Il 20 maggio 1973 rievoca nei tifosi del Milan ricordi assai nefasti. La squadra rossonera, infatti, reduce dalla vittoria della Coppa delle Coppe ottenuta qualche giorno prima nella finale di Salonicco contro gli inglesi del Leeds, scese in campo al Bentegodi per l’ultimo turno di campionato contro un Verona già salvo e con uno scudetto quasi in tasca. Andò come tutti sappiamo, con la vittoria dell’Hellas per 5 a 3 e con lo scudetto, quello della stella, che finì sulle maglie della Juventus, vincitrice a Roma per 2 a 1 con una rete di Antonello Cuccureddu a pochi minuti dal termine.

Franco Bergamaschi, indimenticato ex gialloblu, in quella partita in campo con la maglia numero 7, apre oggi il suo libro dei ricordi.

Questa partita, ricordata come la “fatal Verona”, negli anni è diventata un libro, un’opera teatrale, una raccolta di memorie, ispirando anche diverse narrazioni dal vivo…

«Quella partita rappresenta per me un ricordo indimenticabile, come del resto per tutti i tifosi veronesi. Entrare in un Bentegodi quasi interamente rossonero fu un’emozione incredibile. Sono comunque orgoglioso di quel risultato perché abbiamo onorato il gioco del calcio, facendo la nostra partita fino in fondo».

La squadra di Nereo Rocco – il 20 maggio era anche il giorno del suo 61esimo compleanno – era reduce dalla finale di Coppa delle Coppe. La società rossonera fece domanda di rinvio ma venne respinta. In campo Rivera e compagni diedero l’impressione di essere un po’ “cotti”?

«Quella domenica c’era lo sciopero della Rai, tuttavia se qualcuno si rivede le immagini della partita non fu così. Anzi, nel primo quarto d’ora loro sono partiti forte, sfiorando subito il gol con una pericolosa conclusione di Rivera parata da Pizzaballa. Poi siamo andati sul 3 a 0 e la partita probabilmente è finita lì».

Ad un certo punto, però, vi siete fermati…

«Sul 5-1 effettivamente abbiamo mollato. Le altre loro reti, infatti, sono giunte solo nei minuti finali quando oramai non c’era più nulla da fare. Non so, tuttavia, se a parti invertite sarebbe successa la stessa cosa».

Quale fu lo stato d’animo dei giocatori rossoneri alla fine della partita?

«Erano sicuramente molto dispiaciuti. Non credo sia bello perdere uno scudetto all’ultima giornata. Comunque accettarono la sconfitta con molta dignità».

Ironia della sorte, poco tempo dopo, passasti proprio al Milan. «Vero, dopo qualche settimana fui ceduto al Milan. L’accoglienza comunque fu normale. Molti dei miei nuovi compagni erano in campo al Bentegodi, qualcuno sicuramente masticava amaro ma io prima giocavo nel Verona e come tale mi ero comportato. La trattativa, peraltro, iniziò e si concluse dopo il termine della stagione agonistica».

I giocatori del Milan a fine gara

Su quel match si sono scritte e dette un sacco di cose. Si parlò di premi a vincere o di un dispetto della Roma per non far vincere lo scudetto alla Lazio. E tanto altro…

«Per quanto ne so premi a vincere, specialmente da Saverio (Saverio Garonzi, il presidente di quell’epoca ndr) non ne ho visti. Io, inoltre, ero uno dei più giovani di quella squadra, avendo da poco compiuto ventidue anni. Come detto noi abbiamo semplicemente fatto la nostra partita. Mi è dispiaciuto per i rossoneri ma il gioco del calcio è anche questo».

Per te cosa significa il Verona?

«Il Verona per me è tutto. Sono cresciuto nel settore giovanile, ho esordito e giocato in A e poi, dopo le esperienze con Milan e Foggia, sono tornato. Ho collaborato nel settore giovanile come allenatore e ora lo seguo sempre, da tifoso, sia in casa che in trasferta».