C’è un’immagine particolare che più di altre mi porto dietro di quei surreali giorni di 25 anni fa. Quell’immagine è la copertina di Autosprint che trovai in edicola il martedì successivo a quel maledetto 1 maggio. Uno sfondo inusuale nero e un titolo breve a tutta pagina a caratteri maiuscoli rossi: È MORTO SENNA. Null’altro. Nella sua essenzialità qualcosa di estremamente forte per chi come me assistette incredulo, in diretta tv a quei tragici accadimenti. Leggerlo fu come realizzare improvvisamente che tutto era successo per davvero, non era stato un incubo notturno o una sorta di fiction sportiva andata in onda in mondovisione. Ayrton Senna non c’era più e non l’avrei mai più rivisto in pista.

L’incidente sul circuito di Imola del 1 maggio 1994

A scanso di equivoci lo confesso subito. Il primo maggio 1994 avevo 18 anni, ero all’ultimo anno di liceo ed ero appassionato di Formula 1. Ma non di Senna. Direi che quasi gli tifavo contro, io giovane sfegatato ferrarista, che masticavo amaro per i deludenti risultati della Rossa, causati soprattutto dalle vittorie dell’asso brasiliano. Come nel 1990 quando a Maranello avevano finalmente ingaggiato un vero campione, il rivale numero uno di Senna, il tre volte campione del mondo Alain Prost soprannominato “il professore”. Grazie proprio a Prost e alla sua F1-90, la Ferrari era tornata in lizza per il mondiale piloti dopo tanti anni e nel finale di stagione era stata in procinto addirittura di scalzare Senna dalla testa della classifica. Un folle incidente al via del Gran Premio del Giappone a Suzuka – penultima prova stagionale – causato intenzionalmente dal brasiliano, mise fuori causa Prost ponendo fine ai sogni iridati dei ferraristi.

Il pilota francese Alain Prost

Prima dell’avvento di Senna nel circus – datato 1984 – Alain Prost aveva rappresentato per quella generazione di piloti il riferimento da battere. Velocissimo soprattutto quando occorreva, dotato di uno stile di guida estremamente pulito ed efficace, era, inoltre, anche un abile calcolatore e in gara sapeva ottenere sempre il meglio da vettura e strategie. Infine era il miglior collaudatore che ci fosse in circolazione, capace di regolare il set up della vettura come nessun altro. Non a caso a fine carriera nella massima serie, il francese era diventato il più vincente tra tutti loro, sia per numero di gran premi vinti che per titoli mondiali e punti accumulati in classifica. Ma fu il migliore anche al cospetto del brasiliano? I numeri direbbero di sì, la realtà, però, fu leggermente diversa.

L’esordio in F1 di Senna avvenne alla guida della modesta Toleman mentre al tempo Prost condivideva il vertice con Niki Lauda. Ci vollero, tuttavia, pochi GP perché i due, nonostante il forte divario di mezzi, venissero al confronto. Teatro del loro primo incontro, seppur a distanza, fu Montecarlo ’84, una gara disputata sotto un diluvio la cui durata, per ovvie ragioni di sicurezza, venne addirittura dimezzata. Bastarono comunque pochi giri per consentire a Senna di mettersi in mostra, grazie a una guida magistrale sul bagnato. A dispetto della giovane età, pur partendo dalle retrovie, agguantò il secondo posto sfiorando quasi la vittoria. Quel Gran Premio fu solo il primo di una lunga serie di sfide tra i due. Una rivalità quasi estrema, soprattutto a causa di Senna che non volle mai entrare in confidenza con il pilota francese, nemmeno nel biennio 1988-89 trascorso insieme alla McLaren. Il rapporto si logorò fino a spingere Prost a lasciare quella che era stata la sua “famiglia” per tanti anni per approdare alla Ferrari. Nel decennio 1984-1993 – anno del ritiro di Prost dalle corse – i due campioni ebbero modo innumerevoli volte di duellare in pista, con condotte di gara a volte spettacolari, sorpassi mozzafiato, senza dimenticare i due famosi incidenti a Suzuka oltre il limite del concepibile. Non mancarono, inoltre, polemiche a distanza che riempirono pagine di giornali e spazi televisivi. Per un motivo semplice che emerge dalla rilettura fatta a distanza di tempo della loro vicenda: non c’è stato Senna senza Prost, non c’è stato Prost senza Senna. È stata la loro rivalità ad aver creato la leggenda, l’epica di questo confronto. Ad avere innalzato le loro stesse prestazioni in pista a livelli incredibili. E la fine tragica di Senna a Imola, a soli pochi mesi dal ritiro di Prost dalle corse, ne ha consacrato il mito.

