Il 15 giugno dovrebbero riaprire i teatri ma c’è chi non si è mai fermato e ha portato il teatro su carta con un progetto che fa gustare con calma testi e immagini di alcuni degli spettacoli più belli e amati. Parliamo di Bam!Bam!Teatro, giovane compagnia teatrale veronese, che nonostante il blocco imposto in questi mesi agli spettacoli, ha ideato un progetto culturale su carta. Ne parliamo con Lorenzo Bassotto, attore, autore, regista e una delle colonne portanti di Bam!Bam!Teatro.

Lorenzo Bassotto

Lorenzo, raccontaci di questa iniziativa editoriale: da dove nasce e qual è l’obiettivo?

«Sono molto affascinato dal lavoro grafico e tipografico. Mi sono sempre occupato in maniera laterale di piccoli progetti editoriali e oltre a ideare pubblicazioni a tiratura limitatissima con Bäckerei Edizioni Private, ho collaborato, quando il mio lavoro di teatrante me lo permetteva, alla realizzazione di progetti grafici, locandine o altro. Quando è nata Bam!Bam!Teatro pensammo da subito di preparare delle pubblicazioni leggere che potessero accompagnare gli spettatori, ragazzi e famiglie, anche dopo l’esperienza vissuta in teatro. Il progetto è rimasto nel cassetto, durante questi sei anni di vita della compagnia, per mancanza di tempo. Le produzioni che nascevano, le tournée e le collaborazioni non ci lasciavano dedicare la cura necessaria a realizzarle come volevamo.

Questa quarantena ci ha permesso, tra le altre cose, di curare per bene questi primi due numeri, dedicati a Capitani coraggiosi e a La guerra dei bottoni, i primi due spettacoli prodotti dalla compagnia. Come dicevo gli obiettivi sono molteplici: permettere di continuare l’esperienza vissuta in teatro insieme a noi, rileggersi il testo e rivedere immagini dello spettacolo, giocare con la storia e i personaggi attraverso una sezione dedicata, oppure semplicemente colorare le immagini stampate al tratto.

Attraverso alcune schede dedicate al romanzo cui ci siamo ispirati si può approfondire il suo autore e il mondo in cui è ambientato. Ci piace molto la eco che lascia un’esperienza teatrale, in noi e nello spettatore. I ragazzi e le famiglie molte volte, dopo aver visto lo spettacolo, ci chiedono del materiale, la locandina, qualcosa da portarsi fisicamente a casa, per cercare di conservare le emozioni provate. Questo è un primo passo per accontentare queste richieste e abbiamo intenzione prossimamente di pubblicare anche le musiche che Olmo Chittò, nostro compositore di casa, ha scritto per molti nostri spettacoli, in modo da propagare ancora più in là quella eco di cui parlavo.» 

A chi vi rivolgete?

«Al nostro pubblico e a chi non ci conosce ancora. Ovviamente partiremo con una tiratura molto limitata per testare l’interesse e poi speriamo di doverne stampare molte copie in più per soddisfare le richieste. Pensavamo poi di aprire una sezione dedicata, sul nostro sito, in modo da ricevere feedback da parte del pubblico, approfondire argomenti trattati nel libretto, pubblicare i disegni colorati dai ragazzi e ovviamente vendere copie dei libretti direttamente dal web. Ci sarà la possibilità di comprare anche tutte le locandine dei nostri spettacoli e pensiamo a qualche regalo per chi ci sosterrà. Per ora la distribuzione sarà fatta da noi e da qualche negozio che ci sostiene ma ci piacerebbe un giorno che fosse distribuito anche da qualche editore specializzato.» 

La nuova iniziativa nasce in collaborazione con illustratori e altri professionisti? Quali e come li avete scelti?

«In realtà i libretti sono fatti interamente dalle professionalità presenti in Bam!Bam! I disegni e la grafica sono miei, le foto di Barbara Rigon, l’ideazione dei giochi un po’ di tutta l’equipe, le schede di Antonella Carli. Tutti hanno collaborato per rendere questi libretti sempre più precisi e funzionali. Dalla scelta della carta riciclata, al formato, alla tipografia e ovviamente alle correzioni. Un bellissimo lavoro di squadra.»

Potrebbe aprirsi una nuova strada, nel mondo editoriale...

