Il 20 maggio scorso un cessate il fuoco aveva riportato la pace in Terra Santa. Una pace fragile che almeno ha avuto l’effetto immediato di fermare l’emorragia di vittime civili. Ciò che non si è arrestato è invece la questione degli espropri nella parte Est di Gerusalemme. La sentenza del tribunale israeliano che intimava la famiglia Al-Kurd e diverse altre di lasciare le loro abitazioni è stata posticipata durante gli scontri. Verso la fine di questo mese, tuttavia, verrà fissata una nuova data. Le manifestazioni di protesta e solidarietà nel quartiere palestinese di Sheikh Jarrah sono ancora in corso[1].

L’arresto della reporter Budeiri nel video di Al-Jazeera

Pochi giorni fa, sabato 5 giugno, la giornalista Givara Budeiri, reporter dell’emittente televisiva Al-Jazeera, è stata ferita e arrestata nel corso di un servizio nel quartiere di Sheikh Jarrah. I palestinesi stavano ricordando l’anniversario della Guerra dei Sei Giorni, in cui Israele occupò militarmente la parte araba della città, quando cameraman e reporter sono stati aggrediti. Il primo non ha riportato danni se non la distruzione di una macchina da presa di proprietà dell’emittente. La seconda invece è stata ferita al braccio sinistro, arrestata e detenuta per diverse ore in cui ha subito percosse anche dopo la presa in custodia.

Nonostante il boicottaggio dell’esercito israeliano nei confronti della stampa internazionale sia cosa nota, questo acuirsi della pressione su Gerusalemme Est di certo non è una sorpresa, in relazione ai recenti avvenimenti. Come già spiegato su questa testata la Città Santa occupa un ruolo prominente nella strategia israeliana di insediamento sul territorio. L’avvento dei social network ha reso molto più difficile mascherare il trasferimento forzato di civili, contravvenendo al diritto internazionale, tanto che la questione sta attirando l’attenzione della politica mondiale. Fino ad oggi pochissimi Paesi hanno riconosciuto il tentativo di annessione. Il governo irlandese il 26 maggio 2021 ha infatti approvato una mozione che riconosce i crimini di guerra israeliani nel portare a compimento un’annessione de facto dei territori palestinesi. La questione degli espropri, nonostante sia stata una costante dal 1967 a oggi, era tornata alla ribalta qualche mese fa in seguito all’attivismo sui social dei gemelli Monia e Muhammed Al-Kurd. Dopo gli sgomberi del 2009, che avevano espulso la maggior parte della famiglia dal quartiere, i due dividono la proprietà con coloni israeliani mandati dall’Agenzia Ebraica.

Givara Budeiri, arrestata dall’esercito israeliano

I video delle violente repressioni della polizia contro i manifestanti e le vessazioni dei civili israeliani di estrema destra contro gli abitanti di Sheikh Jarrah avevano fatto il giro del mondo. Tra le reazioni internazionali alle violenze, quella più evidente fu una lettera inviata da 83 legislatori inglesi, tra cui Jeremy Corbin in cui si faceva presente che quanto stava accadendo era contrario alla Quarta Convenzione di Ginevra. Nella lettera si faceva presente che tra gli interessati dagli espropri erano presenti anche diverse famiglie di collaboratori dell’ambasciata britannica a Gerusalemme.

Il fenomeno è tanto palese da essere riconosciuto anche all’interno di Israele, dove gruppi politici e civili si sono fortemente opposti al proseguimento di questa pratica chiedendone la fine. Un esempio è sicuramente l’attivista e stimato antropologo Israeliano Jeff Halper, fondatore del “Comitato Israeliano Contro la Demolizione delle Case”. Un’organizzazione che dal 1997 si oppone alle operazioni di geografia demografica, attraverso l’informazione e la disobbedienza civile, per esempio aggregando gruppi di volontari per ricostruire le case appena abbattute.

Per quanto riguarda la politica israeliana, tra i partiti che si oppongono agli espropri, ovviamente si annoverano le liste arabe e quelle “miste”. Proprio da una queste proviene il politico israeliano Ofer Cassif (nella foto di copertina, ndr), un nome che la politica ebraica non potrà dimenticare con tanta leggerezza. Questo rappresentante del partito misto a maggioranza araba di Hadash presso il Parlamento israeliano, il 9 aprile 2021 è stato aggredito e arrestato dalle forze di polizia mentre manifestava pacificamente assieme ai palestinesi di Sheikh Jarrah. Il politico ebreo, rilasciato dopo che la polizia ne ha accertato l’appartenenza alla Knesset, ha sottolineato che una simile violazione dell’immunità parlamentare risultava “insignificante, di fronte alla violenza quotidiana che devono sopportare i manifestanti che si battono per i quartieri arabi di Gerusalemme Est”.

Tale questione, tra le principali cause che hanno portato al recente conflitto, com’era preventivabile, non è stata risolta. Ancora oggi rappresenta una delle cause principali del costante aumento della tensione tra i due popoli. Non sorprende quindi l’avversione delle forze di polizia israeliane nei confronti della stampa. Solo il mese scorso, durante i bombardamenti su Gaza, il palazzo che ospitava gli uffici di alcune testate giornalistiche internazionali come Associated Press è stato bersagliato e abbattuto perché sospettato di attività terroristiche non dimostrate.

Budeiri durante l’arresto

Lo scorso sabato invece, come già accennato, la giornalista Givara Budeiri è stata aggredita e arrestata nonostante non stesse contravvenendo ad alcuna legge, fosse facilmente riconoscibile dal giubbotto antiproiettile in dotazione alla stampa internazionale e fosse titolare di un permesso della GPO (Government Press Office) che la autorizza a lavorare come giornalista in Israele. Un fatto molto grave, che si collega in modo inquietante a quanto avvenuto durante l’arresto del politico israeliano. In entrambi i casi, infatti, la polizia ha giustificato la violenza lamentando un’aggressione da parte dell’interessato ai danni di un agente. Versione che viene smentita dalle foto e dai video in entrambi i casi. Una dicitura piuttosto standardizzata, con ogni probabilità molti degli arresti e delle aggressioni a danno dei palestinesi riportano la stessa formula. Nel caso del parlamentare è stato un rifiuto a consegnare la bandiera palestinese a scatenare le percosse degli ufficiali. I motivi che hanno portato all’arresto della giornalista risultano invece sconosciuti, ma il ferimento è avvenuto mentre lei tentava di liberare le braccia per mostrare il tesserino rilasciato dal governo israeliano. Come se tutto ciò non fosse palese, domenica 6, il giorno seguente, gli attivisti che hanno dato il via alla campagna social contro gli espropri, i gemelli Al-Kurd, sono stati arrestati.

Gli occupanti della casa Al-Kurd

La polizia ha dichiarato di averli presi in consegna perché sospettati di atti che possono turbare la sicurezza pubblica e per aver partecipato ai disordini. Dopo diverse ore di custodia e il ferimento di dieci persone che manifestavano all’esterno della sede della polizia contro il loro arresto, i fratelli Al-Kurd sono stati rilasciati e hanno fatto ritorno a Sheikh Jarrah.

Risulta veramente difficile pensare che si tratti solo di una “mera disputa legale”. Ciò che è accaduto a Gerusalemme Est qualche settimana fa ha portato a una guerra, ma la questione degli espropri deve essere affrontata dalla Comunità Internazionale, altrimenti nulla le impedirà di scoppiare ancora o di sprofondare in un oblio ingiusto.

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