Lui è fatto così. Ha appena vinto tre a zero in trasferta, eppure della partita quasi non parla. Altri al suo posto ti appiopperebbero chissà quali sermoni. Loda le qualità dell’Arezzo, che peraltro deve aver visto solo lui, poi passa alle bellezze della Toscana, terra che ama, e infine confessa di essere felice di aver fatto bella figura perchè, e lo aveva detto ai suoi ragazzi, ci teneva a onorare Liliana Segre, che ad Arezzo era stata qualche giorno addietro a portare la sua testimonianza. Ok, ma della partita? «Abbiamo fatto tanta fatica, credetemi. La partita è stata decisa dal calcio di rigore del 2-0. Se c’era o no, non lo so. A me sarebbe bastato vincere uno a zero al 90°». Così Gigis Khan e suoi han conquistato le steppe dell’Aretzistan. Unico e inimitabile Gigi Fresco: 39 anni di fila sulla stessa panchina in Italia non li ha fatti mai nessuno; ha persino superato due icone come lo scozzese Sir Alex Ferguson e il francese Arsene Wenger; per il record, davanti gli rimangono solo la leggenda dell’Auxerre Guy Roux, 43 anni, e due britannici, l’inglese Fred Everiss, 46 anni al West Bromwich tra il 1902 e il 1948, e lo scozzese Willie Maley, 43 anni al Celtic tra 1897 e il 1940: «Ma è impossibile che questi due abbiano allenato durante le due guerre. Per forza di cose si devono essere fermati», puntualizza. Sta bene in C, ma certo non rinuncia alla pazza idea di salire ancora un gradone; non lo dice apertamente ma il suo sogno è quello.

La squadra  che ha forgiato in estate è una miscela di giovani e gente esperta: i vari Bentivoglio, Cazzola, Danti, Arma a fianco di una nutrita truppa di debuttanti in categoria; due ragazzi schierati al centro della difesa, il ventunenne Santiago Visentin e Filippo Pellacani che di anni ne ha solo uno in più. E lo stanno ben ripagando: se in passato i troppi gol al passivo hanno spesso rasentato il tasto dolente, quest’anno la porta di Sibi, o Giacomel, è stata violata una sola volta. Come diceva quel tale, «gli attaccanti ti fanno vincere le partite, le difese i campionati». Fresco lo deve aver preso in parola.  E la sua Virtus va. Dove, è ancora presto per dirlo, ma intanto va. Laurea in pedagogia, l’impiego di dirigente scolastico a Lavagno, il piccolo mondo Virtus che lo assorbe (ma è pur vero il contrario): sveglia presto la mattina, un saluto a mamma Rina al piano di sotto, caffè e quattro chiacchiere con gli amici giù al bar della Virtus, la scuola e quindi via di corsa al “Mazzola”, il campo di allenamento. Nel doppio ruolo di presidente e allenatore; se mai le cose dovessero andar male, toccherebbe a lui esonerarsi. Roba che neanche Alberto Sordi al Borgorosso Football Club. Al Gavagnin va a piedi, tanto abita a cento metri; le serata del giovedì raduna tutti al Ranch Rocce Rosse, il suo buen retiro, per la cena di squadra, un rituale sin dai tempi in cui la cena la si faceva in garage con le mamme a servire il risotto. Ama la musica, Samarcanda di Vecchioni è il suo cavallo di battaglia, ma il suo mantra è Vasco Rossi: «Come dice lui, io sto sempre dalla parte di chi ha passato una brutta giornata». D’altronde alla Virtus l’impegno nel sociale è in cima alla scala dei valori. Sibi Sheikh, il suo portiere, in Italia ci è arrivato sul barcone nella traversata della speranza senza nemmeno una sacca dove mettere i suoi sogni. Voleva giocare a calcio, Gigi ne ha fatto un professionista che oggi difende la porta della sua nazionale, il Gambia. Bella storia. E Gigi Fresco è uno che di belle sa scriverne parecchie. Lui è fatto così. 

Gigi Fresco, nel dopo gara di Arezzo-Virtus Verona