Le elezioni politiche spagnole, le quarte degli ultimi quattro anni, ancora una volta non hanno risolto le difficoltà ormai endemiche nel trovare una maggioranza parlamentare che sostenga il governo, in un Paese unito – nei suoi attuali confini – da più di cinquecento anni, ma mai così diviso come allo stato attuale. Al contrario, queste elezioni hanno paradossalmente aggravato quelle difficoltà, corroborando l’inutilità di tornare ai sondaggi in cerca di una soluzione “aritmetica” per un problema che era e rimane ancor di più di ben altra natura. Problemi a cui, peraltro, l’Italia dovrebbe guardare con assoluto senso di responsabilità. Spostare la logica della maggioranza assoluta dai partiti ai cosiddetti “blocchi” ha causato una grave paralisi politica e, contemporaneamente, una polarizzazione e una radicalizzazione della vita pubblica spagnola il cui risultato più palpabile è stato l’allarmante rafforzamento dell’estrema destra. Il risultato eccezionale di Vox di Santiago Abascal – che passa sorprendentemente (almeno per alcuni) dai precedenti 24 seggi in Parlamento agli attuali 52 (che la convertono nella terza forza politica del Paese) – è una conseguenza preoccupante e un allarme per tutti gli Stati europei che sono alle prese con la deriva populista e razzista di questi tempi.

Albert Rivera e Inés Arrimadas

Il candidato socialista Pedro Sánchez (nella foto in alto di copertina) rimane ancora oggi, in Spagna, l’unico leader in grado di esprimere la maggioranza, nonostante non abbia riconvalidato il numero di seggi ottenuti sette mesi fa, in aprile, nelle precedenti elezioni. Ha perso, in realtà, solo tre seggi (da 123 a 120), ma il dato è di per sé già significativo, visto che ancora una volta chi ha tentato di creare una maggioranza di Governo in grado di donare stabilità al Paese è stato “logorato” nel suo consenso. D’altra parte il rifiuto di Albert Rivera della lista civica “Ciudadanos” di raggiungere qualsiasi patto alla sua sinistra ha condannato dal primo momento la fattibilità della precedente legislatura, e sarebbe stato molto meglio se il Partito socialista lo avesse riconosciuto senza prorogare le scadenze in cerca di un beneficio elettorale che alla fine è decisamente sfuggito. È vero che la ripetizione elettorale ha indebolito “Unidos Podemos” nella lotta per condizionare le politiche della sinistra, allargando il margine del Partito Socialista di Sanchez per respingere la formula del governo di coalizione, insistentemente richiesta da Pablo Iglesias. Nessuno di questi rischi sarebbe oggi sul tavolo se la forza più punita in questa chiamata, “Ciudadanos”, avesse trovato in primavera l’accordo con il Partito Socialista invece di rivendicare una leadership che le cifre non confermavano in alcun modo. La severa punizione inflittagli dai sondaggi non compensa le devastazioni che la sua strategia ha causato, distruggendo la centralità del sistema politico e allargando le porte delle istituzioni a una forza potenzialmente pericolosa come Vox. I risultati ottenuti dai cittadini hanno messo inevitabilmente in discussione il suo leader, Albert Rivera, che stamattina si è dimesso dalla presidenza del partito e lasciano in una posizione complicata il suo probabile successore, la giovane Inés Arrimadas.

Pablo Casado del Partido Popular

Pablo Casado del Partito Popolare lascia queste elezioni in una posizione ambivalente in quanto i progressi rispetto ai risultati della precedente chiamata gli danno un’estensione interna notevole, dimostrando i limiti della sua leadership. Una delle chiavi che spiega la relativa stagnazione del PP è stato il tentativo di conciliare due obiettivi fra di loro contraddittori, come la moderazione verso il centro dell’elettorato e l’accettazione simultanea dell’agenda politica dell’estrema destra, contrassegnata dall’ultranazionalismo, dalla xenofobia e dall’immancabile nostalgia per i tempi in cui regnava incontrastato “el Caudillo” Francisco Franco.

In virtù dei risultati elettorali di questa domenica, più che le combinazioni di possibili maggioranze da trovare attorno a Pedro Sanchez, sarebbe importante esplorare le possibilità di un programma “minimo” che consenta l’avvio di una legislatura, a questo punto urgentissima. La volontà di negoziare il contenuto di questo programma sarebbe il passo essenziale per facilitare l’adempimento del Parlamento, senza ulteriori ritardi e con il dovere istituzionale di investire un candidato e sostenerne poi un’azione del governo. Ma anche per fermare la forza centrifuga che ha posto agli estremi una capacità decisionale politica destabilizzante, che dovrebbe essere immediatamente recuperata dalle varie forze costituzionali.

Santiago Abascal dell’ultradestra Vox, il vero vincitore di questa tornata elettorale spagnola