Come sfuggire al simpatico tormentone estivo dei consigli di lettura? Semplice, non si sfugge.

Ma i consigli lasciano il tempo che trovano, proviamo allora con qualche suggerimento ispirandoci ai premi letterari, come il blasonato Premio Strega che, ogni anno, dalla sua istituzione nel 1947, si accompagna a polemiche.

Eppure, tra critiche varie, incide sugli orientamenti di lettura e, di conseguenza, sulle vendite dei libri. A più di un mese di distanza dalla proclamazione del vincitore, Emanuele Trevi, con il suo Due vite, curiosiamo tra gli altri libri della cinquina.

Il libro delle case (Feltrinelli, 2021) di Andrea Bajani è il quinto classificato. Un romanzo dalla costruzione insolita che sfiora la precisione del catasto comprendendo persino tavole disegnate con piante di appartamenti. Contempla una geografia di città, quartieri, vie e traslochi solo per raccontare il sé, dall’infanzia all’adultità. Non ci sono nomi di persona, ma solo Io, che si suppone essere l’autore narrante, e poi Tartaruga, Sorella, Madre, Padre, Nonna, Poeta, Moglie e così via. Invece le case hanno i nomi: Casa del sottosuolo, Casa di Famiglia, Casa delle parole, Casa del persempre, Casa del Prigioniero, Casa dell’adulterio, Casa della morte di Poeta. Tante case, forse troppe, con indirizzi e riferimenti personali in ordine temporale sparso, insieme a fatti della storia generale, di tutti.

Un libro interessante, che può sembrare cinico, a tratti e, altre volte, sorprendere per la profonda tenerezza di alcune righe. Si potrebbe concludere che non sia stato adeguatamente apprezzato e capito nella novità che rappresenta.

L’acqua del lago non è mai dolce, (Bompiani, 2021) di Giulia Caminito, classificato quarto, è l’unico della cinquina, a parte il vincitore, ancora in classifica tra i primi dieci libri di narrativa italiana più venduti. Si presenta come un romanzo di formazione sui generis. Gaia, l’adolescente in questione, è tosta e il contorno di personaggi non è da meno. Anche qui ci sono traslochi e traslochi, nella vana speranza di ottenere una casa decente. 

É Antonia che si spende senza riserve e con tenacia per conquistare un posto dove poter vivere dignitosamente con i suoi figli e il marito disabile. Si scontra a muso duro con le indifferenti autorità del caso e con assistenti sociali poco empatiche, senza mai arrendersi. Infine la famiglia e la storia si spostano sulle rive limacciose del lago di Bracciano.

Ma come l’acqua del lago non è mai proprio dolce, così la vita non regala nulla, pensa Gaia, e allora bisogna imporsi con le maniere forti e prendersi quello che ci spetta. Due donne, Antonia e Gaia, madre e figlia, perennemente in conflitto, destinate a piantarsi saldamente nella memoria di chi legge questo romanzo denso, eppure con una sua dolcezza, o almeno la sua speranza.

Di Borgo Sud, di Donatella Di Pietrantonio (Einaudi, 2020) abbiamo già parlato qui. Nessuna sorpresa di ritrovarlo tra i finalisti del Premio Strega perché l’onda lunga del successo de L’arminuta, a cui segue, ha funzionato egregiamente.

Edith Bruck con il Il pane perduto (La Nave di Teseo, 2021) ha conquistato il secondo posto e, come si sa, il Premio Strega Giovani. La lettura di questo memoir ripaga ampiamente il tempo e lo sforzo per elaborarne il contenuto difficile.

Siamo in Ungheria e una bambina, con tutta la sua famiglia, viene sradicata dalla sua casa, dalle sue abitudini e stipata, in un vagone merci alla volta di Auschwitz. Basta la parola per capire che si tratta di un’odissea dolorosa. Il pane perduto, quello lasciato a lievitare nella madia, abbandonato con apprensione dalla madre, come il resto dei pochi averi e della vita, assurge a simbolo di quanto è stato disperso, sprecato, annullato nell’Olocausto.

Edith Bruck è una delle rare testimoni sopravvissute, le sue parole si stampano nella mente e nel cuore di chi legge perché non c’è finzione, non c’è abbellimento, solo memoria.

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