“Due vite” di Emanuele Trevi,  pubblicato da Neri Pozza a maggio 2020, è il romanzo vincitore del Premio Strega 2021. Il libro è molto breve, solo 125 pagine e narra la vita di due amici personali, Rocco Carbone e Pia Pera, due scrittori italiani scomparsi prematuramente. L’autore li ricorda raccontando i loro profili di vita personale oltre che professionale, condividendo alcuni episodi vissuti insieme.

Emanuele Trevi è nato a Roma nel 1964, collabora al Corriere della Sera e al manifesto. Tra le sue opere, I cani del nulla (Einaudi, 2003), Senza verso. Un’estate a Roma (Laterza, 2004), Il libro della gioia perpetua (Rizzoli, 2010), Qualcosa di scritto (Ponte alle Grazie, 2012), Il popolo di legno (Einaudi, 2015) e Sogni e favole (Ponte alle Grazie, 2019).

Con Due vite consegna al lettore un’opera narrativa che diventa nostalgica memoria, accompagnando il lettore nella vita di Rocco Carbone e Pia Pera, venuti a mancare rispettivamente il 18 luglio 2008 a causa di un incidente stradale, e il 26 luglio 2016 dopo una grave malattia.

Il memoriale ripercorre l’esistenza di entrambi raccontando episodi, circostanze, aneddoti in ordine al legame che tiene unito l’autore ai due amici. Emanuele Trevi divide perfettamente il ricordo di Rocco e Pia distinguendo perfettamente i due profili e le due personalità.

Rocco Carbone è delineato come uno scrittore geniale, un’anima inquieta, ribelle al sistema, perennemente travagliato. «Parlare della vita di Rocco significa necessariamente parlare della sua infelicità, e ammettere che faceva parte della schiera predestinata dei nati sotto Saturno.» Durante questo affresco, che circoscrive con una narrazione affilata e decisa, illustra la bellezza di alcune sue opere mescolando ricordi della loro amicizia, in particolare di un loro allontanamento di cui l’autore sente ancora il rimorso.

Il racconto della figura di Pia Pera, invece, è ben diverso. Trevi le riserva una narrazione più delicata, una andatura lieve che rappresenta Pia come una donna vivace, scrittrice incantevole, traduttrice di testi russi, incoerente e imprevedibile, ma pregna di dolcezza. «Pia è sempre stata un essere incantevole, questa è la parola che sento più vicina a lei». Lo scrittore fa una fotografia della donna raccontando la sua vita da scrittrice, parlando di alcune sue opere e di diversi aneddoti che mettono in luce anche il loro legame personale. Anche l’evolversi della malattia che la affligge è raccontato con realismo e tatto, dai suoi esordi agli ultimi giorni.

La narrazione srotolata da Trevi è di una bellezza che pochi scrittori riescono a mettere su un foglio: si sente esperienza, autorità, nobiltà d’espressione. La scrittura è formidabile: l’autore ha la capacità di tratteggiare circostanze, concetti, descrizioni, con una densità interpretativa non comune.

Anche il linguaggio è nutrito da termini ricercati, tutti opportuni, che rendono il testo perfetto. Un’attenzione alla lingua che rende da un lato eccelsa la narrazione, ma che si frappone tra il lettore e lo scrittore per contenere un coinvolgimento emotivo.

L’empatia, cioè la capacità di sostituirsi all’altro, provare ciò che l’altro prova, in questo libro è totalmente assente: ciò che è dentro alla dimensione emotiva di Trevi non arriva al lettore e la distanza tra quest’ultimo e i personaggi è perseguita in ogni pagina.

Trevi non riesce a comunicare quel trasporto emotivo personale che caratterizza il sentimento dell’amicizia che ha con Pia e Rocco, e pure il dolore della scomparsa degli stessi, fisiologico in una perdita, non trova spazio tra le righe.

Il lettore è in grado di addentrarsi solo nella bellezza di un linguaggio autentico, forbito, magnifico ma non nell’intimità dell’autore. Chiamato ad osservare di pagina in pagina, chi legge diventa uno spettatore da lontano.

L’unico momento che forse costituisce una crepa in questo distacco è quando Trevi parla del suo allontanamento da Rocco, ma lo fa in modo estremamente debole. Ci si aspetterebbe di cogliere la comprensione di sentimenti forti, invece si ha unicamente l’opportunità di godere di una abile scrittura che di certo narra a meraviglia, però non fa sentire una privata e famigliare sensibilità verso persone ed eventi.

Se Trevi intendeva scrivere sul tema dell’amicizia profonda e della perdita, ha difettato di quel quid pluris emotivo che ci si aspetta da un libro incentrato su questa tematica. Il testo cuce due vite contrapposte, in cui l’autore sembra difendersi dal proprio personale trasporto (se accennato, è ben trattenuto subito dopo, ad esempio nel passaggio sulle sofferenze dell’amica Pia, quando la malattia comincia a dare segni visibili tanto da essere criticata per via della sua andatura zoppicante dall’uomo che allora frequentava).

Un passo indietro che Trevi forse fa per non spostare il focus e parlare di sé il meno possibile, ma che ostacola il lettore dall’immergersi in una narrazione strutturalmente perfetta. Forse un’occasione persa: il libro resta comunque un testo delicato per conoscere due autori italiani di grande qualità.

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