Ok, fino a questo momento ci siamo prima di tutto indignati. Ci siamo indignati per il patrocinio del Comune di Verona e soprattutto del Ministero della Famiglia. Ci è venuto, però, anche da sorridere pensando alla partecipazione di Giorgia Meloni, che non ha voluto far mancare, e ci mancherebbe altro, la sua presenza a questo meeting. Ci siamo stupiti, quando abbiamo scoperto che il Presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani, inizialmente dato fra i relatori, si è tirato indietro o quando Palazzo Chigi ha diffuso una nota in cui comunicava di non aver mai dato il proprio appoggio all’iniziativa. Ci siamo, a dirla tutta, anche vagamente divertiti, ironizzando sull’intervento di alcuni relatori (dall’Arciducaconte Pinco Pallo a Sua Maestà Serenessima Serenella Mazzanti Viendalmare) che, onestamente, valgono da soli il “prezzo del biglietto”. Abbiamo protestato e soprattutto abbiamo organizzato marce e contromanifestazioni che si svilupperanno in centro città, a Verona, nel pomeriggio di sabato 30 marzo per esprimere il dissenso nei confronti di chi ha promosso questo appuntamento. Ma adesso, finalmente, è arrivato il momento di parlare dei contenuti di questo XIII World Congress of Families che, ricordiamo ancora una volta, si terrà nel Palazzo della Gran Guardia dal 29 al 31 marzo 2019.

Già, perché approfondendo l’argomento scopriamo che attivisti statunitensi ed europei hanno stilato da tempo un lungo elenco, denominato “Agenda Europa”, di ben 29 obiettivi considerati realizzabili per tornare indietro sui Diritti Umani nel nostro Continente: si tratta di una sorta di dettagliata strategia chiamata Ripristino dell’Ordine Naturale, che mira a ribaltare le leggi esistenti sui diritti legati alla sessualità e alla riproduzione. E il Congresso di Verona – organizzato da Pro Vita e Generazione Famiglia insieme all’International Organization for the Family – potrebbe ribadire, in parte, se non in tutto, l’ideologia qui di seguito proposta:

1. Abrogare leggi su unioni tra persone dello stesso sesso e civili.

2. Abrogare tutte le leggi che permettono il divorzio.

3. Abrogare tutte le leggi che permettono l’adozione da parte di omosessuali.

4. Leggi contro la sodomia.

5. Leggi che rendano più difficile il divorzio.

6. Favorire il matrimonio (tasse e leggi sociali).

7. Leggi per proibire la “propaganda omosessuale”.

8. Legalizzare lo studio privato a casa in tutti i Paesi.

9. Cancellare qualsiasi finanziamento a favore di LGBT e dell’aborto nei Programmi di Assistenza Pubblica.

10. Rivedere i programmi di educazione sessuale in aderenza al manifesto per l’Ordine Naturale.

11. Sostenere risoluzioni contro la maternità surrogata a livello di Parlamento Europeo e Consiglio d’Europa.

12. Enfatizzare gli aspetti di “scelta” della sodomia.

13. Vietare la vendita di tutti i contraccettivi farmaceutici.

14. Vietare contratti che includano forniture per aborto, contraccettivi e sterilizzazione.

15. Vietare diagnostiche prenatali.

16. Vietare la Fecondazione in vitro (IVF).

17. Obiezione di coscienza per medici e farmacisti (affinché il rifiuto della cura sia un diritto legale).

18. Divieto di aborto nel Diritto nazionale e in quello internazionale.

19. Convenzione internazionale per proibire qualsiasi uso di cellule staminali umane.

20. Convenzione internazionale per proibire l’eutanasia.

21. In riferimento all’aborto, promuovere diritti genitoriali, congedi e standard igienici restrittivi.

22. Introdurre consulenze pro vita e contro l’aborto.

23. Abolizione delle leggi a favore dell’eguaglianza nell’Unione Europea, in particolare abrogazione degli articoli 21 e 23 della Carta dei Diritti Fondamentali. 

24. Abolizione di tutte le leggi a favore dell’eguaglianza a livello nazionale.

25. Contrastare l’adozione della 5° direttiva in merito all’eguaglianza di trattamento.

26. Creare coalizioni di aziende, società commerciali e proprietari immobiliari di piccola/media grandezza.

27. Propagandare l’incertezza giuridica e le difficoltà amministrative causate dalle leggi contro la discriminazione.

28. Evidenziare il costo delle leggi contro la discriminazione per l’economia nazionale.

29. Criticare le azioni intentate dai sostenitori delle leggi contro la discriminazione.

Appare evidente che, qualora vengano effettivamente discussi questi temi (e a leggere l’elenco dei relatori il sospetto è che sarà proprio così: fra gli altri “spiccano” il presidente moldavo Igor Dodon, il ministro per la Famiglia ungherese Katalin Novak, il patriarca della Chiesa cattolica sira Ignazio Giuseppe IIITheresa Okafor, attivista nigeriana che nel 2014 voleva criminalizzare e rendere reato le relazioni tra persone dello stesso sesso e addirittura frequentare locali e associazioni gay, e Lucy Akello, Ministro “ombra” per lo sviluppo sociale in Uganda, che ha sostenuto la legge antigay che nel suo paese prevedeva l’ergastolo o la pena di morte per gli omosessuali), siamo di fronte a un grosso, grossissimo problema.

