«Nonostante ciascuno abbia fatto quanto meglio potesse… la situazione bellica non si è sviluppata necessariamente a vantaggio del Giappone e il corso degli avvenimenti mondiali si è voltato contro i nostri interessi».

È il 15 agosto 1945, mezzogiorno dell’ora locale quando, con queste parole, l’imperatore Hirohito comunica ai propri sudditi la sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale. «Contro i nostri interessi», dice. Gli erano appena piovute in testa due bombe atomiche.

Nessun suddito giapponese prima di allora aveva mai potuto ascoltare la voce dell’Imperatore. Quel discorso, conosciuto come Gyokuon-hōsō (“Trasmissione della voce del Gioiello“) contribuì in maniera sostanziale a sgretolare le secolari tradizioni nipponiche sulla natura divina del Sovrano Celeste.

Perdonate la digressione, ma avevo bisogno di un balsamo prima di affrontare la tragicomica questione dell’inginocchiarsi o meno degli Azzurri prima delle partite negli Europei in corso. Soprattutto alla luce delle dichiarazioni circolate ieri.

Dando per assodato che nessuno ha mai avuto dubbi sulla natura umana dei componenti della nostra Nazionale, si vede che in FIGC ci tenevano davvero tanto a sgretolare, anche loro, qualcosa. Quel po’ di dignità che ancora ci portiamo appresso, ad esempio.

Dopo giorni di vacuo ed estenuante dibattito, ieri abbiamo toccato vette altissime. Riassumendo: nel primo pomeriggio “Repubblica” e altre testate nazionali rilanciano una dichiarazione della Federazione nella quale “si ribadisce che i giocatori si inginocchieranno solo per rispetto degli avversari (il Belgio aveva già confermato di volerlo fare ndr) e che comunque questo non equivale all’adesione alla campagna Black Lives Matter, che non condividiamo“.

Qualcosa di grottesco. Si registra un’incazzatura bipartisan dalle percentuali bulgare. Nel frattempo si scatena pure la macchina dei meme che, ormai lo sappiamo, è il vero termometro dell’opinione politica nazionalpoplare.

In serata, mentre il popolo sportivo è impegnato a gufare contro i francesi, la FIGC smentisce le dichiarazioni del pomeriggio, attribuendole, pare, ad un componente dello staff comunicazione. Il comunicato ufficiale è quello che potete leggere qui sotto e, se possibile, mi avvilisce ancora di più.

Il comunicato pubblicato sul sito della Federazione

Trattasi infatti di un mirabile esempio del miglior cerchiobottismo Made in Italy. Un salto indietro di 30 anni e passa. Ai tempi dei compromessi e di una Democrazia Cristiana imperante.

Di come siano andate le cose, sinceramente mi importa poco. Che siano stati i giornali a buttare nel tritacarne una dichiarazione non confermata o la Federazione che, vista la malparata, sia corsa ai ripari immolando un ignoto membro dello staff e, successivamente, buttando fuori un comunicato che non dice nulla, la nausea comunque rimane.

Passato il malessere, però, qualche domanda occorre farsela. E già la prima mette in difficoltà. C’è davvero da essere così sorpresi da quest’uscita? Perché chiamarla “presa di posizione” è francamente troppo anche per le mie capacità di astrazione. Siamo onesti, lo sappiamo tutti che la Nazionale non abbonda di fini pensatori illuministi (non che sia una colpa, chiaro), quindi l’ipotesi che prima dei match gli stessi giocatori si riuniscano per parlare di rispetto dei diritti umani, non mi convince molto.

Ecco perché, in fondo, non mi stupisce neppure che poi si vada incontro a certe situazioni. Anzitutto perché questo è ciò che accade quando, da destra e sinistra, si trattano tematiche complesse come quelle che stanno alla base del messaggio BLM (ho detto del messaggio, non dell’organizzazione che ne è poi scaturita) alla stregua di una scaramuccia da retrobottega politico. Buona solo per rimestare nel pentolone del web e delle inutili battaglie social.

Secondo perché, dai, vogliamo davvero credere che i dirigenti federali tengano alle singole sensibilità dei giocatori? Siamo onesti, si tratta del miglior metodo per scaricare sulle spalle dei calciatori la patata bollente. Tanto loro non hanno incarichi e poltrone federali, e dall’ampio riflesso politico, da difendere o consolidare.

Poi eh, se preferiamo credere agli unicorni e alle favole del “lasciare fuori la politica dallo sport”, liberissimi. La realtà, però, è un’altra. La politica non piace in campo e nelle curve. Va invece benissimo nell’area hospitality, in tribuna d’onore e quando c’è da raccattare voti dentro le federazioni e i movimenti sparsi in giro per l’Italia. Per non parlare delle sponsorizzazioni.

Lo dimostra la disinvoltura con la quale la nostra Lega di Serie A veste e sveste l’arcobaleno nei suoi account ufficiali in base ai mercati di riferimento. Vuoi mai che perdiamo i soldi di un’altra finale di Coppa Italia in mezzo al deserto. Oppure, per stare più sul concreto, il fatto che in Federazione si stia pure perdendo tempo a leggere la proposta di Trust avanzata da Lotito (al momento rigettata – e ci credo) per la proprietà della Salernitana. Al vertice ci sarebbe infatti Ugo Marchetti, romano 74 anni, ex generale della Guardia di Finanza. Uomo che, che guarda caso, proprio Lotito aveva proposto come presidente della Lega di Serie A nel 2017.

Il camouflage twitter della Lega di Serie A

Tornando all’inginocchiarsi, ormai la questione non è più il farlo oppure no. Io l’avrei fatto, perché di gesti e messaggi simbolici è piena la nostra vita. Ma se tu non vuoi farlo, va benissimo. Nessuno di noi cambierà idea per un gesto. Abbi però almeno la decenza di dirlo e spiegare le tue ragioni. Possibilmente senza tirare fuori menate sull’orgoglio nazionale e la testa alta. Che qui la retorica non serve, basta solo un po’ di onestà intellettuale.

«Le difficoltà e le sofferenze che, di qui a poco, la nostra nazione dovrà sopportare, saranno sicuramente grandi. Siamo acutamente consapevoli dei più intimi sentimenti di tutti voi nostri sudditi. Tuttavia, è secondo i precetti del tempo e del fato che abbiamo infine deciso di aprire la strada per una grande pace valida per tutte le generazioni a venire, sopportando l’insopportabile e soffrendo l’insoffribile

Hirohito chiudeva così, quasi ottant’anni fa, il suo discorso. Perché, anche nelle sconfitte, la dignità ti eleva.

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