Trattorie, bar, ristoranti, winebar e locali della movida si rimettono in moto. Non è una ripartenza facile. Anzi. Il mondo si è capovolto, in due mesi di emergenza Coronavirus. E le prospettive non sono, a mio parere, delle migliori.

Va però detto che a mettersi in gioco, adesso, sono gli imprenditori che hanno i mezzi e la passione per riaprire le attività. Alcuni pubblici esercizi non riapriranno. C’è chi ha deciso di attendere tempi migliori. C’è chi ha pensato che il 2020 è un anno da buttare. Tanto vale aspettare il 2021.

Invece, no. Questo è l’anno della ripartenza. Qui possiamo misurare l’inventiva degli imprenditori della ristorazione e del mondo dei bar.

Ci hanno bombardato, nel ventennio della “Milano da bere” in salsa televisiva, con il liberismo. Possiamo ora dire: “È il mercato, bellezza, che fa la differenza”. Purtroppo, nella ristorazione come in altri ambiti, anche in un contesto di libero mercato non sono i migliori a vincere. Chi perde, ma ha professionalità, può comunque rifarsi. Lo spazio per persone con cuore, passione per il cliente e mestiere c’è di sicuro.

Intanto, vediamo come saranno i nostri giorni con la “nuova ristorazione”, i “nuovi bar” e il modo diverso di vivere pranzi e cene, aperitivi e caffè fuori casa.

I punti focali dei locali pubblici nell’epoca del Covid-19:

distanziamento fisico

sicurezza dell’ambiente

attenzione al cliente

qualità del cibo e delle bevande

Sul sito del Ministero della Salute ci sono le prescrizioni – ancora in fase di rifinitura, peraltro – che Inail e Istituto Superiore di Sanità hanno emanato sul mondo della ristorazione e del turismo.

Un dato è sicuro: ristorazione (trattorie, osterie, pizzerie) e bar non hanno che una scelta, stare dalla parte del cliente. Questo è un un settore in cui, accanto a eccellenze a tre stelle e a cucine da fuoriclasse, vi erano locali improvvisati. Adesso, vivaddio, c’è spazio solo per la qualità.

E chi ha detto che il distanziamento fisico sia negativo?
Uno degli elementi, va ricordato, che infastidiva noi clienti dei locali era l’essere ammassati come sardine. «Tu, dietro a un tavolo da poeta francese», cantava Guccini in “Scirocco”, più di 30 anni anni. Ecco, il posto per tanti tavolini da mezzo metro quadro non c’è più. È un problema? Io credo proprio che per noi clienti sia una delizia. È distanziamento sociale non avere un vicino di tavolo molesto che ci scoccia con le sue chiamate al telefono cellulare? No. Non lo è.

Quanto alla sicurezza ambientale, l’idea che cuochi e camerieri indossino la mascherina e i guanti mi rende sereno. Diciamo la verità: siamo stati tutti in locali dove l’igiene non era in testa ai pensieri dei titolari. Ora, per fortuna, anche quel tempo è finito.

Sull’attenzione al cliente-persona (qui segnalo l’utilissimo manifesto dello Human Centered Marketing, la cui prima regola dice di smetterla di fare ciò che i clienti detestano) il mio esperto preferito della comunicazione digitale, Mark Schaefer, ha scritto libri e una serie di post sul suo blog. Vuoi vedere che, finalmente, ristoratori distratti e baristi con la testa fra le nuvole si interessano – apriti cielo! – a noi clienti? Alzi la mano chi non ha mai trovato un barista o un ristoratore a cui pareva di dare fastidio, anziché essere coccolato.

Infine, la qualità del cibo, del vino, della birra e anche dell’acqua minerale “vera” (per gli astemi). Già, perché è stata abitudine, anche fra nobilissimi ristoranti veronesi di livello, servire al cliente acqua di rubinetto, in bottiglia di marca e con euro 4 di conto sulla ricevuta fiscale.

È poi la volta buona che la filosofia del cibo “Km Zero” diventa prassi quotidiana. Non se ne poteva più di cibi standardizzati per noi comuni mortali, a fronte di ristoranti stellati, con food lunare, per i guru della finanza predatoria.

Ora tutti noi, i comuni mortali e gli amici carissimi della finanza predatoria (come non pensare alla serie Tv “Diavoli” su Sky Atlantic?) siamo accomunati da un unico destino, che oserei definire felice: cibo semplice, di qualità, di vicinato, come il turismo prossimo venturo.

Siamo diventati tutti noi – clienti normali – soggetti attesissimi da ristoranti e bar. C’è quasi da montarsi la testa. Te la sei immaginata la scena mentre, accolto da un ristoratore in divisa da Covid-19 firmata, entri come un principe al ristorante?

Io sì. Me la sono immaginata. E mi sono chiesto: «Quanto durerà tanta considerazione per noi clienti?». Saremo rassicurati, coccolati e sanificati dai ristoratori e baristi.

Da parte nostra, risponderemo con un sano amor di Patria: viva i locali italiani! Potere del Covid-19. O, forse, potere di un tempo sospeso che ha reso qualcuno consapevole di come “essere umani”, anche nella ristorazione e dietro al bancone del bar, convenga.

Più che essere bastardi dentro.