«Come dicevo, già alla nascita di Bam!Bam! ci avevamo pensato e sicuramente è una possibilità in più per dialogare con il nostro pubblico. In tempi di comunicazione legata ai social questi libretti suonano un po’ démodé, ma possiamo dirlo senza vergogna, siamo anche noi un po’ démodé. Sicuramente la serie partita ora si arricchirà e cercheremo piano piano di realizzare il libretto di ogni spettacolo, ma come al solito le idee cominciano a fiorire appena le si nutre un po’ e quindi abbiamo già cominciato a parlare di progetti diversi che coinvolgano magari anche altre compagnie. Vedremo.»

Come state vivendo, da professionisti dello spettacolo la situazione dovuta al Covid19?

«All’inizio dell’emergenza ci siamo riuniti, cercando di pensare a operazioni da intraprendere durante l’emergenza. La chiusura totale degli spettacoli per la nostra piccola compagnia è stata una bella batosta. Abbiamo perso una quarantina di repliche in giro per l’Italia, uno spettacolo a Parigi e un debutto molto amato, Oliver Twist al Ristori. Doversi re-immaginare il lavoro in pochi giorni non è facile. Da subito abbiamo deciso di non accodarci alla proposta, spesso autoreferenziale, dello streaming. Tralascio qui le motivazioni etiche rispetto al nostro lavoro, alla qualità di quello che si propone e alla necessità o meno di un tipo di “sperimentazione” in solitudine che non ci interessa.

Ci siamo resi conto inoltre che la massa di proposte per i ragazzi, spesso improvvisata, “ingolfava” il loro tempo, oltre alla didattica a distanza, obbligandoli ad ore e ore davanti ad un monitor. Tutti d’accordo abbiamo deciso che non avremmo alimentato questo “rumore”, abbiamo preferito il silenzio. Abbiamo preferito vivere questi momenti con le nostre famiglie, preparandoci per il futuro, restando in contatto con il nostro pubblico solo sporadicamente per far sentire il nostro affetto. È stato un periodo carico di lavoro e che ci ha avvicinato ancora di più creando opportunità di scambio prima inaspettate.»

Una scena de “La guerra dei bottoni”

Come sarà secondo te il futuro del mondo teatrale post Covid19? E c’è qualcosa che lo Stato o altri possono fare per dare sollievo?

«Domanda complessa, soprattutto la prima. Hanno riaperto praticamente ogni attività escluso lo spettacolo e stiamo ancora aspettando di vedere cosa succederà il 15 giugno. Mi piace molto la proposta fatta dal regista Gabriele Vacis, di aprire i teatri tutto il giorno e anche qualche notte, in modo da farlo diventare un luogo vivo, un luogo di scambio continuo. Dare al pubblico la possibilità di vedere le prove, di partecipare ad una creazione in divenire con tutte le sue traversie, le difficoltà, le vie d’uscita. Levare le poltrone in platea e ricreare una situazione da Teatro Elisabettiano.

Tutte soluzioni che  aiuterebbero il pubblico a essere uno spettatore più partecipe e, quindi, più interessato al mantenimento in vita di un teatro. Per quanto riguarda la sopravvivenza delle strutture teatrali bisogna fare un distinguo tra i diversi ordini di grandezza. Le grosse istituzioni, come ho letto qualche giorno fa, con la chiusura forzata in realtà non perderanno, chiuderanno la stagione in pari se non in attivo grazie agli aiuti e alle mancate uscite per l’allestimento degli spettacoli. Chi ci perderà, come al solito, saranno i lavoratori dello spettacolo che saranno lasciati a casa. Le strutture che hanno contributi come il FUS o altro, risentiranno anche loro un po’ meno il contraccolpo di questo periodo.

Le compagnie indipendenti come la nostra dovranno re-inventarsi cercando di trovare soluzioni alternative in un mercato che per forza di cose sarà fortemente condizionato. Per quanto riguarda la seconda parte della domanda mi viene da dire che le istituzioni potrebbero innanzitutto fare in modo che la nostra categoria, una volta per tutte, venisse considerata alla stregua di tutti i lavoratori, con tutto quello che ne consegue: ammortizzatori sociali, sicurezza, disoccupazione, rispetto dell’intermittenza intrinseca nel nostro mestiere e potrei continuare per un bel po’. 

Un’idea potrebbe poi essere quella della creazione di “buoni spettacolo” un po’ simili al bonus 18 anni, da distribuire ai ragazzi o alle famiglie per invitarli a conoscere e frequentare il teatro. Sarebbe un’opportunità per aiutare loro e noi; per provare a creare una nuova abitudine culturale.»

