Primo maggio mesto, preoccupato, senza bandiere in piazza. Il colore di questa giornata tradizionalmente festiva si accende grazie alla retroilluminazione di tutti quegli strumenti che oggi, a oltre due mesi dall’inizio del lockdown, ci tengono in comunicazione. Persino per condurre e portare a termine delle vertenze sindacali tutt’altro che facili: lo spazio virtuale è abitato dal lavoro, anche da quello che rischia di non esserci più nei prossimi mesi. In Succede alle 31 quest’oggi si è parlato di questo, insieme a Lucia Perina, segretario generale di Uil Verona, e Nadia Pace, portavoce per Verona di Acta – associazione dei freelance. Due voci da contesti differenti ma profondamente legati, sebbene non siano sullo stesso piano in tema di tutele.

«Celebriamolo questo primo maggio, anche se senza festeggiamenti, e dedichiamolo a chi ha continuato a lavorare in modo insicuro in questo periodo di confinamento sociale – ha affermato Perina -. A breve ricominceranno anche gli altri lavoratori sebbene non siano in perfetta sicurezza, per cui auguro un in bocca a lupo anche alle organizzazioni sindacali perché siano presenti, in modalità diverse, ma sempre vicine ai lavoratori.»

Il segretario generale ha quindi evidenziato che se a Verona il manifatturiero e l’industria non si sono del tutto fermati, sono soprattutto il terziario, il turismo, la ristorazione a soffrire, e il mondo di piccolissime e piccole imprese che generano l’80 per cento del pil della città.

Sul fronte dei freelance, Nadia Pace ha chiarito che «se hanno più dimestichezza con il digitale e il lavoro in mobilità, tutto si ferma lì, perché in realtà fanno molto lavoro in presenza, come le guide turistiche, o i formatori, quindi la situazione ha bloccato quasi tutti. Acta ha sviluppato due sondaggi, su base volontaria e quindi senza valenza statistica, uno a fine febbraio e un altro a metà marzo: fin da subito è emersa la difficoltà lavorativa. Addirittura a marzo la maggior parte dei freelance afferma di non aver lavorato per nulla nella settimana precedente al sondaggio.»

La conversione in legge, la 27/2020, dei decreti emanati per l’emergenza, avvenuta il 30 aprile, contiene un passaggio motivato da questioni di semplificazione, ma che di fatto cancellerebbe quasi tutte le procedure sindacali di confronto. «Noi dobbiamo essere dentro alle aziende, anche ricevere critiche aspre ma dobbiamo poter discutere con le imprese – ha stigmatizzato Perina -. Non si può non vedere che qui c’è un attacco al sindacato da parte dei legislatori. E se dall’altra parte del tavolo delle trattative pensano che si vogliano tenere chiuse le aziende ci si sbaglia. Il sindacato è dalla parte del lavoro e non delle chiusure. Serve invece agire insieme per costruire le condizioni migliori per i lavoratori: si devono attivare nuovi comportamenti da parte delle imprese, ma anche dei lavoratori. Ci saranno ricadute pesanti di occupazione e disparità sociali, e mancano le strategie su come sarà il nuovo modo di lavorare.»

Difficoltà molto pesanti anche per il mondo delle libere professioni, dovute soprattutto alle scadenze fiscali. «Molti di noi hanno scadenze con anticipi delle tasse spesso corposi e calcolati sul fatturato dell’anno precedente – ha ripreso Pace -. Tutti noi ci organizziamo in quest’ottica nella normalità, mentre ora stiamo utilizzando gli accantonamenti per vivere. E molti non saranno in grado di pagare le imposte.»

Il primo maggio in un Paese in cui l’occupazione femminile è ancora troppo bassa, il rischio di tornare indietro è molto forte. «Le donne saranno quelle che subiranno un’ennesima sconfitta – ha sottolineato Perina -. I congedi parentali valgono 388 euro per uno stipendio lordo di 1400 ed è evidente che se uno dei due genitori deve stare a casa lo farà la donna, perché ancora nel 2020 è lei che deve lavorare 3 giorni, per raggiungere il compenso che un uomo riceve in un giorno.» «Il lavoro di cura ricade ancora sulle donne – ha aggiunto Pace -, e pure nel mondo del lavoro autonomo sono loro che faticano a farsi riconoscere il compenso e condizioni contrattuali pari al mondo maschile e ciò influenza sulla continuità lavorativa.»

Il 20 maggio di quest’anno sarà il cinquantesimo anniversario dello Statuto dei lavoratori: è un documento ancora attuale o è il momento di rinnovarlo? «Si deve ripensare tutto il sistema delle tutele, visto che c’è un’ampia fascia di lavoratori non considerati nemmeno come tali – ha concluso la portavoce di Acta Verona -. Penso a chi non ha ottenuto nemmeno il bonus di 600 euro come chi lavora in ambito culturale, o in regime di diritto d’autore, chi fa stage in modo continuativo, chi ha contrati da co.co.co.»

«Lo Statuto è una conquista da tenere ben stretta, ha valore di legge – ha chiarito il segretario Perina -. Certo dobbiamo pensare di modificarlo e renderlo più flessibile, vicino ai mutamenti del mondo lavoro allargandolo a tipologie oggi non ancora contemplate. Ma ricordiamoci che nel nostro sistema territoriale ci sono centinaia di aziende che non hanno una base organizzata di rappresentanza. La preoccupazione di perdere il posto, di subire le intimidazioni c’era anche tre mesi fa. Non dimentichiamo che Verona è una città in cui prima del Covid-19 si sono avuti più morti sul lavoro rispetto a tutto il Veneto.»