In questi giorni, alla fine di un anno terribile, i cittadini veronesi sono chiamati a pagare il saldo della tassa urbana sui rifiuti TARI per l’anno 2020: il tributo destinato a finanziare i costi comunali relativi al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Molti si chiedono se quanto stanno pagando sia adeguato al servizio ricevuto e se sono stati attuati tutti i possibili  risparmi nella differenziazione e nello smaltimento di quanto raccolto.

La pubblicazione del Rapporto rifiuti urbani Edizione 2020 – Produzione e Gestione anno 2019 link da parte dell‘ARPAV (Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto)  offre la possibilità di stimare quanto potrebbe essere il risparmio che il Comune di Verona realizzerebbe con una gestione più efficiente.

Il rapporto annuale ARPAV diventa il documento che certifica i dati relativi alla raccolta differenziata nei 563 comuni veneti, come stabilito dalla   Legge Regionale del 21.01.2000 n. 3 all’ articolo 39, ed è importante perché l’ammontare del tributo pagato per lo smaltimento dei residui in discarica è determinato in funzione dei quantitativi delle tipologie di rifiuti smaltiti da ogni comune.

Visto il costo ambientale delle discariche e la mancanza di nuove aree idonee allo scopo, uno dei principali parametri di valutazione ARPAV è il grado di raccolta differenziata, inteso come quantità di prodotto raccolto che può trovare una destinazione utile (carta, plastica, vetro, umido…) rispetto alla quantità totale generata. 

Su questo si basa il metodo di ripartizione dei costi delle discariche fra i comuni: far pagare di più chi è meno virtuoso secondo il principio che chi più inquina più paga.

Il rapporto per il 2019 ha certificato che 13 su 563 Comuni non superano il 50% di raccolta differenziata e pertanto le loro Amministrazioni sono soggette a un tributo pari a 25,82 € per tonnellata di rifiuto conferito in discarica. Tra questi figura il Comune di Verona.

Ben 516 comuni superano l’obiettivo del 65%, obbligo di legge dal 2012,  e pagano 7,75 € per tonnellata, 34 comuni presentano una percentuale compresa tra 50% e 65% e pagano 16,78 € per tonnellata.

Diventa lecito chiedersi quanto il Comune di Verona risparmierebbe se attuasse una gestione più efficiente eguagliando le performance dei capoluoghi più virtuosi.

ARPAV dice che Verona porta in discarica ogni anno circa 250 Kg di rifiuti per abitante contro i circa 65 Kg di Treviso, dove la raccolta differenziata da anni si attesta oltre l’80%. Facile perciò calcolare che il risparmio ottenibile da una Verona virtuosa si aggirerebbe attorno a 1,5 milioni di € all’anno.

Una cifra significativa a cui si potrebbero aggiungere i ricavi derivanti delle maggiori quantità di materia selezionata e riutilizzata in un ciclo produttivo industriale.

Si tratta di una quantità di denaro pubblico non trascurabile che, in un momento di difficoltà economica come l’attuale, sarebbe molto utile per l’Amministrazione cittadina poterne disporre.

Invece, in condizioni normali di Bilancio Comunale, si userebbero anche per finanziare iniziative ambientali interessanti: dall’allungamento dei tempi di funzionamento dei nidi, alla ristrutturazione delle scuole, alla creazione delle piste ciclabili, e altro.

Appare chiaro che a Verona si è di fronte a un significativo deficit strutturale di gestione dei rifiuti che si traduce in maggiori costi per i contribuenti oltre a una crescente pressione sulle discariche.

Però il dibattito cittadino su questo argomento è praticamente assente e l’Amministrazione si dimostra più interessata ai problemi di governance dell’Amia: spendere imprecisati milioni di euro per sottrarre l’azienda dall’aggregazione con AIM Vicenza. Si veda l’Ordine del giorno presentato dalla consigliera Paola Bressan (FdI) e approvato dal Consiglio comunale del 17 Dicembre 2020.

Opportuno infine anche domandarsi quanto la sensibilità dell’attuale classe dirigente sia distante dalla necessità di attuare un’economia circolare che renda più sostenibile la vita dei cittadini.