In quel caso, nella nostra città verrebbero dichiarati pubblicamente come nemici giurati tutti coloro che appartengono al mondo LGBT (ai punti 1-3-4-7-9-10-12) e si farebbe una “Guerra Santa” alla Legge 194 sull’aborto e alla 898 sul divorzio, conquistate dopo anni di lotte e sacrifici, anche personali. Sono questi tutti argomenti di per sé già fondamentali e che andrebbero sviscerati fin da ora, ma che per motivi di spazio preferiamo per il momento non approfondire. Promettiamo di tornarci prossimamente, con articoli dedicati. Oggi preferiamo concentrarci su un aspetto che ai nostri occhi risulta ancora più eclatante e che di per sé potrebbe essere già dirimente, in un senso o nell’altro.

Appare, infatti, a dir poco stupefacente il riferimento – nei punti 23 e 24 – all’abolizione degli articoli 21 e 23 della Carta dei Diritti Fondamentali e all’abolizione di tutte le leggi a favore dell’eguaglianza a livello nazionale. L’articolo 21 di questa Carta, dal titolo Non discriminazione,recita: «È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale. Nell’ambito d’applicazione dei trattati e fatte salve disposizioni specifiche in essi contenute, è vietata qualsiasi discriminazione in base alla nazionalità». L’articolo 23, dal titolo Parità tra donne e uomini, a sua volta recita: «La parità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione. Il principio della parità non osta al mantenimento o all’adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato».

È evidente che siamo al cospetto di un convegno che, qualora venisse confermata l’intenzione di aderire al Ripristino dell’Ordine Naturale, andrebbe con i suoi contenuti nientepopodimenoche in contrasto rispetto alla Costituzione Italiana. La presenza di ministri (ben tre: della Famiglia, Lorenzo Fontana, dell’Interno, Matteo Salvini, e dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Marco Bussetti), del Senatore Simone Pillon (noto per l’omonimo DDL che sta facendo da mesi discutere l’Italia), del Governatore del Veneto Luca Zaia e rappresentanti vari del Comune e della Provincia di Verona (capitanati, ça va sans dire, dal Sindaco Federico Sboarina) appare, in questo senso, a dir poco “incoerente”, per usare un eufemismo, a meno che questi stessi rappresentanti pubblici non intendano dichiarare apertamente la propria personalissima presa di distanza nei confronti della legge fondamentale attorno alla quale è imperniato tutto il nostro ordinamento e nei confronti della quale hanno pubblicamente giurato.

La Costituzione, lo ricordiamo, recita infatti all’articolo 3: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». L’articolo, che si ispira evidentemente ai valori illuministi, si rifà a un concetto introdotto per la prima volta nelle costituzioni ottocentesche.

Tornare indietro all’epoca della Santa Inquisizione o anche più indietro nel tempo appare un intento che, pur con tutta la buona volontà, non si riesce davvero a scindere dagli intenti dichiarati del Congresso. E sono questi temi che, si badi bene, non toccano da vicino solo le persone appartenenti ai gruppi LGBT, chi vive all’interno di famiglie cosiddette “non tradizionali”, i divorziati o chi un giorno avrà, suo malgrado, la necessità di abortire. È un tema, quello dell’uguaglianza, che riguarda tutti noi, la nostra libertà, i diritti fin qui acquisiti anche, in qualche caso, a costo della vita, conquistati con battaglie e guerre che hanno segnato le epoche più diverse e che appartengono allo sviluppo e all’evoluzione stessa dell’Uomo.

Un congresso, si può giustamente obiettare, non comporta di per sé tornare indietro nel tempo e abolire diritti acquisiti e, si potrebbe anche aggiungere, la libertà di espressione delle proprie idee dovrebbe essere concessa a tutti. A prescindere dal fatto che quelle idee siano difficili da digerire. Tutto vero, ci mancherebbe. Ma dev’essere chiaro un concetto: una cosa è esprimere le proprie idee al bar, con gli amici o persino pubblicamente su un blog personale o su un profilo social. Un’altra è poterle esprimere legittimati non solo dalle associazioni promotrici, ma addirittura – con patrocini, concessione di spazi pubblici e soprattutto presenza dei suoi rappresentantidalle Istituzioni. Quelle stesse Istituzioni che, per prime, hanno il compito di difendere quei diritti inviolabili, con le unghie e con i denti.