Il 29 aprile cadeva la giornata internazionale della danza, una data che si riferisce alla nascita nel 1727 di Jean-Georges Noverre, considerato il creatore del balletto moderno, quest’anno occasione anche per ricordare Alicia Alonso, prima ballerina in senso assoluto, scomparsa nell’ottobre del 2019 a 99 anni.

Il lockdown imperversava non solo in Italia e alcune celebrazioni previste hanno trovato uno spazio solo sul web. E appunto in quel giorno a Verona nasceva un progetto collettivo, per il desiderio di due ballerine note sia in Italia che all’estero, Camilla Monga e Debora Scandolara, insieme alla project manager e art director Ginevra Gadioli, presidente dell’associazione culturale Diplomart e coordinatrice dell’area Nord per l’Associazione italiana giovani per l’Unesco.

Ci sono voluti 4 mesi di attesa per costruire la serata del 30 agosto (la prima data del 29 è stata annullata causa maltempo, ndr), DODA–Dobbiamo danzare, alle 20.30 all’Antica Dogana di fiume (grazie anche alla collaborazione di Luigi Spellini, presidente del Canoa Club di Verona).

(Questo il video realizzato per il 29 aprile, giornata internazionale della danza, dal progetto veronese DODA-Dobbiamo danzare)

Le ragioni di questo progetto sembrano intrecciarsi fittamente con il messaggio che ogni anno un protagonista della danza internazionale lancia al suo comparto artistico e al mondo. Le parole di Gregory Vuyani Maqoma, danzatore, direttore artistico, performer nativo di Soweto, Sud Africa, hanno puntualizzato sul valore di questa forma d’arte nella nostra contemporaneità: «È attraverso la danza che cerco di dare un senso al mondo. La danza non è politica, ma diventa politica perché porta nelle sue fibre la connessione umana e per questo risponde alle circostanze, nel suo tentativo di restituire dignità umana. Mentre danziamo con i nostri corpi, saltando nello spazio, mischiandoci, diventiamo una forza in movimento che intreccia i cuori, tocca le anime e guarisce, una forza che è disperatamente necessaria.»

Ecco che a guidare DODA sono allora alcune parole chiave: ribellione, espressione, trasgressione, unicum, disobbedienza, libertà. Il collage tra artisti e artiste è frutto di una spinta, quella che preme ad uscire dalle pareti per farsi sentire, urlare alla vita in un mondo che purtroppo non ascolta abbastanza chi danza. Un moto ribelle e consapevole che questo codice dell’anima e del corpo non si può fermare, così la scelta del luogo accoglie perfettamente il concetto di fondo.

L’antica dogana difatti nacque sul finire della Repubblica veneziana: monumentale nella sua impostazione architettonica, su un impianto che si rifaceva alla Roma antica, uno stile che per la Serenissima corrispondeva a una chiara discontinuità. Era una Verona che si accresceva in autonomia sulla Terraferma quella che la costruì, e che voleva esprimere un risentimento radicato e la volontà di liberarsi da un giogo. Oggi, da qui entrano in Adige canoe e gommoni per fare rafting, e sempre di più sta diventando un luogo amato dai veronesi per quella finestra sul fiume, che sa di viaggio e di libertà. 

Ci siamo noi che viviamo dove danziamo”, si legge nel manifesto degli organizzatori, che sperano questa sia la prima tappa di un processo culturale capace di attrarre i linguaggi e gli artisti veronesi, con lo scopo di avvicinare sempre di più gli spettatori, farli diventare parte della fruizione e dell’aspetto formativo dell’arte.

Così la serata di domenica 30 avrà un programma in tre parti, in cui danza, ricerca artistica visiva attraverso la luce, suoni, trasformeranno lo spazio della Dogana e metteranno in scena una forma espressiva coinvolgente non solo sul piano estetico, ma su quello dell’esperienza.

Complementari divergenti” è il primo spettacolo, con la danza di Lucrezia C. Gabrieli, la musica Francesco Ronzon (fisarmonica, hang-drum, flauto armonico), e il light design di Opificio della Luce. Tra colori complementari, la danzatrice cercherà di armonizzare le energie del movimento quasi galleggiando. L’armonia non sarà frutto dell’allineamento e della coordinazione, bensì nascerà da una ricerca di collaborazione tra opposti.

Seguirà FOK – Fill or kill, ideato da Debora Lyaa Scandolara, con la danza e interpretazione di Martina Braga su musica di Kevin Follet. La guida dell’esibizione è la ricerca dello stato di calma interna in contrasto con i sensi percepiti durante il movimento, alla ricerca di quelle linee strutturali che attraversano il corpo e che proseguono come fili invisibili nello spazio. Sempre in sospensione, spinta da decisioni rapide nella ricerca continua di bilanciarsi.

Chiuderà Monster I can’t kill, ideata, coreografata e interpretata da Caterina Danzico, sulla composizione musicale di Giacomo Ceschi. La performer guarda al suo corpo come ad un archivio, zeppo di memorie impresse a livello cellulare, di traumi ancestrali, istinti, fantasie, eroi e mostri del passato. Cercherà la sincerità del gesto nel qui ed ora, che però pare sfuggire sempre da noi, tra la nebulosità del passato e il mistero del futuro. 

I posti sono limitati a 90 e per partecipare è necessario procedere a un pre-tesseramento on line a Diplomart (www.diplomart.org), accedendo da questo link.

È inoltre necessario prenotarsi anche su Eventbrite. L’evento rispetta le regole di sicurezza Covid-19 e richiede l’uso della mascherina all’entrata e per tutta la durata dello spettacolo.