L’articolo 103 del Decreto Legge del 19 Maggio 2020, N° 34, da tutti conosciuto come “Sanatoria”, rimane un rebus di difficile decifrazione. Nonostante la data del 15 agosto sia sempre più prossima, ultimo giorno utile per aderire, molti sono i dubbi interpretativi e ancora oggi sono continui i chiarimenti emanati e necessari. Proviamo a fare un po’ di ordine.

La norma, per quanto riguarda il Comma 1, si applica alle aziende agricole, agli allevamenti, alla pesca e alla zootecnia, oltre che agli ambiti del lavoro domestico e della cura della persona  – badanti e colf, ad esempio –. Secondo normale consuetudine sono i codici attività con cui le aziende sono registrate all’Ufficio del Registro che discriminano gli aventi diritto.  Le disposizioni si rivolgono ai datori di lavoro che a) intendono far emergere e regolarizzare rapporti di lavoro preesistenti casi di lavoro nero – o che b) identificano specifici soggetti che ritengono necessari per fini lavorativi.
L’accesso alla sanatoria in ogni caso viene riservata ad imprenditori, privati e lavoratori sui quali non pendano cause ostative, intese come condanne definitive per particolari reati. Inoltre, in riferimento agli stranieri irregolari, è necessario che essi dimostrino di essere in Italia continuativamente da prima dell’8 Marzo 2020.

Per quanto riguarda l’emersione del lavoro nero, punto a) della nostra narrazione, non vi è una discriminazione tra stranieri e italiani. Al contrario di quanto si crede, riguarda tutti. Appare altresì evidente che la Sanatoria comunque non possa avere successo. Chi si è agevolato di rapporti di lavoro non conformi alla Legge non vedrà di buon occhio l’emersione delle posizioni irregolari, a maggior ragione se l’operazione è a titolo oneroso – 500 € a lavoratore – con il rischio di vedere incrinata la propria reputazione nei confronti degli uffici competenti e con la necessità di versare il pregresso, almeno in parte.
Forse più appetibile risulta essere per gli stranieri la richiesta di permesso per lavoro subordinato di cui al punto b), sebbene vadano poste alcune precisazioni. Se uno straniero è regolare e viene richiesto da un datore di lavoro, non c’è e non c’è mai stato bisogno di una Sanatoria. Nonostante alcune teorie divergenti e poco attente alle norme, gli stessi richiedenti asilo sono soggetti regolarmente in Italia e nella possibilità di avviare rapporti di lavoro fino ad eventuale rigetto definitivo della loro pratica. Pertanto il punto b) va inteso come applicabile e utile in particolar modo per gli stranieri irregolari, casistica non marginale, ma sicuramente inferiore a quanto promosso in generale a livello mediatico. Si pensi poi che il lavoratore, prima del rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, dovrà dimostrare di avere una retribuzione non inferiore a 459,83 € mensili e un contratto almeno di 20 h settimanali. Confrontando queste disposizioni con quanto normalmente avviene nel settore agricolo – in cui è spiacevole consuetudine far lavorare un numero di ore ben superiori al dichiarato – risulta difficile pensare che questa Sanatoria possa essere una opportunità per molti.

La norma prosegue poi con il Comma 2 che si rivolge direttamente ai cittadini stranieri irregolari con permesso scaduto dopo il 10/2019, continuativamente in Italia da prima di marzo 2020 e in possesso di passaporto o altro documento equipollente e che abbiano già lavorato nei settori identificati dalla Sanatoria negli anni precedenti e infine che abbiano domicilio dimostrabile. Si può ben comprendere come molti siano i soggetti esclusi dalla norma. Si pensi a coloro i quali sono in Italia senza passaporto – ad esempio tutti i soggetti provenienti dalla Guinea Conakry che nemmeno possono ricevere documenti consolari – ma soprattutto ai numerosi stranieri che, in quanto irregolari, di rado possono dichiarare di essere ospitati. Per chi aderisce al Comma 2, la prospettiva è quella di un permesso temporaneo di sei mesi, non rinnovabile, ma convertibile in permesso di soggiorno per lavoro subordinato, dimostrando di essere riusciti ad ottenere, durante la durata del permesso, un rapporto di lavoro in uno degli ambiti indicati dalla Sanatoria.


