La malattia di Parkinson è una patologia neurodegenerativa che colpisce circa il tre per mille della popolazione generale e attorno all’uno per cento di quella oltre i 65 anni. Al contrario dell’opinione comune, il Parkinson riguarda anche adulti tra i 30 e i 50 anni, producendo notevoli condizionamenti nelle scelte di vita e nella quotidianità di ognuna delle persone colpite.
Diverse importanti organizzazioni promuovono la ricerca e supportano i malati nel miglioramento della qualità della vita. Tra di esse l’associazione Parkinson&Sport, sorta nel 2017 per iniziativa del fondatore Stefano Ghidotti, mental coach e triatleta, che si occupa di promuovere l’attività sportiva tra coloro a cui è stata diagnosticata la malattia.
Ne abbiamo parlato con Mauro Bert, socio dell’organizzazione e appassionato sportivo, nonchè promotore di alcune iniziative dell’Associazione.

Bert, come è nata la sua collaborazione con l’associazione?

«Mi è stato diagnosticato il Parkinson – una forma lieve, sono fortunato – e da subito ho capito che l’attività fisica doveva diventare la mia medicina, sia per combattere i sintomi fisici, sia per prevenire ansia e depressione. Ho conosciuto l’associazione, le loro attività, le persone che la compongono e ora vi partecipo attivamente. Ci adoperiamo per fare in modo che le persone affette da Parkinson abbiano una vita normale.
Devo dire che nel passato non sono stato uno sportivo agonista. Ho praticato varie attività fin da ragazzo, in particolare trekking, sci, nuoto, bici, ma sempre con un’ottica ludico ricreativa. Torinese di origine e trentino di adozione, ora ad Iseo (Bs) per stare vicino a mia figlia e ai nipoti, mi sono dedicato agli sport che il territorio meglio mi proponeva nel poco tempo libero. Adesso, viceversa, la pratica sportiva è un elemento essenziale e quotidiano della mia vita.»

Parkison e sport rappresentano un connubio indissolubile…

«I tremori, la rigidità, la lentezza dei movimenti sono i sintomi fisici del morbo, quelli noti a tutti. Sono causati dalla morte delle cellule che producono la dopamina, neurotrasmettitore essenziale per controllare il movimento. Non c’è una cura definitiva, si parla di vaccino, ma chissà quando arriverà. Quello che è certo è che i farmaci che alleviano i sintomi hanno la loro efficacia, ma altrettanto importante è l’attività fisica e quella intellettuale. Chi è più attivo ha innegabili benefici in termini psicofisici.»

In che modo l’associazione promuove lo sport tra i soci?

«La maggior parte dei soci di Parkinson&Sport ha un’età compresa tra i 40 e i 60 anni, è nella possibilità di vivere lo sport ancora in maniera agonistica. Io ne ho 72 e il mio approccio è differente. In ogni caso, l’associazione organizza e promuove iniziative a carattere sportivo e la partecipazione ad eventi di diverso livello competitivo che diventano un’occasione di relazione, di socialità, di confronto tra parkinsonauti, così ci definiamo per dare un senso di movimento, di attività. Combattiamo contro “mister Parkinson”, contro i limiti che ci propone, prima ancora che contro un cronometro o un avversario. Da questo punto di vista tutti noi siamo agonisti e competitivi alla stessa maniera.»

Quali sono state le vostre iniziative principali e quelle in cantiere per i prossimi mesi?

«I Bikeride, percorsi di più tappe che i nostri soci hanno completato in bicicletta, da Torino a Venezia o da Pavia a Roma, sono stati un successo da tutti i punti di vista. Hanno contribuito a creare delle relazioni forti, per molti sono stati uno stimolo ed un obiettivo concreto per il quale prepararsi, ma in primo luogo hanno rappresentato un’occasione di confronto significativo in cui sono emersi spirito di solidarietà e grande disponibilità al supporto reciproco. Personalmente, poi, sto lavorando ad un progetto che mi  appassiona molto. Si chiama Parkinson&Trekking, un cammino a tappe di sei giorni attraverso le Dolomiti. Partenza il 29 agosto e ritorno previsto per il 3 settembre.
Si è parlato molto, ad esempio, di Parkinson e nordic walking, questo però è un progetto innovativo. Saremo accompagnati da un paio di guide esperte, ma stiamo anche cercando di organizzare un team con competenze specifiche in ambito neurologico che ci accompagni. Studiare il comportamento dei parkinsonauti ad alta quota, tema su cui non esistono molte informazioni, sarebbe come detto un’interessante opportunità scientifica. Ci stiamo lavorando. Il progetto mi sta, dunque, assorbendo molto a livello organizzativo, ma anche nella preparazione. Organizziamo delle uscite di trekking per arrivare più in forma possibile.
Per chi fosse interessato alla nostra iniziativa, può seguirci sulla pagina facebook dell’iniziativa: https://www.facebook.com/ParkinsonTrekking/

Vi state preparando a dovere, siete motivati e pronti per il trekking? Quanto sarà impegnativo?

«Fino a poco tempo fa mi era complicato gestire le fatiche del dislivello durante i trekking, oggi ho degli obiettivi che mi motivano e in più dei compagni con cui condividere una parte degli allenamenti. Credo sia questo l’aspetto più positivo e stimolante di queste iniziative. E poi c’è sempre il piacere della contemplazione dei panorami e della natura.
Entrando nello specifico, dormiremo in quota, perciò riusciremo a limitare il dislivello a circa 500 metri al giorno, tranne in una tappa in cui faremo intorno ai 7/800 metri. Abbiamo un obiettivo ambizioso per chi vorrà cimentarsi: vorremmo infatti raggiungere la sommità del Sasso Piatto all’alba. Questo pensiero ci aiuta e stimola nell’organizzazione delle gitarelle settimanali di preparazione.»

Mauro Bert in Mtb sulle Dolomiti, sullo sfondo lo Sciliar e l’altopiano del Rifugio Bolzano

Parteciperete anche alla maratona di Verona?

«Sì, circa una decina di nostri associati il primo maggio saranno al via della Half Marathon Giulietta&Romeo. Per me sarebbe una sfida troppo grande. Gli obiettivi devono essere ambiziosi, ma mai eccessivi.»

In chiusura, quale messaggio volete mandare con la promozione di questi eventi?

«Credo che sia importante trasmettere l’idea che è possibile condurre una vita normale, che è possibile avere relazioni stimolanti, porsi nuovi obiettivi, essere attivi. Se penso alla mia esperienza posso dire che io oggi non ho tempo di pensare alla vecchiaia, perché devo combattere il Parkinson. Quando cammino non mi sento solo in questa battaglia. Medito, rifletto, ma non ho pensieri negativi. Poi con gli sportwatch che rilevano l’attività svolta non si è mai completamente soli, c’è sempre l’occasione per un confronto, anche se a distanza, con altri parkinsonauti. Infine, direi che il messaggio più chiaro e completo possa provenire dai Parkinson Games, una sorta di Giochi Olimpici di tutti i parkinsonauti. Il Parkinson non produce un deficit fisico misurabile e stabile, pertanto, per chi è afflitto da questa malattia, non c’è accesso alle Paralimpiadi. Con questo evento, in programma ad agosto ad Eindhoven in Olanda si vuole creare una festa dello sport e un momento di confronto e aggregazione tra parkinsonauti che superi i limiti nazionali.»

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