Ricordate quando le mascherine erano praticamente introvabili e scarseggiavano anche nei luoghi istituzionali? Tempi in cui capitava che il personale ospedaliero, per esempio, ne avesse una a settimana ciascuno? Ecco in quegli stessi giorni c’è chi si è tirato su le maniche e, mosso dal semplice spirito solidale di puro volontariato, armato di macchine da cucire, si è messo letteralmente a “farle”. Questa bellissima iniziativa è nata proprio qui, a Verona.

È infatti dal 19 marzo che le sarte volontarie del Laboratorio “Intreccio” di Fevoss Verona Santa Toscana cuciono senza sosta mascherine colorate in cotone sanificato, a doppio strato, “usa e lava” (quindi riutilizzabili), pensando a quei luoghi che maggiormente ne hanno bisogno. Con gli occhi che sorridono nello stanzone colorato di Fevoss, ognuna alla sua postazione e canticchiando sulle note della radio, le sarte (e il sarto!) hanno prodotto migliaia di mascherine, già distribuite in questo primo mese in molteplici realtà veronesi come il Tribunale, il carcere, l’Anticrimine, la Casa della giovane, la Ronda della Carità, l’oncologia di Borgo Trento, Abeo e la pediatria di Legnago tra gli altri. Ma non solo.

Questa “contagiosa” iniziativa solidale, coinvolgendo Istituzioni, Garanti e Associazioni locali, ha travalicato le mura cittadine arrivando fino alle carceri del Sud Italia. Come? Grazie alla collaborazione con l’Associazione Semi di Libertà Onlus che ha portato le mascherine veronesi fino a Rebibbia Femminile di Roma, Poggioreale e Secondigliano (Napoli) ma anche a Oristano in Sardegna. Le carceri sono infatti uno dei luoghi di contagio più problematici: le distanze di sicurezza e il distanziamento sociale sono, come potete immaginare, di fatto quasi impossibili da rispettare e, oltre che per i detenuti, il rischio è alto anche per gli operatori, che entrano ed escono ogni giorno.

Eloquenti sono gli ultimi dati sul carcere di Montorio, dove si sono registrati una quarantina di casi positivi ai tamponi (24 detenuti, 17 poliziotti penitenziari). Il pensiero di Fevoss nel fare queste mascherine è andato anche ai nove bimbi di Rebibbia, figli di detenute, e quindi costretti a domiciliare nelle carceri: dalle mani delle sarte veronesi sono uscite delle mini mascherine colorate, taglia baby. Le detenute stesse, per ringraziare dell’iniziativa, organizzando una raccolta fondi destinata al progetto, hanno raccolto piccoli contributi economici donati anche da chi non ha nulla ma che ha voluto fare la propria parte con un gesto simbolico.

Il progetto di Fevoss, appoggiato anche dal Sindaco di Verona Federico Sboarina, che l’ha citato, tra l’altro, in apertura di conferenza stampa la scorsa settimana, è stato descritto nel dettaglio domenica pomeriggio in una diretta Facebook organizzata da Renzo Zanoni, presidente Fevoss e Paolo Strano, presidente di Semi di Libertà Onlus.

Tra gli ospiti, appunto, il sindaco, che si è detto orgoglioso dell’operato di Fevoss, sottolineando come sia una realtà che non ha niente da dimostrare, avendo dato prova di impegno e solidarietà negli anni nella nostra città. Ringraziandola anche da parte di tutti i veronesi, Sboarina si augura che questo senso di comunità e di rete, creatosi in questo momento di emergenza, non venga abbandonato ma coltivato, e possa rimanere forte anche dopo, nell’ottica della futura ricostruzione economica e sociale.

All’incontro è intervenuta anche Margherita Forestan, Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Verona, che ha descritto la situazione carceraria Veronese. «Sono stati fatti 60 tamponi che hanno riguardato per ora solo una parte del carcere e i 24 detenuti risultati positivi sono fortunatamente asintomatici e isolati in una sezione apposita, dove vengono seguiti e curati regolarmente dal personale medico – ha spiegato –. La situazione è tutto sommato ragionevolmente sotto controllo, anche grazie alla magistratura di sorveglianza che ha provveduto a riconoscere il differimento della pena per tutte le persone in situazioni particolarmente fragili e quindi maggiormente soggette a rischio Covid.»

La Forestan ha poi voluto sottolineare come a Verona non ci siano stati atti di protesta come in altre città, forse anche per il buon lavoro di relazione fatto negli anni tra carcere e famigliari dei detenuti, che al momento dell’interruzione dei colloqui sono stati disponibili fin da subito a gestirli al telefono e via Skype. La diretta, oltre che per descrivere la bella iniziativa di Fevoss, è stata occasione d’incontro, anche se virtuale, tra i vari Garanti dei diritti dei detenuti delle regioni e dei comuni coinvolti nel progetto che in alcuni casi non si conoscevano di persona. Erano presenti infatti Gabriella Stramaccioni, Garante dei diritti dei detenuti di Roma, Monica Buonanno, Assessore Politiche Sociali di Napoli, Samuele Ciambriello, Garante dei diritti dei detenuti della Regione Campania e Pietro Ioia, Garante dei diritti dei detenuti di Napoli.

È stata un’interessante opportunità di scambio e condivisione delle situazioni delle diverse realtà carcerarie: si è spaziato dalle iniziative in atto o per ora rimandate (come quella dell’addestramento dei cani per le persone diabetiche di Progetto Serena Onlus) alle difficoltà da affrontare in questa situazione, come l’interruzione della scuola e delle attività lavorative e ludiche, i bimbi in carcere o la lotta al volontariato organizzato dalla criminalità, solo per citarne alcune. Per tutti però una certezza condivisa: le mascherine di Fevoss con i loro colori sgargianti e l’entusiasmo dei volontari hanno portato un’ondata di vivacità e positività nelle carceri dove sono giunte e continuano ad arrivare. Un intreccio di solidarietà contagioso. Per sostenere il progetto, si può contattare Fevoss a verona@fevoss.org o si può aderire alla raccolta fondi a questo link .