Uno dei temi più controversi dell’intero impianto normativo riguarda i richiedenti asilo. Alla Sanatoria possono accedervi per entrambi i commi. Tuttavia, per poter procedere con l’adesione al Comma 2, agli stessi viene richiesto di rinunciare al procedimento di riconoscimento di protezione internazionale, in quanto solo così possono formalmente risultare irregolari in Italia. Su questo punto molti sono i dubbi legali sollevati dagli esperti del settore e da molte Associazioni, in quanto il diritto di asilo è tutelato non solo dalle norme internazionali, ma anche dalla nostra stessa Costituzione. Emerge quindi una netta incongruenza tra la nostra Carta e l’interpretazione applicativa dell’articolo 103. Un ulteriore elemento di criticità è dato dal fatto che l’adesione alla Sanatoria e la conseguente rinuncia alla richiesta di asilo porteranno molte persone ad uscire dall’accoglienza. In considerazione della difficoltà per gli stranieri in Italia di trovare abitazioni, se non con l’intervento degli Enti Gestori o del privato sociale, una massiccia adesione alla Sanatoria potrebbe provocare una tensione sociale non indifferente.

Appare evidente che la norma sia un testo di legge molto complesso e che sia stato scritto in fretta, senza aver digerito tutte le casistiche e senza aver effettivamente tracciato in modo realistico le potenziali adesioni. In questo senso ancora oggi rimangono diversi dubbi, sia ad esempio sui tempi dell’iter per l’ottenimento del permesso per lavoro subordinato di cui al Comma 1, sia sulla gestione sanitaria di tutti quei soggetti per i quali il percorso della Sanatoria è ancora in corso.
Va detto d’altra parte che il testo offre delle concrete aperture non solo per i datori di lavoro che intendono autodenunciare rapporti di lavoro irregolari, si suppone una infinitesimale minoranza, ma soprattutto per i tanti cittadini stranieri che negli ultimi anni hanno verificato l’alta percentuale di diniego alle richieste d’asilo presentate. Si pensi ad esempio che la Corte d’Appello di Venezia rigetta quasi il 100% delle domande di asilo.
L’articolo 103 è dunque una soluzione, ingarbugliata e controversa quanto si vuole, ma utile e necessaria per tutte quelle persone in attesa di ricevere un quantomai probabile rigetto della propria istanza o che già hanno visto respinta ogni richiesta di asilo nonché in un contesto in cui già è stata abolita la protezione umanitaria. Per tutti questi soggetti la Sanatoria è una grande opportunità, ma anche l’unica.

In balia di norme, codici, chiarimenti e burocrazia, non è infrequente che lo straniero, forte di un sistema accoglienza che in qualche modo lo tutela, assuma un atteggiamento passivo e decida di non scegliere rinunciando ad una qualsivoglia opportunità di ricevere un permesso per lavoro, condizione indispensabile per poter accedere un domani ad ogni altro permesso di maggior forza e tutela. Tali comportamenti di passività sono giustificati da una profonda disillusione e sfiducia verso lo Stato Italiano che, va ricordato, nel recente passato ha cambiato radicalmente lo scenario in materia di immigrazione con l’emanazione dei Decreti Sicurezza.  Inoltre, in alcuni casi tali comportamenti non sono del tutto contrastati dagli Enti Gestori che, con i nuovi capitolati, non sono tenuti ad assistere ed informare legalmente i loro ospiti. Sta però, nei fatti, unicamente a loro di portare agli stranieri in accoglienza quelle informazioni necessarie per una scelta consapevole.
L’articolo 103 della Legge 19 Maggio 2020, n° 34 è dunque un’opportunità significativa, ma non facile da cogliere. Occorre la coesistenza di professionalità e competenza legale, mediazione culturale, efficienza operativa e, non trascuriamolo, lavoro regolare. Per non trascurare la disponibilità del territorio ad accogliere le persone sanate.