosa per l’ambiente.

Ritornando al futuro di queste applicazioni, se saranno in grado di centrare l’obiettivo di conquistare la fiducia dei consumatori, lo faranno anche grazie alla crescita dell’importanza della sostenibilità ambientale, che anche in campo alimentare è diventata una vera e propria emergenza. 

Uno strumento tecnologico che dà informazioni sulle componenti nutrizionali di un prodotto e sul suo impatto ecologico rappresenta un vero potere. Resta da vedere se e come i brand saranno in grado rispondere alla sfida.

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