Giovedì 20 maggio 2021 le parti coinvolte nel recente conflitto tra Gaza e Tel-Aviv, dopo le numerose richieste internazionali, hanno concordato un cessate il fuoco mediato dall’ Egitto di Al-Sisi. Non un vero e proprio accordo in realtà, visto che la tregua raggiunta non soddisfa alcuna richiesta, se non quella che impone a entrambe le parti di interrompere i bombardamenti. Sono durati 11 giorni gli scambi missilistici tra l’esercito israeliano e il gruppo di Hamas, che domina la Striscia di Gaza dalle elezioni del 2007. Si conclude così il conflitto più intenso dal 2014, quando dopo un’invasione via terra delle forze israeliane, si registrarono circa 50 giorni di combattimenti in quella che fu denominata “Operazione Margine Difensivo”. Se allora si registrarono più di 2000 morti palestinesi e più di 50 israeliani in questo caso il bilancio è stato meno gravoso ma ugualmente angosciante. I morti palestinesi sono stati 232 di cui almeno 65 bambini e 39 donne, i feriti 1900. I morti israeliani sono stati 12 di cui un soldato e due bambini, poche centinaia i feriti. Difficile stabilire il numero di civili uccisi nella Striscia di Gaza visto che Israele parla di 160 affiliati al gruppo di Hamas, mentre il suddetto partito ha stabilito che il numero di militanti morti si attesta a 20 circa. Di certo c’è che almeno un centinaio di innocenti sono morti ancora una volta sotto le bombe.

Analizzando come si sono sviluppati gli scontri, si può osservare come Hamas e il Partito della Jihad Islamica abbiano lanciato più di 3000 razzi su tutto territorio israeliano, specialmente nel sud, uccidendo 12 persone e danneggiando diversi edifici. La maggior parte di questi missili è stata neutralizzata dal sistema di difesa israeliano chiamato Iron Dome e secondo le stime dell’IDF (Israel Defense Forces) il 90% dei razzi sparati da Gaza è stato intercettato. Contro la Striscia sono stati utilizzati strumenti bellici di precisione per bombardare obiettivi singoli, distruggendo numerosi palazzi. Nonostante lo Stato di Israele abbia più volte dichiarato di colpire esclusivamente obiettivi di Hamas, molti civili sono morti in questi attacchi, anche a causa della densità demografica. Negli anni, infatti, la Striscia ha accumulato nei suoi campi profughi migliaia di palestinesi provenienti dai territori conquistati dallo Stato ebraico, arrivando a contare una popolazione di quasi 2 milioni di persone chiuse in un territorio di 360 km quadrati, sotto assedio militare da 14 anni. Non stupisce quindi l’alto numero di vittime civili che l’IDF ha giustificato accusando Hamas di usare i cittadini palestinesi come scudi umani.

Rispetto ai conflitti passati, tuttavia, quest’ultimo rappresenta alcune novità. Israele, per la prima volta ha deciso di distruggere l’edificio di undici piani che ospitava la sede di testate giornalistiche internazionali come Al-Jazeera e Associated Press. La costruzione, che aveva resistito a conflitti ben più aspri, è stata bombardata e distrutta dopo che i suoi abitanti erano stati intimati di evacuare un ora prima dell’attacco. Le motivazioni accampate dal governo israeliano sostenevano che all’interno della torre vi erano nascoste cellule di intelligence di Hamas. Nemmeno in seguito alla demolizione, tuttavia, sono state fornite prove in tal senso. Negli uffici delle agenzie è rimasto quindi tutto il materiale di archivio e di raccolta dati che gli operatori non sono riusciti a salvare nell’ora a loro concessa. Questo atto ha suscitato la condanna unanime da parte della comunità internazionale e della stampa mondiale che ha accusato lo Stato ebraico di voler rendere la vita difficile a chi aveva il compito di documentare quel che stava accadendo. Un altro fattore che non trova precedenti simili negli ultimi 20 anni è l’insurrezione degli arabi israeliani. A differenza di quanto capitato nel recente passato, infatti, i palestinesi con cittadinanza israeliana hanno iniziato a manifestare e protestare per le strade delle città all’interno della “Linea Verde”, ovvero dello Stato Ebraico. Degli otto milioni di abitanti dello Stato di Israele quasi due milioni sono palestinesi che hanno scelto di non scappare a Gaza, nel West Bank o in altri Paesi arabi. Questa porzione di popolazione ha avuto accesso alla cittadinanza a differenza dei residenti a Gerusalemme Est. Vivono nelle città miste grazie al benestare delle comunità ebraiche che lo consentono, nonostante la cittadinanza dia loro accesso ad alcuni diritti, loro malgrado, rimangono cittadini di serie B.

Nella Basic Law israeliana la totalità dei diritti è appannaggio esclusivo degli individui possessori della nazionalità ebraica, che può essere ottenuta solo dalle persone che professano questa fede tramite censimento religioso. L’insurrezione da parte di questi cittadini in città come Haifa, Lod, Tel-Aviv, Jaffa e molte altre, ha dimostrato che il processo di integrazione che si credeva a buon punto in realtà è stagnante. Destinato a rimanere tale fintanto che persisterà la subordinazione di un popolo rispetto all’altro.

Il conflitto era nato il 10 maggio, allo scadere di un ultimatum lanciato da Hamas al governo israeliano. A Gerusalemme la tensione era alle stelle a causa di due episodi in particolare. Il primo era la brutalità della polizia israeliana nei confronti dei manifestanti che protestavano contro gli espropri nel quartiere di Sheikh Jarrah. Il secondo invece è rintracciabile nell’ennesima invasione della polizia ebraica nel complesso di Al-Aqsa (la “Spianata delle Moschee”), terzo luogo più sacro per l’Islam. In seguito a questi avvenimenti dalla Striscia di Gaza sono partiti diversi missili Qassam lanciati sul territorio israeliano, cioè razzi con una precisione molto limitata che spesso vengono semplicemente lanciati contro il territorio nemico vicino alle città, senza obbiettivi ben definiti e che purtroppo rischiano di schiantarsi contro i civili.

Per il momento la pace è tornata. Ora i lanciarazzi e gli aerei tacciono, in attesa di sapere quando riprenderà la grande corsa per quel fazzoletto di terra tra il Mar Morto e il Mediterraneo. Perché se il cessate il fuoco alla fine per fortuna è arrivato, una risoluzione promossa e attuata dalla comunità internazionale è ancora lontana. ovviamente, con la soluzione “a due Stati” che rimane ormai il sogno di pochi sciocchi. Continueranno gli espropri, continueranno gli insediamenti, continueranno i soprusi, il razzismo sistematico e l’odio tramandato di generazione in generazione, come negli ultimi 70 anni. Si arriverà mai ad una pace che non contempli l’Apartheid permettendo a entrambi popoli pari dignità? 

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