Fuori dalla retorica, la vittoria di Damiano Tommasi è stata un’impresa politico-culturale storica. Essa si è sviluppata su due binari: da un lato il talento dell’uomo nell’unire (opposto al talento divisivo dei suoi avversari), e dall’altro un lungo percorso di squadra, di intelligenza politica collettiva, con scelte ben studiate e premianti (a partire dalla stessa individuazione del candidato, di lunga e ponderatissima gestazione).

Qualcuno sui social ha parlato di “candidato che nemmeno distillato in laboratorio sarebbe venuto così bene”. E noi veronesi di distillati ce ne intendiamo. Scherzi a parte, l’umanità e la spontaneità irradiate dall’ uomo “giusto” Tommasi ne fanno un personaggio autentico, che sembra davvero uno di noi, al di là dell’esser già famoso. Quel battesimo calcistico nell’ Hellas, poi, lo ha reso davvero il candidato perfetto su Verona, che può entrare nel cuore di molti, non di tutti, ma di molti. E farsi in qualche modo accettare anche in taluni ambienti intrisi di diffidenza che collocheremo storicamente molto a destra (o almeno dialogarci).

Un’intelligente gentilezza come cifra caratterizzante e un tocco di “pastoralità” rassicurante (da farlo percepire quasi un Jesus inter pares) hanno convinto il 53,4% della società veronese votante. La quale rimane cattolica e conservatrice nei valori, bi-partizionata politicamente (nonostante la divisione a dx), ma anche in larga parte moderata e civile. Una Verona che si è anche indiscutibilmente più aperta negli anni. E che si è presentata nel 2022 al nostro Tommasi già contaminata da nuove energie culturali (e da un lungo lavoro politico di opposizione) senza le quali non si spiegherebbe un risultato elettorale così storicamente insolito.

Una diversa veronesità

Lui stesso, valpolicellese, non pare ascrivibile allo stereotipo del tipico veronese di città. Ma è nei modi di porsi e nel comunicare che si percepisce la veronesità nell’ anima e la profonda umanità di Tommasi. Una veronesità che è molte cose (e che c’è anche in Sboarina, sebbene in modo totalmente diverso). Ma che in Tommasi diviene umiltà, ascolto ed empatia verso il prossimo, misura nelle parole, ma allo stesso tempo determinazione (pensiamo alle condizioni da lui imposte ai partiti sui toni della campagna elettorale) e grande consapevolezza (“mi sento carico di responsabilità” tra le sue prime dichiarazioni). 

Verona ha ora l’occasione storica con il civis civico Tommasi per uscire dalla nociva e storica contrapposizione tra rossi e neri. Allo stesso tempo il rischio opposto di una recrudescenza del conflitto culturale, soprattutto fuori dal Consiglio Comunale c’è e non va sottovaluta. Un’occasione da prendere al volo, quella di dimostrare che si può ben governare anche a Verona senza ascriversi a categorie di dx e sx, per superare una dicotomia da Guelfi/Ghibellini.

Federico Sboarina

Due parole sul sindaco uscente: sicuramente vanno riconosciute a Federico Sboarina coerenza nel non apparentarsi e un un bel passo avanti rispetto a Tosi per quanto riguarda urbanistica, trasparenza e amore per la città (ma forse solo di una parte della città, ovvero quella del centro e dei benestanti), ma anche stagnazione se non passi indietro sul piano culturale e d’immagine europeista (per smontare la tesi dell’ alibi Covid, ricordiamo che tutte le città italiane, fra cui Brescia, Milano e Bergamo hanno avuto lo stesso problema, se non in misura peggiore).

La sfida che ha davanti Tommasi è grande. Quello che in molti si chiedono è se sarà capace di governare una città grande e storicamente litigiosa come Verona, ma soprattutto di fare scelte realmente innovative che pur “scontentando” qualcuno terranno unita la sua coalizione. Io credo di sì. In fondo al di là delle apparenze e delle frasi di circostanza, appaiono evidenti anche altre doti quali determinazione, intelligenza, coraggio. E risultati da vincente già dimostrati nella vita professionale e imprenditoriale. Insomma, la figura progressista ideale a Verona, ovvero, nei fatti un moderato, mentalmente aperto, europeista e conoscitore della città, della cultura e delle “reti” locali, per negoziare e far passare atti politici che altrimenti a Verona troverebbero soltanto una dura e invalicabile opposizione.

Il primo challenge operativo sarà quello di circondarsi di altri “giusti” e gestire le legittime pretese di chi lo ha sostenuto. Ma poi la sfida veramente centrale per la sua Amministrazione sarà di passare dalle parole ai fatti, ovvero colmare quella distanza tra bellissime suggestioni e progetti che saranno effettivamente finanziati e realizzati (distanza più o meno abissale in base non solo alle sue, ma alle azioni di ciascuno, opposizione e cittadini inclusi). Non subito certo. Sala ha detto che 5 anni sono pochi e un Sindaco dovrebbe porsi come orizzonte 10 anni. Vero in parte. Perché allora avremo tutti dovuto votare Sboarina per il bene della continuazione.

Ponti, tra aspettative e realtà

Come ha appena scritto Luciano Butti, servono ora pazienza e capacità di mediazione da parte di tutti i soggetti politici e civici coinvolti, anche al di fuori del Consiglio Comunale, nel solco tracciato di un entusiasmo collettivo costruttivo e solidale.  Per realizzare le legittime ambizioni da campagna elettorale senza venir meno ai servizi essenziali e ad importanti opere pubbliche già cantierate, servirà costruire ponti solidi (oltre che reti) in grado di unire le sponde delle possibilità immaginarie a quelle di difficile approdo della realtà realizzabili. Il tutto nel contesto di una grave crisi economico/energetica/ambientale che l’Italia sta affrontando.

Passaggi verso concrete realizzazioni sostenute da uffici comunali e assessorati all’ altezza, in grado di “trovare le risorse” guardando ai privati e con competenza anche in Europa (la quale richiede progettualità e professionisti dell’euroburocrazia) e in dialogo con i Comuni vicini che hanno già ottenuto risultati importanti in questo senso come Brescia, Padova e Milano.

Idee già messe a fuoco da laboratori politici innovativi come Traguardi. Ponti sostenuti dal consenso faticosamente raggiunto dalla “rete” ma, si auspica, anche solidamente ancorati al mondo reale e alle migliori competenze finanziarie, tecniche e operative che possa offrire la società civile veronese. In un contesto ormai così complesso e competitivo in cui contano molto di più i gruppi degli individui, anche a livello istituzionale, le squadre piuttosto che i Ronaldo, non sarà solo importante il nome dei nuovi Assessori entranti, ma anche quello del gruppo di tecnici e consulenti di cui questi si circonderanno. In questo senso ci sia consentito rilanciare una proposta realmente innovativa e civica come quella di aprire ad una valutazione pubblica dei curricula per gli uffici di Assessorati e Partecipate, aprendosi anche agli Ordini Professionali.

Inoltre, nell’ esclusivo interesse della città, sarebbe auspicabile che almeno sugli assessorati più importanti quali l’Urbanistica (dove addirittura una riconferma anche temporanea non dovrebbe escludersi a priori, dato l’alto profilo dell’Assessore uscente) si rifletta e si operi per  un passaggio di consegne non traumatico, interfacciandosi a lungo con gli uscenti, superando le diversità politiche nella “giusta” direzione.

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