State comunque lavorando a qualcosa di nuovo? Se sì, qualche anticipazione.

«Come dicevo non ci siamo fermati. Il debutto di Oliver Twist al Teatro Ristori quasi sicuramente slitterà alla stagione prossima grazie al direttore Alberto Martini che ci ha da subito dimostrato grande affetto e disponibilità. Abbiamo, poi, portato avanti un progetto meraviglioso, nato questo inverno, in collaborazione con Teatro Pan di Lugano, con il quale continua una collaborazione molto proficua. Sarà una produzione cui tengo molto perché metteremo in scena un libro che amo follemente e che vedrà la collaborazione di alcuni professionisti di fama internazionale. Non posso anticiparvi quasi niente di questo progetto perché prima del lancio ufficiale sulla stampa e sui social abbiamo bisogno di coordinare un bel po’ di cose, non ultime le date di debutto, visti i tempi che corrono.

Proprio riguardo alla situazione attuale, alle preoccupazioni degli organizzatori e delle famiglie, per produzioni difficili da gestire in sicurezza, abbiamo pensato di arricchire il nostro catalogo tenendo conto di tutte le necessità. Lo abbiamo fatto, pensando a dei monologhi con una scena agile e adattabile in diversi contesti.

Ci saranno due produzioni distinte, gestite da me e da Roberto Maria Macchi, che copriranno due fasce d’età diverse. Com’è nostra abitudine saranno adattamenti di due romanzi classici ovviamente rivisti nello stile Bam!Bam! Molto probabilmente saranno la proposta che il pubblico potrà vedere in anteprima al Tocatì di quest’anno, sperando che la situazione consenta lo svolgimento del festival. Insieme con Teatro Pan invece stiamo collaborando alla creazione di un monologo recitato da Cinzia Morandi con una musicista in scena, che tratterà un tema molto forte e che dovrebbe debuttare a ottobre in un importante festival internazionale. Adesso capite perché non avevamo il tempo di pensare allo streaming?»

Una scena da “La guerra dei bottoni”

Pare che a metà giugno i teatri riapriranno: cosa ne pensi e cosa state preparando semmai?

L’apertura come dicevo sarà condizionata fortemente dalle misure di sicurezza che influiranno non poco nella realizzazione dei progetti. La gestione del pubblico e i costi per gestire la sicurezza, gli incassi ridotti e la possibile bassa affluenza, per paure ardue da far dimenticare, difficilmente produrranno profitti. Bisogna ricominciare in qualche modo, dare fiducia, darci fiducia, cercando di non perderci troppo. Quindi qualcosa si farà.

A Verona stiamo aspettando dall’assessora Francesca Briani e dal direttore dell’estate teatrale veronese Carlo Mangolini un segno, dopo il tavolo di lavoro avuto circa un mese fa con gli altri professionisti del territorio. Ci piacerebbe ovviamente essere presenti nell’estate dei veronesi stando vicini al nostro pubblico.» 

Cosa ti auguri per te e i tuoi colleghi?

«Che si riesca a tornare a lavorare senza sentirsi chiedere “si, ma qual’è il mestiere vero che fai?”, che si possa vivere il nostro lavoro in sicurezza e in regolarità, senza che nessuno viva o sopravviva di “nero”. Che si venga pagati il giusto e che si venga tutelati dalle istituzioni. Che il professionismo nello spettacolo venga considerato come un lavoro, uno studio una sperimentazione continua e non come un hobby da fare nel tempo libero. Soprattutto mi auguro che il pubblico non veda l’ora di partecipare con noi ad uno spettacolo.»

Un messaggio al vostro pubblico…

«Il messaggio più bello penso sia il fatto che non lo abbiamo mai dimenticato e tutti i progetti che abbiamo messo in moto penso lo dimostrino. Ci mancano i ragazzi sorridenti o con lo sguardo rapito, a bocca aperta, sprofondati nella storia insieme a noi, ci mancano i genitori con gli occhi lucidi o che ridono più dei loro figli. Bam!Bam! ha da poco compiuto sei anni e abbiamo fatto passi da gigante grazie all’affetto dimostratoci. Speriamo di essere all’altezza di quest’affetto e di migliorare sempre di più. Noi ce la mettiamo tutta, posso assicurarvelo!»

Le foto sono di Barbara Rigon.