Una tranquilla cittadina del Maine è la cornice dell’ultimo romanzo di Elisabeth Strout che vede protagonista ancora Olive Kitteridge, conosciuta nel libro che valse all’autrice il Premio Pulitzer nel 2009. Costruito su più racconti, questo Olive, ancora lei (Einaudi marzo 2020) non potrebbe essere titolo più adeguato per una storia che ripropone la stessa protagonista con tutta la sua brusca franchezza, solo più vecchia e con più acciacchi.

Nonostante l’età avanzata, Olive è ancora attiva e decisa a prendersi la vita che le rimane, a dispetto di una nuova, sottile malinconia che si insinua tra i pensieri e i rapporti personali, a partire da quello, sempre conflittuale, con il figlio Christopher, destinato però a riservarle un’insperata sorpresa.

E quale sorpresa più grande di un nuovo amore? Sarà Jack Kennison a farle cambiare casa e a stravolgere la sua routine. Ma anche lui, già professore ad Harvard e custode di una falsa accusa di molestie ai danni di una collega carrierista, non è immune da rimorsi e tristezza. Molto realisticamente l’autrice scende nei particolari del loro ménage di anziani, turbato dal pensiero della morte e, talvolta, dai rimpianti per i legami precedenti.

Ci sono le passeggiate lungo il porto e le gite in macchina nelle cittadine vicine, distese sotto cieli tersi e una natura descritta nell’avvicendarsi delle stagioni con pochi tocchi emozionanti. Ci sono anche i piccoli battibecchi  allusivi e non mancano le effusioni amorose vissute tra imbarazzo e desiderio mai sopito.

Sembra quasi impossibile leggere questo romanzo senza ripescare i precedenti dell’autrice perché Strout fa evolvere, o semplicemente invecchiare, i personaggi riportandoli in altre storie. Tra gli altri, qui ritornano i fratelli Susan, Bob e Jim (I ragazzi Burgess, Fazi Editore, 2013) entrambi al secondo matrimonio e stretti in una situazione paradossale, con Bob che preferirebbe vivere a New York ma è intrappolato nel Maine per desiderio della moglie, e il fratello Jim, che adora il Maine ma a sua volta vive a New York per compiacere la moglie.

Si ricorre volentieri ai romanzi precedenti non solo per ricucire la trama, piuttosto per non perdersi le gemme disseminate da Strout nei dialoghi scarni e verosimili e, nondimeno, nelle asciutte descrizioni che a scuola potrebbero essere stigmatizzate come banali: «I tulipani morirono, gli alberi si colorarono di rosso, le foglie caddero, venne la neve», si legge infatti a pag.213 del suo Olive Kitteridge, edito in Italia nel 2009.

Non manca però nemmeno un delicato lirismo: «fu un autunno stupendo. Le foglie non si staccarono dagli alberi e presero colori vivissimi, come non se ne vedevano da anni [] E su tutto questo splendeva un bel sole, un giorno dopo l’altro. Pioveva soprattutto di notte, e la temperatura calava parecchio, ma le giornate non erano troppo fredde né troppo calde. Il mondo brillava e i gialli e i rossi, gli arancio e i rosa chiaro erano semplicemente meravigliosi per chi percorreva la strada verso la baia.» (Olive, ancora lei, pag.190).

L’autrice descrive i luoghi come lo farebbero i suoi personaggi, e Olive non è tipa da aggiungere parole a quelle strettamente necessarie, sincera fino al limite della gentilezza, talvolta scontrosa e irascibile. Facile definirla una vecchia bisbetica, eppure non è priva di sensibilità: infatti al suo sguardo non sfuggono i problemi e le necessità delle persone, a cui presta aiuto senza risparmiarsi. È stata un’insegnante di matematica e, tra gli abitanti della città, le capita non di rado di riconoscere alunni o alunne, o di essere riconosciuta da loro e sorprendersi per il percorso della loro vita.

Olive osserva i cambiamenti attorno a lei con empatia, anche se si scontrano con la sua identità o mettono in forse le sue premesse valoriali e le sue consolidate abitudini. C’è in lei una determinazione, un attaccamento alla vita, a quello che offre, che la fa amare e la rende indimenticabile.

Celebrata come una delle più grandi scrittrici americane, Elisabeth Strout viene sovente paragonata, per temi e stile a John Steinbeck e Anne Tyler e la sua popolarità è progressivamente cresciuta dopo aver conseguito il premio Pulitzer grazie proprio al personaggio di Olive. Nessuna sorpresa perciò se anche questo romanzo, in un certo senso il sequel, giunto dopo una decina d’anni, sia stato accolto favorevolmente dalla critica e dai lettori, ma è interessante osservare come l’autrice non si senta sopraffatta dal successo, come dichiara nelle interviste più recenti, e continui a vivere e scrivere tra New York e il Maine.

Olive, ancora lei, di Elizabeth Strout, Einaudi, 2020.