Senna e Prost sul podio del Gran Premio di Australia del 1993

L’immagine rappresentativa di tutto questo è il podio del gran premio di Australia 1993. Prost, arrivato secondo e con in tasca già il suo quarto titolo mondiale e Senna alla sua ultima vittoria, ignaro che avrebbe poi disputato solamente i primi tre gran premi della successiva stagione, peraltro senza mai terminarli, prima del tragico incidente di Imola. Il francese, inoltre, alla fine del campionato avrebbe lasciato la Williams per far posto proprio al talentuoso pilota brasiliano. Ciò che accade su quel podio di Adelaide a fine stagione fu veramente incredibile: i due eterni rivali, che fino al giorno prima non incrociavano nemmeno gli sguardi, all’improvviso si tendono la mano e si abbracciano, con Senna che trascina Prost sul gradino più alto, per condividere la gioia con la folla osannante sotto di loro. Il campione brasiliano realizza che per lui e per il suo eterno rivale è finita l’epopea della sfida e non ha più ragion d’essere l’inimicizia che li ha accompagnati a lungo. Intervistato anni dopo per uno speciale su Senna da Sky Sport UK, Alain Prost rivelerà che in quel periodo lui e Ayrton erano entrati in confidenza a tal punto da sentirsi spiazzato dall’atteggiamento del brasiliano, diventato l’opposto di quando erano avversari in pista. «Non posso dire che fossimo diventati amici – racconta il pilota francese – ma iniziammo molto a parlare tra di noi senza mai, però, affrontare il passato. E questa è stata senza dubbio la cosa giusta.»

Ayrton Senna a fianco di una Mc Laren

Purtroppo sappiamo tutti come è andata. La scomparsa prematura del campione brasiliano ha sconvolto gli appassionati di Formula 1 e non solo. I funerali pubblici degni di un capo di stato testimoniano quanto fosse amato. Personalmente non ho più seguito la Formula 1 con la stessa passione di prima, come se dalla scomparsa di Ayrton si fosse spento qualcosa dentro di me. Fu la prima volta che la mia generazione assistette in diretta tv a una tragedia in pista, un evento che ha lasciato un segno inevitabile.

Ho gioito negli anni successivi della lunga serie di vittorie Ferrari dell’epoca di Schumacher ma la passione di un tempo, forse dovuta anche all’età e, soprattutto, a causa di quell’evento segnante, non c’è più stata. L’immagine con cui voglio chiudere questa storia è legata ad Ayrton Senna e all’estate del 1994 in occasione della finale dei mondiali di calcio disputata a Pasadina tra Italia e Brasile la sera del 17 luglio, terminata con la vittoria ai rigori della nazionale verde oro. Da una parte la disperazione azzurra e dall’altra la gioia mista a commozione dei campioni del mondo, con nelle menti ancora impressa la tragedia di Imola di pochi mesi prima. Dunga & compagni, infatti, dopo aver alzato la coppa al cielo, dedicarono la vittoria al grande pilota brasiliano con uno striscione “SENNA ACELERAMOS JUNTOS, O TETRA È NOSSO”. È passato così tanto tempo eppure siamo ancora qua, Ayrton, ad accelerare con te.