Dopo aver visto le immagini goliardiche prodotte dagli scozzesi, con Roberto Mancini trasformato in un Wallace dei tempi moderni, ci viene da raccontare perché il Regno Unito ha ben quattro nazionali.
Pur essendo una nazione unica, almeno sulla carta, ci sono nazionali per tutti gli stati confederati sotto la Union Jack e non si tratta di spinte autonomiste – quelle occupano le cronache a livello politico.

La questione risale a circa due secoli fa, quando si formarono le varie nazionali di Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord (le cosiddette Home Nations). In anni più recenti, altre aspiranti squadre nazionali come la Catalogna hanno chiesto lo stesso status ma senza successo. Gli inglesi hanno un trattamento privilegiato, ma le ragioni sono quasi semplici.

Tutto è cominciato nel 1863, quando venne fondata la prima federazione calcistica al mondo, la Football Association, la cui “autorità” sugli altri Stati del regno era incerta. Dopo alcuni anni gli scozzesi decisero di farsi la loro federazione e successivamente fecero lo stesso i gallesi e gli irlandesi, la cui federazione si divise negli anni ’20 tra Irlanda e Irlanda del Nord. Ad oggi non esiste una federazione calcistica unitaria per il Regno Unito, anche se una selezione dei migliori calciatori di tutte le nazionali potrebbe forse fare scintille in tutte le competizioni. Ma è troppo l’orgoglio identitario, troppo il timore che unire il calcio apra la strada ad altre perdite di autonomia.

La FIFA (Fédération Internationale de Football Association), nacque solo ai primi del Novecento, in ritardo rispetto alle separazioni UK. Già un anno prima della nascita della federazione scozzese, nel 1872, Scozia e Inghilterra giocarono a Glasgow la prima partita “internazionale” nella storia del calcio.

Questa anomalia crea complicazioni anche pratiche. Ad esempio, per l’inno pre-partita. Oltre al famoso God save the Queen dell’Inghilterra, utilizzato anche in Ulster, ci sono infatti l’inno gallese (che pochi cantano perché nessuno sa le parole astruse) e la Scozia che, in assenza di inno ufficiale, usa la canzone popolare Flower of Scotland.

C’è poi il dilemma di come vengono “attribuiti” i giocatori alle singole nazionali, un total mess! Tutti i cittadini britannici hanno passaporto UK e quindi la regola lascia al calciatore scegliere autonomamente la nazionale in cui vuole giocare tra i paesi dove sono nati lui, i suoi genitori e i suoi nonni. Un caso a parte costituisce chi è nato nelle amministrazioni autonome delle Isole del Canale e l’Isola di Man, i cui giocatori possono decidere come gli pare.

Calcio e rugby sono l’eccezione alla regola, perché poi alle Olimpiadi gli atleti delle Home Nations, ad esempio, gareggiano tutti per la “Gran Bretagna e Irlanda del Nord”.

E il calcio alle Olimpiadi? I britannici hanno partecipato solo 8 volte per varie cause, prima fra tutte il mancato accordo tra le varie federazioni. Forse unica eccezione il 2012, per i Giochi di Londra. In quel caso ci furono polemiche infinite dei paesi più piccoli e un compromesso: le federazioni non parteciparono alla gestione di una super nazionale che non le rappresentava, ma non si sono opposte alle convocazioni dei loro tesserati.

Gli unionisti britannici colgono sempre l’occasione per polemizzare sulla anomalia del calcio inglese, ogni volta che si torna a parlare di tornei internazionali. Quest’anno con una sfumatura ancora più piccante, derivata dalla recente Brexit e gli ossicini che ancora hanno fermi in gola. Prendono in giro l’intera competizione di EURO2020 rimarcando come la UE – che vanta unitarietà e blocco indivisibile – presenti un numero di nazionali ben più nutrito di quello britannico.

Secondo alcuni più spregiudicati nel black humor, EURO2020 si potrebbe giocare addirittura solo tra due squadre: Europa e UK. Ma ve la immaginate la noia che sarebbero state queste serate di luglio?

© RIPRODUZIONE RISERVATA